Le commissioni ministeriali studiano, analizzano, producono relazioni e articolati, disegni di legge; c’è un dispendio non indifferente di energie (e di soldi) che molto spesso non porta risultati concreti.
Non bisogna ragionare in termini di risultati concreti perché ogni Guardasigilli ha il diritto/dovere di interpellare tecnici e di disporre commissioni di studio, che sono, lo dice il termine stesso, di studio, appunto, incaricate di analizzare e approfondire un determinato argomento senza necessariamente arrivare a proporre disegni di legge.
Nella stragrande maggioranza dei casi però, i gruppi di studio hanno prodotto relazioni e articolati, disegni di legge pronti per essere portati in Parlamento.
Nel corso degli ultimi dieci anni ci sono state commissioni per tutto: codice e procedura penale, codice e procedura civile, mediazione, processo del lavoro, per il rinnovamento del servizio sanitario penitenziario, per il sostegno delle vittime di reati, per la riforma della magistratura onoraria, per il contrasto alla criminalità organizzata, per il diritto societario.
Per allineare il nostro sistema a quello degli altri paesi europei e non solo come la commissione per l’attuazione dello Statuto della Corte penale internazionale, per il mandato d’arresto europeo, ma addirittura gruppi di studio per aggiustare il tiro delle riforme fatte (male).
Come quella nata per la razionalizzazione e semplificazione delle procedure processuali e amministrative relative alle sanzioni pecuniarie da reato applicate secondo il decreto legislativo 231/2001 (responsabilità di impresa).
Volendo partire con le commissioni di riforma del Codice e della procedura penale, senza scomodare quella presieduta da Carlo Federico Grosso che ha iniziato a lavorare nel 1999 partiamo da quella presieduta da Carlo Nordio, istituita nel 2001 per la revisione del Codice penale che ha presentato relazione e articolato.
Dopo è arrivata quella coordinata da Andrea Antonio Dalia (procedura, Ddl e relazione), quindi quella di Giuliano Pisapia (Codice, anno 2006, relazione e articolato), quindi quella di Giuseppe Riccio (procedura 2006, relazione e articolato) fino ad arrivare agli ultimi due anni, quando si è registrato un vero e proprio exploit di gruppi di studio.
Governo Monti.
A dicembre del 2012 è stata istituita la commissione presieduta dal prof Fiorella per la revisione del sistema penale e norme di depenalizzazione che presentava ad aprile del 2013 la sua relazione e la sua proposta di articolato;
Lo stesso Fiorella, pochi giorni prima (29 novembre 2012) era stato chiamato a coordinare il gruppo di studio per la revisione complessiva delle norme sulla prescrizione.
Tra il 10 giugno e il 2 luglio 2013 (governo Letta) arrivano altre commissioni:
Una presieduta da Giovanni Canzio in tema di processo penale, una sulle misure alternative presieduta da Glauco Giostra, una sul sistema sanzionatorio penale coordinata da Francesco Carlo Palazzo e una sulla criminalità organizzata con a capo Giovanni Fiandaca.
Attività normativa del ministero
Scorrendo l’attività normativa del ministero, (http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_2.wp?viewcat=csan_tipologia1) si può verificare che negli ultimi dieci anni nessuna riforma in materia penale presentata dal governo è stata approvata dal Parlamento. Non solo.
Risultano essere molto poche anche le riforme in materia “arrivate” in Parlamento su iniziativa governativa.
Il Governo Monti il 16 dicembre 2011 presentò un disegno di legge delega in materia di depenalizzazione, poi stralciato durante i lavori parlamentari.
Si trovano invece decreti come le disposizioni urgenti sulla competenza penale per reati di grave allarme sociale, ma si parla di decretazione d’urgenza e di nuovo di interventi estemporanei (legge 52/2010).
La prima riforma organica è la legge 13 agosto 2010, n. 136, ossia il Piano straordinario contro le mafie, mentre è di pochi mesi dopo (novembre 2010) la legge sull’esecuzione delle pene detentive non superiori ad un anno presso il domicilio. Nessun pacchetto di riforme presentate, nessuna riforma organica.
Per quanto riguarda poi i decreti legislativi, tante le leggi presentate e molte approvate, riguardanti il recepimento di direttive europee: dalla disciplina sanzionatoria per la commercializzazione di carni di pollame, alla tutela penale dell’ambiente, alle sanzioni per violazione del regolamento di identificazione degli equidi, quelle sul divieto di esportazione del mercurio metallico etc.
Tanti interventi disseminati a macchia di leopardo sui nostri codici.
Depenalizzazione
E’ da un decennio, ad esempio, che si parla di depenalizzazione.
In principio fu la commissione Nordio e riorganizzare tutta la materia.
Un componente di quella commissione ricorda i lavori: “mentre noi discutevamo di riforme in Parlamento si presentavano norme in contrasto”.
Una fra tutte la ex Cirielli (ex perché l’on. Edmondo Cirielli, presentatore della proposta, dopo la votazione di alcune modifiche la sconfessò) in materia di recidiva e prescrizione. “Le commissioni ministeriali servono – continua il componente della Nordio – ma servono anche i numeri in Parlamento. Di tutto il lavoro che abbiamo fatto non è arrivato niente, nel corso degli anni sono state fatte modifiche al Codice sporadiche e frammentarie”. Il resto è rimasto in qualche cassetto di via Arenula.
Neanche i delitti contro l’ambiente, che pure il lavoro della Nordio conteneva, sono andati in porto: il Ddl recante delega al governo per il riordino della disciplina dei reati ambientali si legge nella scheda sul sito del ministero, è stata approvata dal Consiglio dei ministri del 24 aprile 2007 ma non è mai arrivato al traguardo.
Il provvedimento che introduce il delitto di disastro ambientale è stato approvato dalla commissione Giustizia della Camera ed arriva adesso in Aula. E’ solo il primo passo, riuscirà ad essere approvato definitivamente prima della fine della legislatura?
Sull’onda delle emozioni.
In questo sistema schizofrenico, o quantomeno scollegato tra esecutivo e legislativo, da un lato possiamo trovare una commissione ministeriale che lavora per la depenalizzazione sulla base del principio che non si debba andare necessariamente sempre andare in galera anche per detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale o per reati cosiddetti minori, dall’altro si presentano norme per introdurre nuovi reati.
Volendo allora parlare di legislazione “emotiva”, il Guardasigilli Clemente Mastella (2007) provò a presentare il disegno di legge in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena ma il provvedimento non arrivò neanche alla discussione in commissione. Causa anche della breve durata del governo Prodi.
Ad ogni incidente stradale, ad esempio, si parla di introdurre il reato di omicidio stradale, mentre dall’altro si cerca di portare avanti un provvedimento che svuoti le nostre carceri. Non c’è solo un andamento schizofrenico tra ministeri e Parlamento a anche tra Parlamento e parlamentari.
Dicono che sia normale, sembra che la democrazia debba funzionare così…
I lavori saccheggiati
L’ultimo lavoro, in ordine di tempo, ad essere stato “dilaniato” per esigenze politiche è stato quello della commissione Canzio. Il presidente delle Camere penali italiane, Valerio Spigarelli, componente della stessa commissione spiega come il gruppo di lavoro abbia formulato un pacchetto organico di proposte, alcune delle quali ora trasferite sul ddl in materia di custodia cautelare. “Si tratta però – ha dichiarato Spigarelli – di “piccole asistematiche cose, norme sporadiche, prese qua e là,mentre la commissione in tema di libertà personale aveva scritto molto”.
Molte le parti del lavoro che non avevano raccolto il consenso di tutti: “noi avvocati ad esempio – ha continuato Spigarelli – eravamo d’accordo sulle proposte che riguardavano la tenuità del fatto, il controllo dell’iscrizione sul registro degli indagati; adesso invece apprendiamo attraverso la stampa che ci sarebbe un testo parallelo, una proposta proveniente dagli uffici legislativi di via Arenula che il ministro Cancellieri sarebbe sul punto di presentare, scritta raccogliendo qua e là sotto forme di un disegno di legge contenente delega. Ma ripeto sono informazioni arrivate dagli organi di stampa e se così fosse vedrebbe la nostra più totale contrarietà.”.
Sempre sulla base delle indiscrezioni, Spigarelli contesta alcuni passaggi di questo progetto soprattutto perché neanche trattati in commissione: “li avevamo scartati a priori perché considerati inaccettabili da tutti, professori universitari e avvocati, come l’abrogazione di un principio fondamentale della reformatio in peius con l’appello che si ritorcerebbe contro l’appellante. Così come ci opporremo alla proposta di limitare il ricorso per Cassazione togliendo la illogicità della motivazione. Se così fosse sarebbe come dire: se c’è stato un errore in primo grado e un errore in secondo grado la somma degli errori fa zero!”
Il mandato d’arresto europeo
L’argomento merita un paragrafo a parte. Quando il 13 giugno del 2002 il Consiglio europeo emise la decisione quadro 2002/584/GAI invitò tutti gli Stati membri a recepire il principio dell’arresto europeo, ossia della consegna da parte di uno Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale. L’Italia recepì la decisione quadro con la legge 69/2005, dopo tre anni di discussioni e polemiche. L’argomento presentava tutta una serie di complicazioni dovute essenzialmente alla differente impostazione giuridica dei vari paesi europei.
L’allora Guardasigilli Roberto Castelli istituì una commissione presieduta da Giuseppe Viola ma il ministro non ritenne opportuno presentare alcun disegno di legge in materia. In parlamento infatti si discusse sul Ddl presentato dai Ds (Giovanni Kessler ed altri). Castelli, infatti, espresse apertamente la sua netta opposizione al mandato d’arresto europeo dal momento che tra i reati proposti vi era anche quello contro il razzismo e la xenofobia. Temendo allora una deportazione di massa di leghisti il Guardasigilli lasciò libero il Parlamento di approvare una legge che negli anni successivi venne censurata dalla commissione europea perché non in linea con la decisione quadro.
Occorre sottolineare che nessuna commissione è obbligata a presentare disegni di legge e, nel caso che comunque li presenti, nessun Guardasigilli è poi obbligato a farli propri e presentarli in Parlamento.
Che si tratti di volontà politica è indiscusso, che le riforme attengano sempre alla valutazione politica è innegabile, solo ci si chiede: perché far lavorare professionisti a vuoto per mesi?
Un tempo magari si poteva parlare anche di cospicui risarcimenti, oggi non più, si rimborsa al massimo il treno e comunque si lavora prevalentemente via internet. Ma comunque si tratta di tempo ed energie, bisogna dirlo, buttate al vento.
La prossima settimana si parlerà di materia civile e societario e allora vale la pena fare un esempio su tutti: la legge di riforma del diritto societario fu presentata in uno dei primi Consigli dei ministri del II governo Berlusconi (2001-2005) più precisamente il 28 giugno 2001, la legge fu approvata il 3 ottobre 2001. Volere è potere.
1 – continua
Sull’argomento:
Commissioni Fiorella
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_2&contentId=SPS914197
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_2&contentId=SPS914451
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_2&contentId=SPS914317
Commissione Riccio
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_1&contentId=SPS95146
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_1&contentId=SPS95146
Commissione Pisapia
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_1&contentId=SPS47445
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_2_7_6_1&contentId=SPS47483