Prodotto per Italia Uno da Ambra Multimedia di Marco Bassetti controllata dalla multinazionale francese Banijay per Italia Uno, il programma di Belen “Come [mi] vorrei”, sta facendo molto parlare di sé, non per gli ascolti che sono modestissimi, ma per l’assurdità del format di makeover copiato – male – da “Plain Jane” (prodotto dal network americano The CW in onda su Mtv).
Il titolo di quello americano la dice già lunga. “Jane la banale” sarebbe “la ovvia”. Una tizia senza nulla di speciale che cambia grazie ai consigli di Louise Roe, la fashion manager del programma. La versione nostrana “Come [mi] vorrei”, realizzata con budget visibilmente più modesti e modifiche restrittive (ad esempio non ci sono gay), prevede che la show girl argentina insegni a delle ragazze ventenni (che vivono con famiglie ingombranti) a cambiare modo di essere per somigliare a lei, vestirsi come lei, comportarsi come lei, per piacere alla mamma, al fidanzato, a qualcuno. Tanto che è lo stesso staff Belen quello che fa il programma, come dichiarato in un’intervista a Il Giornale:
“Noi suggeriamo dei cambiamenti attraverso un lavoro di tutorial. Regaliamo un nuovo guardaroba, ma lavoriamo anche sull’aspetto interiore, il più impegnativo. Ci sono dei professionisti, un mentalista, un esperto del portamento, che aiutano a far emergere il vero carattere, a sfogare la rabbia. Anch’io ho bisogno di certi consigli, tanto che lo staff del programma è il mio staff».
Per chi non sapesse chi sia il “mentalista”: è un ruolo di questi recentissimi, variamente declinato come guru della comunicazione, ma anche della psiche, un po’ illusionista e un po’ cartomante e divinatore. In altri termini: cazzaro.
Un punto di partenza di qualsiasi psicoterapia per donne che arrivano con l’autostima sotto i piedi (e che porta con sé l’ accettazione di compagni violenti, di situazioni infelici, di blocchi professionali, di incapacità relazionali per esempio) è proprio smontare lo sguardo degli altri su di sé e i condizionamenti che se ne ricevono, per ritrovare e amare se stesse. In questo senso allora si tratta di un utilissimo format medico che potrebbe essere portato per convegni di psicoterapia o come esempi tra medici e pazienti per capirsi. E’ un compendio di ciò che le donne non dovrebbero mai fare e quello che non dovrebbero mai desiderare di essere: vittime di un condizionamento. La storia di Laila – una delle malcapitate – è esemplare: da ragazza acqua e sapone con felpa comoda, si è lasciata andare a un cambiamento di vestiti trucco e atteggiamento, per piacere alla mamma, e quindi piacere poi a un fidanzato eventuale.
Essere come mamma mi vuole. Cosa c’è di peggio e più pericoloso per una giovane donna?
Non si sa a che titolo Belen e ancora meno i suoi autori insegnino a delle ragazze a “vincere insicurezze, paure e imparare ad avere approcci col mondo esterno”. Soprattutto la vita di Belen non può (perché dovrebbe poi..) essere imitabile a nessun livello. Non sembra inoltre una esperta di look, prediligendone uno particolarmente coatto che indossa con la disinvoltura che le consentono belle forme assai curate, e visto che la missione della sua vita è appunto curare il corpo, compresi visibili aiuti chirurgici in giovane età. Soprattutto, e questo è il messaggio più evidente, l’apprezzata bellezza dal marketing mediatico non ha niente a che vedere con la sua personale felicità coniugale o di accoppiamento. Anzi è la prova del contrario: tutta quella fatica in palestra per rimanere anni con uno del livello intellettuale di Fabrizio Corona, e poi cambiare con Stefano De Martino che, salvo sorprese, non sembra capovolgere la situazione.
Il risultato finale per le poverette nelle grinfie di Belen e del frullatore Mediaset non è assolutamente migliore: prima passano attraverso uno svilente percorso di cambiamenti, e di ingiunzioni – “cambia qua, fai così, metti su, leva questo, butta quello, fai ridere, è orrendo, che è ‘sta roba etc” – e a parte trucco e pettinatura professionali, che migliorano chiunque, le ragazze alla fine sono meno spontanee, con abiti improbabili e inadatti, tacchi sui quali non sanno camminare, e molto più goffe. Insomma sono finalmente un fragile prodotto per il mercato. Appunto ora sono come vogliono, ma loro. E per questa capitolazione definitiva di se stesse nelle mani di qualcuno le poverette si piacciono un sacco allo specchio, fino alla commozione. Così decidono di partire, tacchi in resta, e sguardo bistrato, alla conquista di lui che prima non era così convinto, e ora dirà: caspita che hai fatto ! (si vede che recitano da un chilometro di distanza).
Una petizione indignatissima e con gran seguito circola in questi giorni sui social, attraverso la piattaforma Change.org. Le osservazioni sono tutte sensate, ma soprattutto tengono conto di un dibattito presente in Italia da almeno 5 anni che riguarda le donne, la loro rappresentazione, la fragilizzazione della personalità, e il maschilismo con le conseguenze note. Insomma quando si dice “è anche una questione culturale” e anche “i media dovrebbero essere più responsabili”, ecco non sono parole generiche, ci sono programmi come quello.
In verità se il programma finisse con una tipa che si sente più a suo agio, a prescindere da qualsiasi ingiunzione, ma solo esprimendo se stessa, con l’aiuto di qualche look manager, potrebbe essere un divertente spettacolo di intrattenimento in cui si gioca con prodotti di mercato e con la propria identità, mostrando magari che ci si può migliorare, purché ci si trovi nei panni giusti per sé.
Invece il cuore della questione è davvero il perché fanno questo: a parte la puntata della mamma da fare felice, in genere lo sforzo di cambiarsi è per acciuffare un qualche poveretto che sfugge, o che non ci sta, o che non ci pensa. “I maschi scappano” dice Belen con fare da stalker.
E per fortuna lo fanno. Chi infatti dovrebbe indignarsi di questa trasmissione sono proprio gli uomini, rappresentati come povere vittime di un’equipe di venditori di cianfrusaglie che tramano alle loro spalle, perché finalmente possano cadere nel trappolone che le tendono delle pazze, capitanate da una più pazza di loro.