Presieduta dal produttore Gianluca Curti, la commissione calabrese fa capo alla giunta regionale e opera come mediatore cine-televisivo per la valorizzazione del territorio, sviluppando varie azioni nel campo del turismo e dell’occupazione. In collaborazione con l’assessorato regionale alla Cultura, la Calabria Film Commission ha indetto bandi dei Programmi Operativi Regionali a valere sui P.I.A. (Pacchetti Integrati di Agevolazioni) nel settore Cinema per circa 2 milioni di euro, cercando con grande sforzo di avviare un disegno progettuale complessivo che ha l’obiettivo di costruire un articolato sistema cinema che includa produzione, post-produzione e distribuzione.
Nonostante i tagli della Regione e i recenti problemi legati alla violazione del diritto d’autore (il 28 marzo una sentenza del tribunale di Catania ha decretato che la Calabria Film Commission avrebbe sottratto alcune sequenze video della Regione realizzate dai produttori/reporter Daniele Riefolo e Gabriella D’Agostino per utilizzarle in un documentario di promozione turistica, Calabria: terra di passaggio, senza chiedere l’autorizzazione scritta prevista dalla legge), la fondazione prosegue nel suo difficile lavoro. Un atto di sopravvivenza rafforzato lo scorso 30 aprile, quando il consiglio regionale ha proposto una modifica all’articolo 10 del testo sul riordino degli enti sub regionali, relativo all’istituzione dell’Agenzia regionale per il marketing turistico e territoriale che avrebbe dovuto assumere le funzioni della Film Commission per la quale era stata proposta la liquidazione, poi non avvenuta.
Ne parliamo con Michele Geria, un passato nell’organizzazione del Reggio Calabria Film Festival e da manager per Artemundi Eventi, attuale Production & Location Manager della Calabria Film Commission.
Qual è la data di costituzione della Calabria Film Commission? Da quale esigenza è nata?
«La Calabria Film Commission nasce nel 2006 e come nelle altre regioni, ha la mission di supportare le produzioni cinematografiche che vogliono girare in Calabria con dei servizi e delle convenzioni con alberghi, catering, società di assistenza, tecnici e maestranze reperiti nel territorio. Insomma, tutto quello che è presente qui in regione viene messo a disposizione delle produzioni che in questo modo hanno degli abbattimenti di costo nelle spese. Tecnici, comparse, attori, un intero comparto per tagliare le spese di vitto e alloggio».
Nel vostro lavoro di supporto e assistenza, come sostenete le produzioni?
«Sosteniamo le produzioni fornendo permessi (questo è un servizio che facciamo anche personalmente, con il nostro staff), logistica, maestranze, alberghi. Il nostro obiettivo è quello di creare una filiera di professionalità, mettere a disposizione alcune figure – soprattutto tecniche, di troupe – in modo da attivare delle nuove professioni. Vogliamo soprattutto che una volta girato un film, rimanga qualcosa sul territorio. Faccio un esempio: in pochi anni abbiamo creato uno staff affiatato e professionale con dei ragazzi che poi – tre in particolare – hanno fondato un’azienda di produzione di cinema ed eventi. Questo è il nostro obiettivo principale. È chiaro che su questo territorio, molto spesso è la ricerca delle location l’aspetto più richiesto: gli esterni della Calabria fanno sognare lo spettatore».
La Calabria Film Commission mette a disposizione dei finanziamenti diretti per le produzioni?
«Sì, abbiamo dei bandi con un regolamento regionale pubblicato sul nostro sito. Chi fa domanda, deve fornire una documentazione tecnica (per valutare la solidità della società di produzione) e sarà sottoposto all’analisi di una commissione; solo allora, previo responso positivo, potrà usufruire di finanziamenti diretti. Di solito si valuta molto l’impianto della sceneggiatura. Il contributo può arrivare fino ad un tetto di 100.000 euro ed ogni singola voce di spesa di questo finanziamento, dovrà essere rendicontata sul territorio».
Qual è il criterio con cui la Film Commission sceglie le produzioni da sostenere?
«Le regole e i vincoli sono diventati abbastanza ferrei. La sceneggiatura del progetto e la solidità della società sono gli aspetti più importanti. Purtroppo negli anni passati siamo spesso stati vittime di produzioni che venivano in Calabria, giravano con il nostro supporto e poi sparivano. Quindi ad oggi, se la produzione, nel momento in cui fa richiesta di sostegno della Film Commission, ha già un contratto di distribuzione, parte avvantaggiata. Gestiamo dei soldi pubblici, possiamo ricevere domanda di sostegno dalla produzione del film più bello del mondo, ma se non c’è una certa solidità dietro non ne teniamo neanche conto. Altri criteri cui prestiamo attenzione sono il cast e la valorizzazione del territorio».
Quali sono le modalità di finanziamento diretto?
«Detto che il contributo della Film Commission può arrivare massimo a 100.000 euro, la modalità è la stipulazione di un contratto con le produzioni: tutto quello che avviene subito dopo l’approvazione della domanda, è ammissibile al finanziamento».
Dalla data della vostra fondazione ad oggi, quanti lungometraggi, documentari e cortometraggi avete sostenuto anno per anno?
«Dal 2007 al 2013 abbiamo sostenuto 4 eventi e circa 20 produzioni. Tra queste possiamo ricordare Vorrei vederti ballare di Nicola Deorsola, Corpo celeste di Alice Rohrwacher, Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, il documentario di Francesco Scavelli Sulle rotte dei convogli, il cortometraggio di Vittorio De Seta Articolo 23 (parte del film collettivo All Human Rights for All), L’uomo gallo di Dario D’Ambrosi, La zia d’America di Maurizio Paparazzo, il cortometraggio in 3D di Wim Wenders Il volo, Ti ho cercata in tutti i necrologi di Giancarlo Giannini (uscito nelle sale italiane il 30 maggio scorso), Aspromonte di Hedy Krissane, Fiabeschi torna a casa di Max Mazzotta, la sit-com La famiglia Gionni, The Missing Paper di Renzo Martinelli, La moglie del sarto di Massimo Scaglione, Il Sud o niente di Fabio Mollo, Mezza luna piena di Giovanni Cacioppo e Ferramonti – Il campo nella palude di Salvatore Lo Piano, ricostruzione della storia del più grande campo di concentramento allestito in Italia, quello di Ferramonti di Tarsia, nel Cosentino».
La vostra Film Commission promuove anche la distribuzione locale?
«È un obiettivo che vogliamo raggiungere. Al momento non lo possiamo fare anche perché non è nella mission dell’ente. D’altronde la distribuzione è la nota dolente del nostro mondo. Personalmente la cosa mi fa arrabbiare molto poiché da noi purtroppo le piccole produzioni e distribuzioni, soprattutto d’autore, non riescono ad avere spazio perché il mercato è difficile con le grandi major che occupano le sale. Su quest’aspetto stiamo lavorando, per avere almeno qualche cinema in Calabria dover poter garantire un certo tipo di uscite».
I responsabili e gli addetti della Film Commission possono contemporaneamente ricoprire altri ruoli o per statuto durante il mandato non possono farlo?
«No, non è mai successo. Assolutamente. Qualcosa di simile è un’anomalia da abbattere e per fortuna non abbiamo mai riscontrato casi del genere nel nostro campo. Il nostro Presidente, Gianluca Curti, che è un produttore della Minerva, non si sognerebbe mai di presentare un progetto della sua società. Neanche di co-produzione. Non è assolutamente nei nostri canoni. È chiaro poi che, personalmente, lavorando come production manager, se mi dovessero chiamare, che so, dalla Campania, potrei accettare. Ma non lo farei mai per un progetto che riguardi la Calabria e/o la Film Commission».
La vostra Film Commission per statuto può anche co-produrre film?
«No, la Film Commission non produce mai per statuto. Non può produrre perché è una partecipata della Regione Calabria. È come se un Ministero o una Regione costruissero un palazzo. La Film Commission co-finanzia quando ci sono altri enti (la Regione per esempio), sostiene finanziando quando agisce da sola».
Che budget annuale avete a disposizione?
«Fino al 2010 abbiamo avuto un budget di 1.500.000 euro. Nel 2011 è stato di circa 500.000 (300.000 per il finanziamento alle opere, il resto per la gestione della struttura), nel 2012 invece di circa 600.000, di cui circa 500.000 andati in eventi e finanziamento di progetti ed il resto nella struttura».
La burocrazia comunale e regionale è davvero il grande punto dolente del sistema cinema italiano?
«Direi di sì. In Calabria tuttavia devo ammettere che siamo un po’ avvantaggiati perché viviamo questo aspetto come una favola: quando arriva la troupe in città, il cinema esercita ancora un antico fascino. Qui da noi i problemi burocratici non sono un handicap come in città quali Roma o Milano. A differenza degli eventi che organizziamo (la nostra FC si occupa anche di festival, incontri, dibattiti) dove magari c’è qualche difficoltà in più, per il cinema gli assessorati e i tecnici ti aprono tranquillamente le porte. Ma ripeto, è qualcosa di soggettivo, legato al territorio. I problemi sono ben altri, e mi riferisco al taglio netto ai finanziamenti».
Quali sono gli obiettivi e i progetti per il 2013 della Calabria Film Commission?
«L’obiettivo principale è continuare in quello che abbiamo fatto fino ad oggi. Abbiamo sostenuto diverse produzioni e cercheremo di continuare a farlo sperando arrivino i fondi necessari. Senza finanziamenti saremmo limitati ad un mero lavoro di ordinaria amministrazione. In questo 2013 stiamo combattendo: in un periodo di spending review, ci sono enti abbastanza inutili, da oltre 7000 dipendenti, che non fanno nulla, e la scure si abbatte su di noi, che costiamo meno di un dirigente regionale. In più, tutto quello che noi facciamo ricade sul territorio tra maestranze, professionalità, alberghi, ristoranti. Però la politica certe volte sembra vivere su un altro pianeta. In ogni caso, speriamo di continuare a raccontare la Calabria attraverso le belle storie che il cinema sa narrare».