Posto che la Rai è irriformabile come è stato detto da più parti, e che ovviamente non è una questione di nomi del consiglio d’amministrazione ma di costruire un modello di gestione totalmente diverso, la candidatura “dal basso” di Lorella Zanardo è non solo opportuna ma simbolicamente rilevante appunto se si vuole cominciare a pensare a un cambiamento radicale.
Conosciutissima all’estero, grazie al suo web documentario “Il corpo delle donne” visto da cinque milioni di persone, lo è ancor di più per il lavoro di decostruzione del messaggio televisivo che opera nelle scuole e con gli adolescenti. In particolare, poiché quello è il suo settore di partenza, e poiché l’immagine della donna è quella più venduta e sfruttata, insiste in particolare sul modello femminile come viene veicolato dai media.
La cosiddetta “società civile” che si era espressa tramite la rete votando Lorella Zanardo (per delle ragioni poco note è stata fatta coincidere con il neonato partito di Repubblica) avrebbe improvvisamente cambiato idea e proposto invece Bendetta Tobagi e Gherardo Colombo, ma da una postazione di grandissimo privilegio, come quella del giornale di De Benedetti.
Sono nomi scelti da Libera, Libertà e Giustizia, e Comitato per l’Informazione, e Se non ora quando. Appunto tutti parenti intimi di Repubblica e del Pd. Tutti evidentemente ancora convinti che l’informazione (siamo al sessantunesimo posto per libertà di informazione) passi attraverso i telegiornali e basta, riconfermando una visione dei media di almeno una cinquantina di anni fa. Ad esempio in Turchia la maggior parte del messaggio politico passa attraverso le soap opera. E in Italia anche le sezioni di industria culturale “formativa” del pensiero degli spettatori sono ben lontane da ogni talk show o telegiornale, laddove la maggior parte del messaggio è espresso nell’ infotainment del pomeriggio e della mattina o nello spettacolo in cui si confermano ruoli, stereotipi e si stabilisce il messaggio politico per la massa votante.
Ma per capire questo, sezionarlo, decostruirlo e renderlo nuova materia creativa ci vuole esperienza e dimestichezza con i media.
Il comitato Se non ora quando (Snoq), invece, ne ha fatto solo una questione di “ genere”. Facciamo 50 e 50. Metà donne e metà uomini. Snoq, erroneamente fatto coincidere con “il” neo femminismo, è nato grazie al grandissimo appoggio di Repubblica, ed è rappresentativo di solo alcune realtà associative e di una piccolissima parte del pensiero femminista che invece continua a restare ai margini del dibattito pubblico. Snoq avrebbe dunque presentato una rosa di nomi, dentro la quale, guarda caso, c’è Benedetta Tobagi. Con un comunicato hanno poi precisato che loro non hanno “scelto” Tobagi, ma solo inserita nella rosa di preferenze. Ma è buffo perché questo nome è nella rosa delle altre associazioni scelte pure da Bersani che si dice risoluto a appoggiare proprio quei nomi nella votazione del prossimo martedì.
Gherardo Colombo impegnato nella lotta alla legalità deposta la toga è diventato scrittore e prezzemolino nei talk dove si possono dire cose cattive contro chi ruba, ha reagito alla sua candidatura in un modo che di certo umilia chi forse ha molte competenze più di lui: “ per me è un’esperienza nuova”. In pratica offriamo a anziani signori l’opportunità di diversificare. Diverso, per Benedetta Tobagi: figlia del giornalista del Corriere Walter Tobagi assassinato dalle BR, ha scritto una testimonianza sulla sua esperienza personale “ Come mi batte forte il tuo cuore” (ediz. Einuadi). Ha anche un’esperienza politica nella lista civica di Filippo Penati. E’ autrice per Repubblica di articoli che non aggiungono né tolgono nulla al mainstream del quotidiano, e conduce, con abilità e successo una trasmissione Caterpillar AM su radio Due. Questi requisiti devono essere sembrati sufficienti a questo punto al partito della “ società civile” coagulato da Repubblica, per candidare due brillantissime e oneste persone, che nulla hanno a che vedere con la tv, e molto con la tradizione tutta italiana: assumere persone funzionali affinché il sistema non cambi sul serio, ma che diventino in realtà simboli da spendere e gestire sul mercato delle chiacchiere mediatiche.
Ma più di tutti è stato sorprendente il modo in cui Repubblica ha liquidato il nome Zanardo, la cui candidatura sembrerebbe tramontata (secondo l’articolo apparso il giorno seguente all’endorsement per i nomi Tobagi e Colombo) “per troppa voglia di esserci”.
A parte che l’interessata ha smentito ogni suo tipo di insistenza, ma si può concludere che la differenza la farebbe tutta quel desiderio di vedere il proprio lavoro riconosciuto: tanto più lo si desidera, quanto meno deve essere accontentata.
Nel frattempo sono arrivati più di 200 curricula, che appunto, seguendo la logica di spartizione tra partiti e non quella delle effettive competenze nel settore, e senza ovviamente sentire le associazioni di categoria di autori radio e tv che magari hanno maggiore competenza di Libera e uguale onestà, non verranno a quanto pare neppure considerati.
Antonio Di Pietro, centrando in pieno la questione scrive a Zavoli:
“ Le chiedo, rinnovando una richiesta già fatta, di convocare, prima delle votazioni, una seduta della Commissione che Lei presiede per stabilire preliminarmente una griglia di criteri che consentano un esame ed una selezione delle candidature più adatte a ricoprire il delicato incarico di componenti del Cda della Rai”. “A tale proposito, mi permetto di contribuire a questa discussione indicando alcuni criteri utili, a mio avviso, per la selezione delle candidature: 1) raccogliere l’appello di ‘Se non ora quando’ e garantire che nel Cda della Rai siano presenti
almeno quattro donne. 2) escludere candidature portatrici di conflitti d’interesse. 3) escludere candidature di parlamentari in carica o di persone che ricoprano incarichi di partito. 4) escludere candidature di persone il cui precedente operato in Rai possa essere controllato dal Cda. 5) escludere candidature di persone che abbiamo avuto incarichi in Autorità di Garanzia che hanno, a vario titolo, competenze sulla Rai. 6) puntare su presenze che per prestigio culturale o per competenze in materia siano in grado di rilanciare il ruolo del servizio pubblico nei nuovi settori tecnologici disegnati da Internet”.
Verrà ascoltato l’appello di Di Pietro di dare seguito alle effettive competenze, come non si fa che ripetere ossessivamente da anni? Anche perché ignorare i curricula, si può rivelare un terribile boomerang per i partiti non appena qualcuno oserà nuovamente parlare di “lottizzazioni”, “ raccomandazioni”, cui contrapporre invece merito e competenze. Perché sono precisamente queste che non sono volute né dai partiti, ma soprattutto, quel che è peggio neppure dagli italiani.