Investire in cultura, esportarla, veicolare nel mondo un messaggio positivo, sono le precise indicazioni del governo di Pechino che passano anche attraverso la conquista del grande schermo. Hollywood-Cina, quasi una formula alchemica. Contratti miliardari, acquisizioni e accordi politici scandiscono le tappe del loro avvicinamento. Con un accordo da 2,6 miliardi di dollari, la Cina marca la sua presenza sul mercato a stelle e strisce.
Il gruppo cinese Wanda ha infatti acquisito la statunitense AMC Enterteinment diventando il maggiore operatore nel settore delle sale cinematografiche. AMC, operatore cinematografico con sede a Kansas City, produttrice di più di 5.000 schermi in America e Canada aveva registrato un deficit di 73 milioni di dollari lo scorso anno, a causa della lenta ripresa dell’economia americana. La cinese Wanda ha colto quindi l’occasione investendo oltre alla cifra iniziale altri 500 milioni di dollari per attuare strategie mirate ad accrescere la competitività della compagnia e a mettere in ordine il bilancio.
Una multisala di nome Wanda
Il colosso Wanda, con sede a Dalian, è il maggiore operatore sul mercato cinese, possiede 86 cinema e 730 schermi in tutto il Paese a cui se ne affiancano altri 9.200 in gestione. La compagnia ha assicurato che il personale della AMC verrà riassorbito nella nuova gestione e che non interferirà nelle scelte di programmazione. La Cina procede dunque a grandi passi nel mercato estero e il caso della Wanda non è che uno dei tanti casi di acquisizione di compagnie straniere da parte del Dragone. Certo è che con quest’ultima mossa, l’industria delle sale cinematografiche in Cina si fa sempre più imponente e la produzione è in continuo incremento. Gli Stati Uniti mirano da tempo a far breccia in questo grande mercato, ma hanno sempre incontrato numerose restrizioni. Solo recentemente la Cina ha acconsentito ad estendere il tetto massimo di film stranieri che possono essere trasmessi nel Paese da 20 a 34.
Il ragazzino dagli occhi a mandorla con i superpoteri
Tuttavia, nonostante i disaccordi e la notevole distanza culturale che separa i due mondi, Hollywood-Cina è un binomio che funziona e appare sempre meno improbabile. Infatti, per gli appassionati di animazione ed effetti speciali ci sono grandi novità: il mondo dei supereroi dovrà presto dare il benvenuto a dei nuovi protagonisti con gli occhi a mandorla. In un video messaggio indirizzato al pubblico dello Shanghai International Film Festival che si è concluso l’ultima domenica di giugno, Stan Lee, creatore di X-Man, Iron Man, Spiderman e di molti altri popolari personaggi dei fumetti adottati dal cinema americano, ha annunciato che tra meno di due anni l’umanità dovrà fare i conti con un nuovo supereroe che dal nome non promette nulla di buono:“The Annihilator”,“L’Annientatore” .
Un giro di grandi affari
Il progetto potrà avvalersi di un investimento iniziale di 2,6 miliardi di yuan (322,4 milioni di euro) in gran parte sostenuto da ICBC, Industrial and Commercial Bank of China, uno dei quattro giganti cinesi del credito. Il film avrà a disposizione un budget di circa 100 milioni di dollari ed è il frutto di una collaborazione tra gli studi di Hollywood e la National Film Capital, società di gestione fondi per l’industria dell’intrattenimento che fa capo a Pechino ed è presieduta dall’ex presidente della China Film Group, Yang Buting. Il produttore di Annihilator sarà Eric Mika, direttore della Magic Store Entertainment, una “film financing company” nata dalla partnership tra la Hong Kong Ricco Capital Holdings e la Powel Entertainment statunitense, fondata da Stan Lee; la sceneggiatura sarà invece curata da Dan Giloroy, autore di Bourne Legacy. Il film sarà in 3D, i personaggi parleranno inglese anche in Cina e quanto alla star, Lee ha assicurato che sarà un attore cinese. Sulla trama del film si mantiene il riserbo, di Annihilator si sa solo che si tratta di un ragazzo nato nelle aree rurali, lontano dunque dalle megalopoli del Dragone, con un passato costellato di esperienze difficili da sopportare per un bambino e che desidera solo essere un ragazzo come gli altri e non un supereroe. Riguardo i suoi superpoteri nulla è stato svelato, un’incertezza che lascia campo libero alle fantasie di coloro che diventeranno i suoi futuri fans. Potrebbe essere discendente di una stirpe di draghi e essere capace di sputare fuoco come loro oppure potrebbe essere immortale come la tartaruga cinese o ancora essere appassionato di arti marziali di terza generazione. Lo stesso Stan Lee si è rifiutato di rivelare particolari, si è limitato ad ammettere solo di essere un grande appassionato della Cina e della sua cultura e di aver pertanto creato l’Annientatore con una cura tale da essere certo che diventerà in poco tempo il supereroe più popolare e più amato in tutto il mondo. Ma ancor prima del suo esordio, il nuovo personaggio del fumettista americano ha già un rivale. Dalla penna e dalla fantasia dei sino-statunitensi Chi Wang e Jim Lin nasce Capitan China, il primo supereroe “comunista”.
Da Pechino con furore
Già dal nome il personaggio riecheggia il più noto Capitan America. Lo stesso abbigliamento riprende le tinte patriottiche del supereroe statunitense: se da un lato l’originale è vestito con una tuta che simboleggia la bandiera a stelle e strisce e si difende con uno scudo fiammante, dall’altro il suo emulo Capitan China indossa una tuta rossa con cinque stelle sul petto, una grande e quattro piccole proprio come quelle della bandiera cinese e non si separa mai dalla sua pistola Mauser C96. La sua storia affonda le radici alla fine degli anni Cinquanta durante l’epoca maoista. Capitan China è l’ultimo sopravvissuto di un programma per creare supereroi avviato da Mao Zedong ai tempi del Grande Balzo in Avanti (il progetto di sviluppo cinese che avrebbe dovuto trasformare il Paese in una potenza nel giro di pochi anni ma che in realtà portò solo a un periodo di carestia e provocò la morte di milioni di persone). Ibernato per decenni, quando riapre gli occhi, l’eroe si trova catapultato in un’altra epoca, un’epoca in cui gli scontri ideologici della Guerra Fredda sono stati sostituiti dalla globalizzazione e dal boom economico. La realtà in cui si ritrova è talmente diversa da quella in cui è stato creato e addestrato da indurlo perfino a cambiare nome. Non più il “Liberatore” ma Capitan China, un appellativo decisamente più consono alle abitudini della Shanghai del terzo millennio. È curioso però, che se da una parte Stan Lee ha creato il suo Annientatore per far conoscere la Cina e i cinesi al resto del mondo, dall’altra, gli autori di Capitan China abbiano voluto togliere al loro superuomo le fattezze cinesi e quelle abitudini “troppo orientali”, pur facendo in modo che continuasse a incarnare i grandi valori in cui tutti i cinesi “devono” credere anche nell’era della globalizzazione. Non si sono inoltre dimenticati di aggiungere qualche chicca per renderlo più simpatico agli occhi degli americani, come affidargli come prima missione la difesa del Presidente Obama nel corso di una visita nella Repubblica Popolare.
I segni del Dragone
Benché le penne del primo supereroe comunista abbiano dichiarato che non ci sia stata da parte loro la volontà di rendere i personaggi più occidentali o più cinesi è chiaro che Capitan China, edito sia in inglese che in cinese, miri a raggiungere un pubblico più ampio. A questo punto verrebbe da chiedersi se l’Annientatore, così carico di “caratteristiche cinesi”, riuscirà ad aver presa oltre la Grande Muraglia. Fatta eccezione per i grandi nomi come Zhang Yimou o Chen Kaige, il pubblico che segue film cinesi è principalmente composto da amanti del genere o di arti marziali tanto che campioni d’incassi nazionali come Let the Bullet Fly di Jiang Wen o Aftershock di Feng Xiaogang non sono decollati. Una cosa è tuttavia certa, ora che ha conquistato il titolo di seconda potenza economica, in fatto di cinema il Dragone non ha nessuna intenzione di rimanere in poltrona.