“Passato l’entusiasmo per la visita, che nonostante tutto resta meravigliosa, piange il cuore e sale la rabbia”, commenta un turista in visita solo qualche mese fa alla necropoli della Banditaccia. A febbraio 2012 viene lanciato un inquietante allarme: “la necropoli della Banditaccia, continuamente saccheggiata, rischia di perdere la tutela Unesco”. La necropoli, posta su un’altura tufacea nei pressi di Cerveteri, ha una estensione di circa 400 ettari tanto da essere considerata la più estesa di tutta l’area mediterranea.
L’etimologia di questo nome risale ai primi anni del Novecento, quando i terreni venivano dati in concessione dal Comune tramite bandi, così le terre bandite pian piano iniziarono ad essere indicate col vezzeggiativo “Banditaccia” perché mal si prestavano alle esigenze del pascolo e dell’agricoltura. All’interno si trovano migliaia di sepolture ascrivibili ad un arco cronologico che va dal IX al III secolo a.C. La parte visitabile, e recintata, ha un’estensione di soli 10 ettari e conta circa 400 sepolture. Sono presenti diverse tipologie di tomba: pozzetto, fossa, dado e tumulo. Queste ultime sono caratterizzate da una struttura tufacea a pianta circolare che racchiude all’interno una rappresentazione della casa del defunto, con tanto di corridoio (dromos) per accedere alle varie stanze, spesso affrescate. All’interno venivano deposti i defunti, molti dei quali con monili e preziose suppellettili. Essendo considerata una delle zone archeologiche più importanti al mondo, nel 2004 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità e inserita nella World Heritage List. “Le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia – riporta la motivazione del riconoscimento – rappresentano un capolavoro del genio creativo dell’uomo: i dipinti murali presenti su vasta scala a Tarquinia, sono eccezionali sia per qualità formali che per il contenuto delle raffigurazioni che rivelano aspetti della vita quotidiana, della morte e delle credenze religiose degli antichi Etruschi. Il contesto funerario di Cerveteri riflette gli stessi schemi urbanistici e architettonici della città antica. Le due Necropoli costituiscono una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca, l’unico tipo di civiltà urbana dell’Italia pre-romana. Inoltre, la rappresentazione della vita quotidiana nelle tombe affrescate, molte delle quali riproducono nello schema architettonico la tipologia delle case etrusche, è una testimonianza unica di questa cultura scomparsa. Molte delle tombe di Tarquinia e di Cerveteri rappresentano tipologie di costruzione che non esistono più in nessuna altra forma. Le Necropoli, repliche degli schemi urbanistici della città etrusca, sono tra le più antiche nella Regione”.
Il recinto (valicabile) e il regno dei “tombaroli”
In Italia, però, il valore del sito non sembra riconosciuto. Partiamo dalla recinzione. Come abbiamo detto, la parte recintata rappresenta una minima parte della necropoli. Al di fuori della recinzione, “sgangherata” in più punti tale da permettere facilmente il passaggio di una persona, ci sono 400 ettari dove è stato stimato ci sia ancora l’80% di tombe da scavare. È questo il regno dei tombaroli, è questa “la più grande cava di beni archeologici del pianeta”. Scavano le tombe, spesso le usano come magazzini dei loro attrezzi da lavoro o per farci “invecchiare artificialmente” vasi falsi o per nasconderci reperti sottratti da altre tombe. Ma anche dentro la recinzione le cose non sembrerebbero aver funzionato correttamente, se sono vere le voci circa la sparizione di reperti dai depositi del museo e la loro sostituzione con riproduzioni. Contraffazione e traffico illegale di reperti se da una parte sono il problema principale di Cerveteri, dall’altra non si può nascondere che abbiano fatto la fortuna di tante persone. A Cerveteri l’illegalità è diventata normalità. Proprio dalla necropoli della Banditaccia fu trafugato il Vaso di Eufronio, esposto per 35 anni al Metropolitan Museum di New York. Il vaso, venduto da un mercante americano al museo per la cifra di un milione di dollari, è rientrato in Italia da 5 anni dopo lunghe peripezie giudiziarie.
Visite turistiche in calo
L’elenco delle defaillances non finisce qui basti pensare all’assedio della vegetazione, ai rifiuti abbandonati anche dentro le tombe e all’assenza di una adeguata segnaletica che indichi la via per la necropoli. Tutto questo ha portato ad un inevitabile calo delle visite. Eppure c’erano tutti gli elementi per far funzionare e crescere il sito: il Piano di gestione Unesco che aveva previsto la tempistica degli interventi da realizzare, gli obiettivi da raggiungere, le priorità da seguire, i suggerimenti su dove andare a trovare i finanziamenti e le normative alle quali fare riferimento per muoversi; una necropoli unica al mondo e una natura che avvolge magnificamente i resti antichi. Allora cosa è venuto meno? Sotto accusa la classe dirigente di Cerveteri incapace di mettere in atto il Piano di Gestione Unesco e aver lasciato che l’area archeologica diventasse feudo dei tombaroli e rischiasse di non ricevere la conferma del bollino Unesco. Circa ogni sei anni infatti, ogni Stato aderente alla convenzione deve redigere e sottoporre al “Comitato per il patrimonio dell’umanità” (World Heritage Committe) un rapporto sull’applicazione della convenzione nei riguardi dei siti che si trovano nel proprio territorio. Il rapporto ha lo scopo di esaminare se il valore di ciascun sito è tutelato e mantenuto nel tempo e se sono cambiate le circostanze che influiscono sul suo stato di conservazione. Per cercare di ridare alla necropoli una parvenza di decenza, tre associazioni di volontariato (Mare Vivo, Italia Nostra e Archeo Teatron), in accordo con la Soprintendenza, coadiuvate dalle forze di polizia e dirette dall’ex delegato comunale per l’Unesco Agostino De Angelis, hanno ripulito l’area archeologica dall’erbaccia e dai rifiuti. Un’impresa immane che è stata una vera dichiarazione di guerra al sistema che ha gestito per decenni il sito, dal momento che la “selva” permetteva ai tombaroli di agire indisturbati. A sperare nella mancata conferma da parte dell’Unesco, oltre a tombaroli e mercanti, sarebbe anche il “partito del cemento” interessato all’allentamento dei vincoli paesaggistici che gravitano su tutta l’area archeologica. A distanza di un anno, le cose sembrano aver preso la giusta direzione. Il sindaco Alessio Pascucci, a marzo 2013, ha annunciato l’approvazione di un intervento di valorizzazione di tutta l’area della necropoli del valore di 1.350.000 euro, finanziato dalla Regione Lazio nell’ambito del Programma POR FESR 2007-2013, oltre a 150.000 euro di fondi comunali. Il piano prevede restauri e consolidamenti che renderanno visitabili un maggior numero di tombe, nuove illuminazioni sia per le sepolture che per le strade, l’apertura di nuovi sentieri, l’abbattimento delle barriere architettoniche e una nuova biglietteria. Insomma l’obiettivo è “far diventare la necropoli della Banditaccia una meta obbligatoria per chiunque voglia fare turismo culturale e paesaggistico nel centro Italia”, queste le parole di Lorenzo Croci, Assessore allo Sviluppo sostenibile. Qualcosa si è mosso. Notizia di pochi giorni fa (1 ottobre) è l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto dei lavori alla costituenda A.T.I., composta dalle imprese ITALPRO S.r.l. e Impresa Roberto Lombardozzi S.r.l. L’aggiudicazione però diverrà efficace solo dopo aver verificato il possesso di tutti i prescritti requisiti. Lo scorso luglio Pascucci ha voluto ricordare il successo delle installazioni multimediali nei tumuli della Necropoli, che cercano di ricreare in 3D l’ambiente così come doveva apparire in antico e al momento della sua riscoperta, e le teche touch-screen nel Museo Nazionale Cerite. Per il sindaco rappresentano una importante tappa del percorso per la valorizzazione del patrimonio archeologico cerite intrapreso dalla sua giunta. “Lo dimostra il crescente numero di visitatori internazionali” ha spiegato “stiamo inoltre proseguendo gli ottimi rapporti con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale che ringraziamo dell’attenzione che sta dimostrando verso la nostra Città. Sono convinto che il prossimo anno festeggeremo un bellissimo decimo anniversario dall’entrata nell’Unesco, mi auguro, con tanti passi avanti fatti in questo nostro percorso”.
Eppure alcuni turisti, in visita proprio quest’estate alla necropoli, la descrivono con amare parole: “Incuria e degrado. Erba alta dappertutto. Molte tombe sono allagate con bottiglie e lattine galleggianti sull’acqua. L’illuminazione di alcune tombe funziona male e in alcuni tratti i paletti delimitanti le aree inaccessibili sono caduti a terra. Pannelli esplicativi scarni e solo davanti le tombe principali, altri distrutti”, e ancora “la visita risulta molto difficoltosa, le indicazioni sono quasi inesistenti e il degrado, unito alla vegetazione che ha invaso i vialetti, non permette di sapere esattamente cosa si sta guardando e rendono la visita un’avventura alla indiana Jones”.
La necropoli del Sorbo e il cantiere notturno
Nella zona pianeggiante a sud di Cerveteri si estende la necropoli del Sorbo. “…Ben poche presenze rimangono della necropoli del Sorbo, quasi interamente sepolta con le costruzioni moderne. Si sono conservate solamente alcune tombe a dado e la famosa Tomba Regolini-Galassi…”, così inizia la sua descrizione pubblicato sul sito del Comune. Si tratta di un vasto e articolato sepolcreto arcaico, con tombe prevalentemente a inumazione e a incinerazione, portato alla luce nel 1966 da Raniero Mengarelli. Celebre è la Tomba Regolini-Galassi, il cui corredo è oggi esposto al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Si tratta di una tomba principesca del VII sec. a.C. il cui tumulo venne successivamente incorporato in uno più grande di 48 metri di diametro, intervento che lo preservò dai saccheggi e permise di ritrovare la tomba intatta con il suo prezioso corredo. La necropoli fu da subito oggetto di conferenze e pubblicazioni, è stata studiata dai più grandi archeologi. Quello che è successo dopo ha dell’incredibile. L’area della necropoli, forse di notte e di corsa, venne circondata da un’alta recinzione che impediva di vedere cosa stesse succedendo all’interno. In molti avranno pensato che si stesse provvedendo a lavori di manutenzione del sito archeologico. Ma in pochi o forse nessuno avranno immaginato quello che in realtà stava accadendo: un noto costruttore della zona stava allestendo il cantiere per la costruzione di un nuovo quartiere residenziale. In breve tempo le testimonianze villanoviane scomparvero, sostituite da alte palazzine. Era nato il moderno quartiere del Sorbo. Omertà, indifferenza e corruzione sono le indiscusse cause di un simile scempio rimasto impunito. “È possibile che nessuno si sia mosso a difesa della necropoli e abbia sporto denuncia?” queste le domande che si pone Giovanni Zucconi in un suo articolo “Possibile che non ci sia stata nessuna campagna giornalistica contro questo scempio? Dove erano finiti i Vigili comunali? Dove erano i consiglieri e gli assessori del Comune di Cerveteri? L’allora Sindaco Marini era distratto? Dove stavano lavorando gli assistenti della Necropoli della Banditaccia che dovevano essere gli occhi e le orecchie del Soprintendente? L’ispettore di zona della Soprintendenza non si era accorto di nulla? Ma soprattutto, è possibile che l’allora Soprintendente, il mitico Mario Moretti fosse all’oscuro di tutto? Le domande sono molte, ma vorrei semplicemente essere aiutato a capire. Capire come l’impossibile si possa essere verificato sotto gli occhi di tutti.” Sono in molti a considerare la distruzione della necropoli del Sorbo “uno degli atti più gravi perpetrato, in tempo di pace, contro il patrimonio archeologico e contro la memoria storica di un popolo”.
(21./Continua. Le precedenti puntate sono leggibili negli articoli correlati)