Cesare Gradi, 26 anni, milita nella squadra bergamasca Olimpia di Caloni- Agnelli. Un passato in serie A1 e A2. Confessa di non aver mai lavorato in vita sua. Con il Volley ha guadagnato da professionista.
Ora in B1 con una congiuntura economica non certo positiva, il club di Bergamo ha intelligentemente proposto un part-time. Lavoro più gioco. Al mattino nell’azienda proprietaria di Olimpia e sport agonistico al pomeriggio. Il giovanotto senese Gradi è felice del nuovo lavoro di magazziniere e continua a giocare nello sport che è la passione di una vita. Questa storia, esemplare in tempi di austerità, ricorda gli anni 60.
Nel calcio di allora, ad esempio, le retribuzione degli atleti erano più modeste di oggi. Il loro tenore di vita poteva paragonarsi a quello di un ragioniere o di un capo reparto. Il calciatore viveva con i piedi per terra sapendo della brevità della carriera sportiva. Il presidente del club di serie A al massimo lo premiava con una cucina. Nonostante le glorie delle partite vinte e delle coppe conquistate, l’Ulisse calciatore pensava già al dopo, studiava per il diploma o si ingegnava un mestiere. Sposava una casalinga o una sartina. Allenatori e cummenda lanciavano strali ai disobbedienti alla disciplina. Il pubblico esigeva serietà anche fuori campo.
Oggi dopo il disastroso esito del Mondiale del Brasile si potrebbero immaginare i nostri campioni che lasciassero perdere le fuoriserie, le spese folli e le notti bravi. Che pensassero di non vivere di rendita, di non sprecare la gioventù guardando al futuro non come la fine di una carriera, ma l’inizio di una nuova vita, come quella degli altri. Così forse sarebbero più amati nei trionfi della gare e perdonati per le clamorose sconfitte. Si può sperare che un atleta del domani possa rafforzare lo spirito e sperare di diventare un buon ragioniere?