In piazza Minerva, adiacente piazza Duomo, a Ortigia di Siracusa, si sta preparando la manifestazione Sicilia Scunucchiata, che si svolgerà il primo di aprile. L’iniziativa d’Arte pubblica è stata programmata a sostegno della mostra collettiva di artisti “Chiamata alle arti”, la quale sarà inaugurata il 30 marzo alla Galleria Montevergini, sempre a Ortigia. La cittadinanza è stata invitata a portare un tavolo, non solo in senso metaforico quanto piuttosto con una dose massiccia di concretezza.
Tutti gli intervenuti ne dovranno, difatti, portare uno con sé per creare una postazione innovativa di dibattito sui temi che stanno più a cuore alla collettività. L’obiettivo sarà, ed è, quello di dare un’opportunità ai cittadini siracusani, non solo al fine di esporre le problematiche inerenti la propria città, ma soprattutto per mostrare quali potrebbero essere le soluzioni; tutto ciò partendo da un concetto di “condivisione” che anche i social networks hanno contribuito a fare allignare. A moderare il dibattito è stato chiamato Salvo Grillo, coordinatore del Gar, Gruppo Azione Risveglio di Catania, il quale ha già dato vita a diverse azioni di sommovimento artistico nella città pedetnea. La rivoluzione delle arti sarà arricchita anche dalla performance del Gruppo Teatro Onda. Ancora nel pomeriggio del primo aprile, l’appuntamento è alla Galleria Civica Montevergini dove si assisterà allo spettacolo Le ciambelle di Erlend. Si tratta del concerto di Erlend Oye, musicista componente della band norvegese Kings of Convenience che, venuto a conoscenza della manifestazione, ha deciso di offrire la sua esibizione alla città di Siracusa. La Sicilia di cultura ne ha vista tanta, sebbene altrettanta parte di paesaggio, risorse, prospettive e progetti di risanamento morale le siano stati strappati, quasi scippati nell’indifferenza generale, senza replica e con molta ignavia di contorno. Vedere Palermo in questo periodo, per esempio, — l’estate quasi matura con mesi d’anticipo, le architetture arabo normanne e la spazzatura a fare da contro canto e contro olfatto —, causa un incesto tra eccesso di brutalità e bellezza. Sono entrambi prodotti dall’uomo, ma è come se fossero fratelli di madre uguale e padre migrante.
A Siracusa si stanno reclutando gli artisti, come fossero soldati di una causa etica, quindi virtuosa, tuttavia la vera domanda è: «Quale può essere, ammesso che sussista, la responsabilità dell’artista in una società in cui gli apparati relazionali e di garanzia si sono sciolti al sole?». Di iniziative volte a sensibilizzare cittadinanza e politica se ne contano a bizzeffe, almeno da cinquant’anni a questa parte. Forse il numero è minore in luoghi come quelli indicati, funestati da un individualismo amorale. Nulla da togliere alla benefica volontà di autori internazionali come Davide Bramante (nella foto la sua opera Modica), che della rivolta di primavera è stato uno degli alfieri più convinti e attivi. Gilles Deleuze, in una delle ultime interviste rilasciate, dichiarò di odiare sia gli intellettuali (come Umberto Eco) che i convegni; ma, soprattutto, che la scrittura è “pura” mentre la parola parlata è “sporca” di seduzione; cosicché il vero incontro, valido più della cultura, secondo il filosofo, è da intendersi con le cose e non con le persone: «Incontro un quadro, incontro un’aria musicale, una musica, ecco cosa sono gli incontri», diceva il pensatore alla sua intervistatrice. Così, vogliamo pensare a tutti questi artisti che si “incontrano”, non come una ridda di egotisti in ansia per l’esiguità crescente delle vetrine assegnate loro, ma al pari di un esercito della salvezza, schierato per innescare processi virtuosi e nuovi modelli di collaborazione sostenibile. Giacché nessuno di noi vorrebbe vedere che l’entusiasmo, spesse volte, si trasforma soltanto nella somma algebrica delle paure di non esserci più. Di non essere visibili e quindi di non esistere.
Conoscere gli artisti che hanno superato l’egotismo, il presenzialismo, il “mercatismo catastrofico”, questa sì che sarebbe una rivoluzione. E quando avviene lo è davvero.
Perciò è necessario frequentare gli studi degli artisti defilati, quelli che con le parole e le opere – solitarie, testarde e poco modaiole -, sembra ti aprano l’anima con il coltello. Non ci resta che sorvegliare il campo in agguato — come amava dire sempre Deleuze —, entrare e uscire dalle cose, osservarle da un angolo laterale, per essere sicuri che ne valga la pena di partecipare ancora alle rivolte e alle chiamate… Alle arti.