Il futuro delle aziende e delle scuole? Si chiama cloud computing: si tratta dell’insieme di tecnologie che danno la possibilità di archiviare video, musica, documenti, programmi e qualsiasi altro tipo di file su Internet e non su un pc. In pratica, grazie al cloud computing si creano dei magazzini digitali, esistenti su una immaginaria nuvola (cloud, appunto), cui si può attingere in qualsiasi momento da qualsiasi computer.
Tradotto in concreto: tutte quelle risorse (fogli di lavoro, elenchi, fotografie, ma anche filmati e brani musicali) che normalmente sono memorizzate sul computer, tramite il cloud computing vengono installate sul web, così che possano essere utilizzate in qualsiasi momento: non ci sarà più il rischio di perdere documenti importanti per colpa di pc rotti, e gli utenti potranno accedere ai propri file in qualsiasi posto si trovino, senza essere costretti a portare con sé portatili, chiavette o hard disk.
I risparmi, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista dell’impegno fisico, sono notevoli, anche se il rischio di incidenti ai server o blackout improvvisi è sempre in agguato: ma si tratta di un rischio calcolato, e che vale comunque la pena di correre considerando i vantaggi che il cloud computing assicura.
Vantaggi che sono enormi sia per le aziende, ma anche per le persone comuni e per gli enti pubblici: si va dalla possibilità di gestire pratiche condivise in comune, all’opportunità di evitare il pagamento di licenze per i software; dalla totale indipendenza dalle periferiche, all’abbassamento del cosiddetto Total Cost of Ownership, relativo alle spese per l’acquisto e l’installazione di software o dispositivi hardware.
Naturalmente, tra i colossi della tecnologia la sfida è aperta già da tempo, con Apple che, grazie ad iCloud, intende puntare soprattutto sul mercato dei consumatori privati: disponibile da poco più di un anno, il servizio proposto da Cupertino consente di archiviare e aggiornare contenuti e documenti con qualunque supporto, compresi iPad e iPhone. Ma le altre aziende non sono rimaste a guardare: né Ibm, né Microsoft, né Google né soprattutto Amazon, che ha offerto ai propri clienti Aws, una sorta di nuvola ibrida dedicata e pubbliche amministrazioni e imprese.
E in Italia? Per ora la parte del leone spetta a Telecom, che con la sua Nuvola Italiana conta su un data center che copre l’intero panorama nazionale e su offerte destinate alle imprese, ma anche agli enti pubblici dei settori più diversi, dalla sanità all’istruzione.
Grazie al cloud computing, insomma, ogni utente di Internet potrà usare risorse software e hardware da remoto, grazie a servizi di storage a disposizione tramite Internet, senza che debba preoccuparsi della manutenzione delle infrastrutture, di installare programmi particolari o di effettuare periodicamente back up per sicurezza: il che si traduce in un risparmio di tempo notevole.
Per le aziende, inoltre, poter fare affidamento sulla nuvola significa, per esempio, che il guasto a un computer non inficia minimamente la possibilità di continuare a lavorare su un documento, visto che è sufficiente connettersi con un altro dispositivo a Internet per ricominciare immediatamente.
Insomma, la nuvola tecnologica è davvero un pezzo di Paradiso? Non esattamente, almeno per il momento, anche perché bisogna fare i conti, in primo luogo, con la questione – certamente non di secondo piano – della riservatezza dei dati, potenzialmente a disposizione di tutti. Non va dimenticato, inoltre, che il cloud computing non può assolutamente fare a meno di Internet, visto che senza rete non si può svolgere alcuna operazione.
Se da una parte, dunque, attraverso il cloud computing si può contare su una maggiore flessibilità e – per le aziende – sulla possibilità di concentrarsi sul proprio core business senza che sia necessario assumere persone specializzate che si dedichino all’organizzazione delle infrastrutture tecnologiche (visto che fanno tutte parte del cloud) , dall’altro è bene sapere che non si può detenere il controllo totale dei dati aziendali e che per i sistemi cloud, allo stato attuale, non esistono standard di sicurezza ratificati. Non va sottovalutato, inoltre, il fatto che ora il mercato non può contare su standard uniformi: il che significa che l’eventuale trasferimento da un provider a un altro potrebbe rivelarsi difficoltoso.
La conclusione? Il cloud computing si configura come un’opportunità eccezionale, che però, afferendo ancora all’ambito delle novità, deve essere studiata e analizzata con maggiore attenzione. Anche se in Italia, in questo momento, se ne parla ancora troppo poco.