Pochi giorni fa il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha lanciato la proposta di abolire il certificato antimafia e di sostituirlo con una “white list” di imprese non colluse e virtuose: pochi mesi fa un’altra proposta di abolizione arrivava da Brunetta e a difendere la certificazione antimafia c’era proprio Grasso…

CAUTELE ANTIMAFIA: DA PIO LA TORRE A BERLUSCONI
Con la locuzione di “cautele antimafia” ci si riferisce a quelle documentazioni che come il certificato antimafia, o come le scomparse “informazioni supplementari o atipiche”, sono richieste per evitare che la criminalità organizzata entri negli appalti e che attestano, nel caso del certificato “camerale” antimafia, che non ci siano impedimenti causati da debiti con la giustizia e legami con la malavita oppure, come nel caso delle “informative prefettizie”, che non ci siano tentativi di infiltrazione per uno specifico appalto.
Si distinguono, oltre che per il tipo di verifica, anche in base a parametri come la soglia di euro richiesti per una commessa oltre la quale servirà uno specifico certificato, e dal 2013 dovrebbero essere facilmente accessibili per i funzionari dello Stato grazie alla costruenda “banca dati unica della documentazione antimafia” che avrà il merito di riunire le diverse certificazioni e consentire quindi di incrociare più informazioni.
Il nucleo originario dell’attuale legislazione per questo tipo di certificazioni è costituito dalla prima disposizione in materia di mafia (L. 575/1965) e dalle integrazioni della cosiddetta “Rognoni La Torre”, la legge che porta il nome di Pio La Torre (secondo proponente oltre all’allora ministro Virginio Rognoni), il politico siciliano ammazzato da Cosa Nostra anche per le innovazioni che ha portato in materia di contrasto alla criminalità organizzata, come le norme sulla confisca dei beni delle mafie e sull’associazione per delinquere di stampo mafioso, provvedimenti approvati, non casualmente, poco dopo l’omicidio del generale dei Carabinieri e Prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Sulla certificazione antimafia negli anni si è intervenuti altre cinque volte prima di arrivare all’ultimo D.lgs. 159/2011, quello che istituisce la banca dati “unica” e su cui Renato Brunetta fece scoppiare una polemica…

BRUNETTA VS MARONI
Mentre lo scorso autunno il morente governo Berlusconi varava il decreto delegato che ha aggiornato la normativa antimafia, l’ex Ministro Brunetta si metteva a fare il “dissidente” dichiarando che il certificato antimafia andava abolito in quanto costituiva una porzione del <<pacco di certificazioni>> che ingarbugliano la burocrazia: l’ex Ministro Maroni, dopo le critiche per le modifiche alla Rognoni La Torre sulla confisca dei beni alle mafie, insieme a molti altri tra i quali lo stesso Piero Grasso, condannarono senza se e senza ma l’appello di Brunetta. In particolare il Procuratore nazionale antimafia rispondeva che la sua era una proposta <<campata in aria>> e precisava: <<si è approvato da poco il Codice antimafia che, tra le varie cose, disciplina in maniera rigorosa anche la certificazione antimafia e quindi il Ministro avrebbe potuto fare le sue osservazioni nella sede opportuna, il Consiglio dei Ministri>> -e poi gli rivolgeva un invito- <<faccia una proposta alternativa!>> … In realtà la proposta alternativa se non la aveva già in tasca l’avrebbe tirata fuori poco dopo lui stesso.

GRASSO E LA “WHITE LIST”: LE REAZIONI E LA “SEMPLIFICAZIONE FISCALE”
Pochi giorni fa Piero Grasso lancia una proposta rassomigliante più a una provocazione se si pensa che a ottobre 2011 era proprio lui a difendere l’attuale normativa sulle certificazioni, e sembra quasi aver accolto l’appello fatto da lui stesso all’ex Ministro Brunetta: abolire il certificato rilasciato dalla Camera di Commercio con la dicitura antimafia e pensare a qualcosa di nuovo, come istituire una “lista bianca” di imprese non colluse, un “bollino di qualità” invece che un divieto … E se fosse solo una provocazione si spiegherebbe anche il repentino e “pirandelliano” ripensamento.
Subito arriva la risposta del Guardasigilli e le agenzie, i titoli di giornale e i lanci dei tg all’unisono parlano di “tabù”: <<Severino, abolire il certificato antimafia non è un tabù>>, si comincia a leggere e poi si spiega la posizione del Ministro su un argomento che non è certo nuovo, ossia l’utilità e il funzionamento della documentazione antimafia: <<non ci sono preclusioni e le proposte si valutano sperando di creare un’etica di impresa, una selezione delle imprese migliori>>. Ma intanto il Governo ha approvato il decreto sulla semplificazione fiscale con novità anche in materia di documentazione antimafia, novità che prevedono estensioni delle restrizioni alla partecipazione di gare per le concessioni dei Monopoli di Stato su giochi e lotterie, non solo al titolare dell’impresa che non soddisfi i requisiti “antimafia” ma anche ai suoi familiari (fino al terzo grado), e per revocare o non concedere l’autorizzazione non sarà più necessaria una condanna penale del titolare, ma basterà anche solo essere indagato.
Così, sulla linea del “tabù”, il successore di Piero Grasso alla Procura di Palermo, il Procuratore Capo Francesco Messineo, ha dichiarato alle agenzie di essere favorevole anche alla lista che premia i “buoni” invece di pensare esclusivamente a reprimere i “cattivi”: <<il certificato antimafia non deve essere un tabù e bisogna discuterne in maniera laica, infatti non ha dato risultati decisivi dato che tramite intestazioni fittizie viene eluso facilmente … D’altronde abolirlo sembra troppo radicale perché comporterebbe un’immissione incontrollata di imprese: anche i divieti di sosta vengono facilmente elusi ma è bene lasciarli. Quindi il certificato antimafia andrebbe studiato nuovamente>>.
Interessante e contro i “tabù” anche il punto di vista di Giovanni Tizian, il nuovo “Saviano” del nord che, con un padre ammazzato dalla ‘Ndrangheta, sta diventando famoso per essere finito sotto scorta dopo aver denunciato l’infiltrazione delle mafie in Emilia: <<non sono contrario per principio alla “white list” e inizialmente anche io credevo che il certificato antimafia non fosse utile, ma ho cambiato opinione quando in un solo anno a Reggio Emilia ne sono stati revocati una decina dalla Prefettura>>. Quindi, in linea con quanto dichiarato da Messineo, anche il giovane giornalista e scrittore conclude le sue dichiarazioni ai giornalisti auspicando un ripensamento delle norme e un’accelerazione delle procedure.

E per capire come le mafie aggirano o semplicemente non si curano dell’ostacolo del certificato antimafia, ma per capire anche come sia importante anche se non decisivo attualmente lasciare questo “ostacolo” e semmai integrarlo con “white, red e yellow list”, basta lanciare uno sguardo sui casi di cronaca giudiziaria recentemente alla ribalta: primi tra tutti quelli su cui indaga la Procura di Sanremo, il primo a Ventimiglia, in cui si contesta l’abuso d’ufficio proprio per la mancanza di certificati antimafia su dei lavori nel porto, abuso ipoteticamente commesso dall’ex sindaco in quota PDL, dimessosi l’estate scorsa prima dell’annunciato scioglimento del comune per infiltrazioni della ‘ndrangheta, scioglimento arrivato all’inizio di febbraio dopo quello del comune di Bordighera, la seconda cittadina su cui indaga la procura, di cui era Sindaco Giovanni Bosio (Pdl), le cui velleità di ritornare al Comune sono state infrante da una bocciatura del Tar del suo ricorso contro lo scioglimento proprio all’inizio di febbraio. Anche nel secondo comune ligure citato ci sono stati problemi con la certificazione antimafia e su chi poi, tramite i subappalti, avrebbe svolto effettivamente il ripascimento artificiale del lungomare.

Adesso, rotto il tabù sul certificato antimafia, bisognerebbe romperne un altro che riguarda la convenienza politica o gli improvvisi ripensamenti: come mai pochi mesi fa Piero Grasso era così entusiasta delle ultimissime novità sul certificato “camerale” regolato dall’ultimo decreto delegato? Sarà stato un improvviso lampo di genio sul principio del “premiare i buoni” invece che puntare solo sulla repressione, sarà un onesto ripensamento sulla normativa che definiva ottimisticamente <<rigorosa>>, oppure l’aria dei… Monti cambia l’umore?

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