E’ indubbio che il male principale della Giustizia italiana sia la lentezza. Processi che durano decenni e scarsa o nulla certezza della pena, sono le cause non solo della diffidenza degli stranieri nell’investire in Italia, ma anche e soprattutto della scarsa fiducia dei cittadini nello Stato e nelle sue Istituzioni.
Scrive giustamente Michele Serra nella sua “Amaca” su “Repubblica” di venerdì 20 giugno, che ormai, dato il tempo trascorso, sentir ancora parlare del processo a Berlusconi è come sentir parlare del processo all’altro Silvio, il Pellico. Le questioni di Ruby, della corruzione dei giudici o della compravendita di voti, suonano ormai antiche, quasi stantie. E probabilmente, data l’età dell’imputato, qualora si dovesse arrivare a sentenza, non avrebbe il tempo materiale per scontare la pena. Con il conseguente calo di fiducia nella giustizia da parte dei cittadini onesti e, per contro, una sempre maggiore coscienza di impunità da parte di quelli disonesti. Come risolvere il problema?
Ci viene in aiuto il libro di una giornalista americana, Mary Roach, pubblicato in Italia da Einaudi, dal titolo: “Stecchiti – Le vite curiose dei cadaveri”. Nel volume, ben documentato ma al contempo scritto con brillante e distaccata ironia, si racconta cosa avviene di quei corpi che i proprietari, prima di morire, hanno donato alla scienza. E non mancano applicazioni tanto macabre quanto fantasiose. Un cadavere, infatti, può scegliere di soggiornare per un periodo presso la Body Farm di Alcoa Hwy, dove polizia scientifica e medicina legale studiano la decomposizione di corpi lasciati all’aperto in preda alle più diverse condizioni atmosferiche, onde poter meglio stabilire, nelle indagini, data e ora del decesso. Oppure si può partecipare, sempre da morti naturalmente, ai Crash Test per aiutare le case automobilistiche ad aumentare la sicurezza dei veicoli. E naturalmente sono infiniti gli utilizzi di un cadavere nel campo della ricerca medica. Ora, la maggior parte di queste cose, in Italia sono vietate perché considerate vilipendio di cadavere. Insomma non si può donare il proprio corpo alla scienza. Ma basterebbe una piccola legge per obbligare i condannati a farlo. Pensate a Berlusconi. Niente servizi sociali e niente carcere. Ma dopo morto il suo cadavere dovrà essere messo a disposizione. Pensate quanti giovani aspiranti chirurghi estetici potrebbero esercitarsi sul suo faccione mummificato o quanto potrebbe progredire la tecnica del trapianto dei capelli o l’urologia. Insomma chi nella vita ha commesso reati, pensando solo ad arricchire se stesso illecitamente, almeno dopo morto, sarà condannato ad essere utile alla comunità. Da stecchiti ci piacciono di più!