Scade oggi l’aut aut rivolto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo all’Italia con la sentenza Torreggiani resa l’8 gennaio 2013, che obbligava il Paese a dotarsi di misure idonee ad eliminare il problema del sovraffollamento carcerario.
Dopo la scadenza si apre la strada a tutte le procedure relative ai ricorsi pendenti “congelate” dalla Corte proprio in attesa che l’Italia adottasse le richieste e raccomandate misure. È facile prevedere che ai ricorsi pendenti si aggiungeranno quelli di nuova proposizione, con la conseguenza che l’Italia dovrà sborsare ulteriori ingenti somme relative ai risarcimenti (tra i 10 e i 20mila euro a detenuto, secondo quanto disposto dalla Corte nella sentenza). Somme che potrebbero essere utilizzate per migliorare il sistema carcerario italiano e che invece verranno impiegate solo per i risarcimenti dei detenuti.
Per la carcerazione preventiva 1,3 milioni al giorno
Alla scadenza del 28 maggio è dedicato un approfondimento curato dagli avvocati Chiara Zucchetti e Fabrizio Di Zozza della Giunta Nazionale di Aiga (Associazione italiana giovani avvocati), dedicato all’analisi di tutti i costi – materiali e no – del sovraffollamento carcerario italiano. «Analizzando i dati numerici forniti dal Ministero della Giustizia – spiegano Zucchetti e Di Zozza – va evidenziato che alla data del 30 aprile 2014, su un totale di 59.683 detenuti, ben 10.389 (17,40% sulla popolazione carceraria complessiva) sono in attesa di giudizio. Di fatto sono sottoposti ad una misura cautelare senza aver subito alcun processo». Un costo umano, ma anche economico: «Il costo medio giornaliero di un detenuto per lo Stato italiano – sottolineano nel loro articolo gli avvocati Aiga – è pari nel 2013 ad €.124,96, che in un anno ammonta ad €.45.610,40, come riportato dalla tabella ufficiale del Ministero». Ogni giorno, per la carcerazione preventiva l’Italia spende circa 1,3 milioni di euro.
Custodia cautelare: in carcere senza processo un detenuto su 5
Ma i costi non possono ridursi al solo aspetto economico. La sentenza Torreggiani invitava l’Italia ad adottare misure idonee a risolvere il problema “strutturale e sistematico” del sovraffollamento carcerario riducendo al minimo – tra l’altro – il ricorso alla custodia cautelare in carcere. «Analizzando i dati reperibili dal Ministero della Giustizia – spiegano gli avvocati Zucchetti e Di Zozza – si può facilmente notare che i detenuti in attesa di giudizio che a gennaio 2013, mese di emanazione della sentenza Torreggiani, erano circa 12.439 (18,87%) su un totale di 65.905 detenuti, si sono ridotti nell’ aprile 2014 a 10.389 (17,41%) su un totale detenuti di 59.683». Un numero ancora troppo alto, considerato che si tratta di persone sottoposte ad una misura cautelare senza aver subito alcun processo.
Sovraffollamento carcerario: peggio di noi solo la Serbia
Dal gennaio 2013, mese di emanazione della sentenza Torreggiani, in cui c’era un sovraffollamento di 18.865 detenuti, siamo passati, nel mese di aprile 2014 ad un esubero di 10.592 detenuti, pertanto gli interventi del legislatore iniziano a produrre i loro effetti e fanno ben sperare. «Guardando all’Europa – spiegano gli avvocati di Aiga – il più recente dato sul sovraffollamento carcerario è quello elaborato dal Consiglio d’Europa, aggiornato al 1° settembre 2012, dove in tale triste e ingloriosa graduatoria, siamo posizionati penultimi, con un coefficiente di 145,40. Ciò vuol dire che nominalmente su una capienza di cento posti in realtà ci sono 145,40 detenuti. Peggio di noi solo la Serbia con un coefficiente di 159,3».
Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, risalta il coefficiente tedesco pari a 88,60% quello spagnolo di 89,40% per poi passare alle situazioni di sovraffollamento di Albania di 110,70% e quello francese di 117%. È anche vero che dal settembre 2012 all’aprile 2014 la situazione è migliorata, scendendo tale coefficiente dal 145,40% al 121,58%. Tuttavia siamo ancora ben lontani dalla situazione imposta dalla CEDU.
Misure adottate “idonee ma non sufficienti” per l’Europa
Serve dunque una inversione di rotta che conduca l’Italia, anche in questo settore, oltre il contingente e consenta di traguardare un futuro che sia dignitoso per tutti i cittadini, anche per quelli costretti in carcere. «In particolare è doverosa una riflessione, svuotata dai furori ideologici, sugli effetti del recente decreto svuota-carceri, che, tra le altre misure, aumenta lo sconto di pena concesso per ogni semestre (da 45 a 75 giorni) e soprattutto dispone un utilizzo del braccialetto elettronico più frequente. Da pena alternativa eccezionale, il braccialetto diventa uno strumento ordinario. Viene istituita la figura del Garante Nazionale delle persone detenute al fine di vigilare sul rispetto dei diritti dei detenuti e sulle condizioni in cui scontano la pena», sottolineano gli avvocati Aiga. Analoga attenzione deve porsi alla proposta di legge AC631 attualmente in seconda lettura alla Camera, nonché alla L.94/2013 di conversione del “Decreto carceri” con il quale è stato anche previsto di portare la capienza regolamentare delle carceri italiane a 57.000 posti con la creazione di circa 12.324 nuovi posti.
Tali misure sono state giudicate idonee ma non sufficienti dalla “Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni”(Commissione LIBE) europea che in data 26-28 marzo 2014 ha fatto visita ad alcune strutture carcerarie italiane. La delegazione pur apprezzando gli sforzi fatti dall’Italia negli ultimi mesi, ritiene che molto di più si possa e si debba fare per ridurre il problema del sovraffollamento carcerario.
«Eccessivo il ricorso alla custodia cautelare»
A questo punto dinanzi al reiterarsi di pronunce che mettono alla sbarra il nostro Paese, viene spontaneo chiedersi se il problema del sovraffollamento carcerario, oggettivamente esistente ed allarmante, sia solo una questione di edilizia carceraria o piuttosto non derivi dall’eccessivo ricorso alla misura della custodia cautelare. «La risposta – sottolineano gli avvocati Zucchetti e Di Zozza – è evidente ed è per questo che si deve puntare a sistemi alternativi al carcere capaci di incidere altresì sulla recidiva: il terzo settore in questo senso deve essere maggiormente valorizzato all’interno degli istituti e trovare nei fondi europei un aiuto fattivo per un modello di impresa sociale che nel rieducare il detenuto, avvicinandolo al lavoro in carcere, rieduchi la società intera».