La mostra The Estate of Anonymous (VII): Stories from homes. Una collezione di dipinti di Carlos Miranda sugli incontri di Polaroid Star è la settima tappa inedita di un percorso iniziato più di dieci anni fa, che si riferisce all’iter creativo dell’artista spagnolo Carlos Miranda.
Sembra chiaro come in questa prospettiva allestitiva domini un’idea di «cornice», in certo qual modo vicina alla funzione descritta dall’estetologo Simmel, ossia un’antitesi con ciò che circonda l’opera per realizzarne, viceversa, una sintesi interna, congrua nell’opera stessa; lavori, quelli di Miranda che devono aiutare lo spazio a esistere. Opere strutturate come in un fumetto — una variazione sul “tipo” del romanzo a episodi — assolutamente lontane, badate bene, da qualsivoglia eco Pop.
Carlos Miranda (Malaga, 1971) attraverso i suoi eteronimi (Anonymus e Polaroid Star) ha costruito in questi anni un percorso iconografico multiforme, espediente che proprio per mezzo della figurazione intende ridurre in sezioni l’immagine, favorendone una sorta di lettura composita come in un vero e proprio feuilleton. Tuttavia, il suo obiettivo non si limita al chiarimento di uno specifico artistico, bensì alla complessa teoresi del processo di genesi dell’opera e alla voluta dispersione del primato paternalistico del creatore. Dice dell’autore Giulia Ingarao, direttrice artistica di Villa Alliata, che Miranda inscena una vera e propria “trinità artistica”. Volendo con ciò descrivere il processo intellettuale (e filosofico) di allineamento delle tre anime cui fa capo il complesso excursus produttivo dell’autore; avendo avuto, quest’ultimo, cura di scindere l’intellettuale dall’esecutore-traduttore dell’idea e impersonando, in tal modo, figure sempre diversificate nel consolidato mondo dell’Arte.
Miranda, in tal modo, riesce nel compito di parificare, appunto, esecutore e traduttore (Carlos Miranda), critica specializzata e divulgatrice (Polaroid Star), ideatore e normalizzatore di concetti (Anonymous). Carlos Miranda porta avanti, difatti, questo esperimento scismatico dal 1998. Mediante una ri-codifica del Sistema dell’arte ufficiale e dominante. Polaroid Star rappresenta, come abbiamo detto, il critico d’arte donna che ha il compito di razionalizzare il percorso seguito da Miranda esecutore, mentre Anonymous è l’ideatore, nei panni di un arabo nudo con indosso solo un turbante. Le sue opere ci mostrano alcuni personaggi del mondo della cultura (Pepo Perez, illustratore; José Antonio Garriga Vela, scrittore; Eva di Stefano, storico e critico d’arte), nel loro ambiente più privato e fecondo: i loro atelier e le loro case. Ritratti di luoghi dove l’ordine compositivo, messo in luce da una struttura tipica nelle graphic novel, fa risaltare, al contrario, ora il disordine creativo dei soggetti trattati ora il loro ordine maniacale, desumendo la loro identità dagli spazi e dalla sistemazione degli oggetti. Da un collage che salda veduta e dettaglio e collaziona, in certo qual modo, questi dilatati piani di rappresentazione.
Miranda, infatti, oltre che un artista concentrato sull’elaborazione speculativa del suo progetto a capitoli [nell’esplorazione degli studi la prima ricognizione è stata fotografica e, in questo caso, si è protratta per due settimane] ci appare quasi come un militante della teoria della Stimmung: il teorico e l’artista, nelle loro epifanie, si lasciano ben connotare per i loro insediamenti micro ambientali, come se, gli ambienti stessi, fossero le vestigia più intime della loro soggettività più profonda. La casa diventa così il compendio emotivo di una forma estetica enviromentale, una configurazione solida dei vissuti in assenza del vivente, nonché una visuale che finisce per azzerare la distanza fra opera e vita. Si intenda qui per «vita» l’opera stessa in una prospettiva anti-mimetica di immagine raddoppiata. Non più, dunque, l’estraneità di un contesto pubblico, per quanto familiare, ma, al contrario, una psicoanalisi della casa come luogo del “dentro”. Gravitazione di una visione più intima che reale, più surrealista che cubista, pur nella dovizia fiamminga del dettaglio.
La rassegna di ritratti atipici che Miranda traduce è inserita in una griglia compositiva geometrica, che mostra i bordi della pagina di un’ipotetica strip. L’ordine narrativo viene però stravolto dalla componente temporale, che rende ambigua l’immagine, proprio in quanto colta in momenti diversi. Le sue tele non sono solo mise-en-scène ma, soprattutto, messe in profondità, che ricordano per certi versi gli schemi emblematici dell’araldica.
L’artista andaluso condensa, difatti, più brani in una sola immagine, non scartando il piacere dell’illusionismo e i virtuosismi del trompe-l’œil. Riproponendo anzi, come egli stesso spiega, una sua personale elaborazione della tradizione cubista spagnola. Il genere di approccio di cui si avvale l’autore per The Estate of Anonymous è di secondo grado, in quanto si serve di fattori pre esistenti come lo sfondo degli ampi saloni della villa, un contesto a volte appesantito da inserti kitsch, e dell’eclettismo dei relativi arredi: vi si ravvisa così tutta la puntualità sintattica del Decostruzionismo derridiano. Una forma di linguaggio riconoscibile ma frantumato. La premessa al Post modernismo in epoca di ri-realtà.
La flessione, ossia la caduta in una dimensione transitiva che non rinuncia alla riconoscibilità degli oggetti, si fa acuta e prismatica nel senso della possibile varietà delle letture. L’autore lavora sull’essenza dell’oggetto-quadro, sulla sua fruizione contestuale, sulle sue, in fine, divagazioni e concrezioni intorno al tema della percezione di molteplici paradigmi della visione. Il rifacimento pittoricistico dell’ambiente si dà quindi, come abbiamo detto, al pari di un’impronta assolutamente originale del suo stesso abitante. In quanto “abitare” —nell’etimologia latina frequentativo di “avere” — si qualifica come un’estensione simbolica del corpo.
Nella conduzione compositiva Miranda mostra, altresì, la possibilità di leggere l’opera come compendio visivo a più strati, ecco che torna la formazione cubista del Nostro, quanto alla cognizione del tempo, dello spazio e dell’esperienza ri meditata della gabbia prospettica; tutto ciò riassunto su ciascuna delle tele. Una delle opere più eloquenti presenti in mostra è Eva di Stefano, “Klimt. Il Modernismo” (nella foto a lato). Sono qui ripresentati gli elementi che compongono il suo linguaggio: ordine compositivo/disordine creativo; pittura/graphic novel; citazione di un momento pregresso, rappresentato dallo sfondo, e di una fase successiva, rinvenibile, in questo caso, da un particolare dello stesso luogo enfatizzato. Il bordo del quadro sta all’opera — e dentro di essa — come un segno dentro a un libro: un passo speciale da fare sporgere sotto gli occhi del pubblico.
Forzarne la presenza, marcare le zone di vuoto, stabilisce, inoltre, una condizione dialettica non finalizzata a trovare una soluzione univoca. Questo espediente riporta lo spettatore a un livello alto di vigilanza sulla pittura come convenzione del reale. Villa Alliata, una villa settecentesca così carica di storia e anti neutra, produce una condizione analitica addizionale in riferimento al progetto, sull’esposizione e la ricollocazione delle opere, nonché sulla differente atmosfera che il locus vi imprime. Miranda ha triforcato, lo ricordiamo, le sue identità artistiche in maniera tale da avere più occasioni di porre in essere i suoi approcci all’arte contemporanea, in quanto non può esserci arte fruibile oggi che non sia, per sua stessa esistenza diacronica, in ogni momento contemporanea a chi la guarda.
BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Carlos Miranda nasce a Málaga nel 1971 dove lavora come docente presso la Facultad de Bellas Artes. Dal 1998 la sua ricerca si sviluppa in ambito artistico e letterario attraverso il progetto per tappe dal titolo The Estate of Anonymous. I diversi capitoli del progetto sono stati esposti in mostre dal 1998 al 2010: The Estate of Anonymous: Tinta de furacão (Galería Sandunga, Granada, 2010), The Estate of Anonymous. Plano 5: Borrada. Vistas de la ciudad robada (CCP Diputación de Málaga, 2006), Borrada. Vistas de la ciudad robada (Galería Sandunga, Granada / Sala de eStar, Sevilla, ambas en 2005), Estancias de Anonymous (Palacio de los Condes de Gabia, Granada, 2003), […] Parrotiana (Centro Cultural Gran Capitán, Granada, 1999), […] (Sala Moreno Villa, Málaga, 1999), Talk about (Galería Cruce, Madrid, 1998); o attraverso allestimenti personali all’interno di mostre collettive The Estate of Anonymous. El ala oculta en el XLII Certamen de Artes Plásticas Caja San Fernando (Sala Caja San Fernando, Jerez de la Frontera, 2003) e in Desplazamientos (Salas Caja San Fernando, Sevilla, 2004), Artisaword all’interno del ciclo Pensar el presente. Tensiones del arte contemporáneo (Teatro Cervantes, Málaga, 2000), Camuflaje (Polaroid Star) en Camuflajes (Casa Encendida, Madrid / Espai Cultural Caja Madrid, Barcelona / Espacio Cultural Caja Madrid, Zaragoza / MUPAM, Málaga, 2009-2010) e in Disidencias (Sala Moreno Villa, Málaga, 1998) […] Islanonymous (1ª Carpeta de Historia) nel Certamen Málaga Creaciones (Centro Eurolatinoamericano de la Juventud, Mollina, Málaga, 1999). Il progetto si sviluppa attorno al processo meta-artistico messo in atto da uno dei vari eteronomi creati dall’artista, Polaroid Star, per produrre un’attività critico-letteraria, curatoriale ed editoriale, sia sulla propria opera che su quella di altri artisti. Esito di questo esperimento sono state numerose pubblicazioni a firma Polaroid Star.
Il Centro d’Arte Piana dei Colli di Villa Alliata Cardillo ospiterà in anteprima il settimo capitolo della serie, attraverso un allestimento site-specific pensato dall’artista per i sei saloni della settecentesca residenza nobiliare che ospiterà l’installazione.
BIOGRAFIA DELLA CURATRICE
María Jesús Martínez Silvente è Dottore di ricerca in Storia dell’Arte e insegna Storia dell’arte presso l’Università di Malaga. È autrice di diverse monografie sulle Avanguardie storiche come: La mirada cambiante de Ardengo Soffici: Futurismo y crónicas sobre Picasso (2002), Picasso y el cubismo en la literatura artística futurista: el caso de Umberto Boccioni (1909-1916) e Francisco Peinado. Representaciones y autorepresentación (2009). Ha realizzato soggiorni di studio a Roma, Milano, Palermo e Parigi; si menzionano in particolare le ricerche svolte presso l’Università La Sapienza (Roma) e la Sorbona (Parigi IV). Oltre ai suoi impegni come docente universitaria si occupa della curatela di mostre d’arte contemporanea, tra le quali Chillida. Logos. Espacio de la palabra e Chassés Croisés. Artist Exchange Proyect. Attualmente è Responsabile di Cultura e Studi di Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Malaga.
Evento realizzato in collaborazione con l’Istituto Cervantes di Palermo e con il sostegno di: Facultad de Filosofia y Letras, Universidad de Màlaga, Vicerrectorado de Cultura y Relaciones Institucionales (UMA), Vicerrectorado de Estudiantes (UMA), Diputaciòn de Màlaga (CEDMA).
mostra a cura di María Jesús Martínez Silvente
aperta fino al 19 maggio 2012
direzione e coordinamento Attilio Lodetti Alliata
direzione artistica Giulia Ingarao
segreteria organizzativa Aurelio Ferrante
promozione e Comunicazione Virginia Glorioso