La concertazione è una strategia impiegata principalmente in materia di politica industriale. Si tratta sostanzialmente di un meccanismo volto ad allargare il processo decisionale, attraverso la partecipazione di tutte le parti sociali coinvolte. Generalmente si parla di concertazione quando una scelta politica è presa sulla base di un accordo tra governo, rappresentanza degli industriali e sindacati dei lavoratori. L’obiettivo della concertazione è di garantire il maggior grado di consenso possibile rispetto a misure che, qualora adottate in modo unilaterale da una delle parti, potrebbero generare conflitti in grado di annullare gli effetti positivi. Un processo simile viene adottato dal governo per la festione dei rapporti con Regioni ed Enti Locali, per cui le riforme strutturali sono “concertate” attraverso organi di rappresentanza create ad hoc, quali la Conferenza Stato-Regioni o l’ANCI, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. La criticità principale del metodo concertativo deriva dalla diversità d’interessi che caratterizza le parti in gioco, spesso difficili da superare senza un intervento imperativo. L’accusa che generalmente viene mossa dagli economisti “liberisti” riguarda le limitazioni al mercato che la concertazione implica in una certa misura: per definizione le imprese private dovrebbero essere guidate da logiche di profitto, avendo dunque mano libera nelle scelte allocative, guidate da criteri di efficienza economica e produttiva. Al contrario, i fautori della concertazione sostengono che i costi derivanti da un mancato accordo tra le parti, come gli scioperi o la perdita di potere d’acquisto di alcune categorie, superino i benefici delle scelte prese in un’ottica puramente aziendale. Storicamente l’esempio principale di concertazione in Italia, promosso da Ciampi prima e da Prodi poi, riguarda l’accordo interconfederale del 1993, quando l’abolizione della cosiddetta “scala mobile” e l’adozione di una diversa politica salariale contribuirono in modo decisivo al contenimento dell’inflazione e dei tassi d’interesse. Tali successi, determinanti ai fini del rispetto del trattato di Maastricht per l’ingresso nell’area Euro, fecero pensare ad un modello di contrattazione perseguibile anche nei successivi periodi. Negli anni 2000 il sistema è però entrato in crisi, a causa della spaccatura tra la CGIL ed il governo Berlusconi, ritenuto troppo “sbilanciato” nella difesa degli interessi di Confindustria. Requisito essenziale della concertazione sembra dunque essere la neutralità del potere esecutivo/legislativo, che in tale ottica svolge solamente una funzione d’indirizzo e scelta degli obiettivi strategici, stimolando al contempo la cooperazione tra le parti sociali.(luigi borrelli)

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