Il cinema italiano è malato terminale da troppo tempo, le continue emorragie di attori decenti e di buone sceneggiature hanno portato una risorsa nazionale al ricovero forzato in sala rianimazione. A staccare la spina ci pensa il produttore Aurelio De Laurentiis, che dopo anni di accanimento terapeutico a base di “Natale sul Nilo”, “Merry Christmas”, “Paparazzi” e “Manuale d’Amore” ha deciso di dire no.

Il cavallo di battaglia della casa di produzione Filmauro, l’indigeribile “cinepanettone” che come una puntuale malattia cronica torna ogni anno a guastarci le feste, sembra giunto al capolinea. È un addio che potrebbe segnare una svolta positiva nella cartella clinica del grande schermo. “Ora cambiamo genere”, ci rassicura De Laurentiis, annunciando da subito i nuovi e rivoluzionari progetti: una commedia con Christian De Sica, un film sulle inquietudini sentimentali con Carlo Verdone e un contratto per quattro commedie natalizie con Luca e Paolo (Le Iene).

La nuova linea è chiarissima: “togliamo i rutti e teniamo le parolacce”. Questa ventata di trasgressione è male accolta dallo stesso De Sica, che spera il suo amico produttore possa ravvedersi, e dal regista vacanziero Neri Parenti, che minaccia di girare un “contro-cinepanettone” con scuregge in surround. Forse è proprio questo che vuole dirci De Laurentiis, il cinema non è morto, è semplicemente uno zombie che si aggira per i multisala e quando non ci sarà più spazio all’inferno, i morti andranno al cinema.

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