È un piccolo apparecchio a forma di cilindro e somiglia, per grandi linee ad un microfono. Potenzialmente rappresenta un terremoto per il mondo scientifico non solo italiano ma anche mondiale perché dimostrerebbe che l’elettromagnetismo produce degli effetti diretti sul corpo umano. Una vera e propria bomba che sgretolerebbe le teorie di quella parte della comunità scientifica mondiale (condivise anche dal nostro Istituto Superiore della Sanità) che sostiene che le onde elettromagnetiche (quelle prodotte per esempio dai telefonini cellulari) hanno solo degli effetti termici sull’uomo (ossia generano calore) e non producono effetti biologici statisticamente rilevanti.
Questo apparecchietto si chiama Bioscanner, costa circa 40mila euro, e attraverso l’emissione di onde elettromagnetiche, sarebbe in grado di rivelare precocemente, dopo una visita di soli due minuti, l’esistenza di tumori nel corpo umano. Una vera e propria rivoluzione nel mondo della salute perché permetterebbe di contrastare efficacemente uno dei principali mali del nostro tempo abbattendo notevolmente i costi del sistema sanitario nazionale. Nonostante tutto, questo strumento è uscito dal commercio nel 2008 e da allora non se ne sa più nulla.
Un’invenzione made in Italy
Il bioscanner è stato inventato quasi per caso negli anni Ottanta da Clarbruno Vedruccio (nella foto a lato), un fisico italiano che lavora negli Stati Uniti.
«Nel 1985 – ha raccontato più volte lo scienziato – stavo lavorando, per conto del Battaglione San Marco, alla realizzazione di una sonda per individuare le mine anti-uomo. Quel giorno avevo una gastrite pesante e mi sono accorto che appena mi avvicinavo alla sonda, spariva dallo schermo del computer collegato, la riga spettrale corrispondente ai 940 megahertz. Mi rendo conto in pochi minuti che qualcosa nel mio organismo che non era in buone condizioni in quel momento, stava interagendo con quella banda di frequenze».
Vedruccio aveva in pratica dimostrato in vivo quello che gli scienziati Hugo Fricke e Sterne Morse avevano intuito negli anni Venti: ossia, detta in parole povere, che i tessuti sani rimandano indietro le onde elettromagnetiche mentre quelli infiammati (o ancor di più quelli che presentano tumori) le assorbono facendo così sparire i segnali dai computer.
Sette anni dopo Vedruccio crea il primo prototipo di bioscanner. Un cilindro dotato di una fessura attraverso la quale fuoriescono onde elettromagnetiche capaci di interagire con il corpo umano e ricercare le cellule infiammate e tumorali.
Diagnosi precoci
La portata innovatrice di questo macchinario è incredibile perché permetterebbe la diagnosi dei tumori con larghissimo anticipo e con un abbattimento di costi significativo per il sistema sanitario nazionale dato dall’eliminazione degli accertamenti cosiddetti inutili.
«Nella mia esperienza – spiega l’urologo campano, Giuseppe Sepe, che utilizza dal 2004 il bioscanner di Vedruccio – ho constatato che con l’utilizzo del bioscanner riusciamo ad evitare ulteriori accertamenti, esclusi alla radice da questo primo esame, nel 45% dei casi».
Per avere la misura del risparmio potenziale per le casse della sanità ecco qualche dato.
Secondo una ricerca condotta dall’Airtum, l’associazione italiana registri tumori, nel nostro Paese sono sottoposti al rischio di contrarre uno qualsiasi dei tumori esistenti circa 35milioni di italiani (un uomo ogni due e una donna su tre) a fronte di una stima di diagnosi effettive di tumori che, per il 2012 è stata di 364mila casi.
Ipotizzando che, in via prudenziale, solo un terzo dei cittadini a rischio (quindi 10 milioni) si sottoponga annualmente ad accertamenti preventivi come biopsie, risonanze magnetiche ecografie per i quali possiamo prevedere un costo che va dai 200 ai 500 euro a prestazione, si potrebbe stimare (sempre a livello prudenziale) che, solo per questi tre tipi di esami, lo Stato spende in prevenzione non meno di 10 miliardi di euro annui.
Una somma che potrebbe essere drasticamente ridotta anche della metà con l’utilizzo del bioscanner.
I vantaggi dell’industrializzazione
L’Istituto Superiore della Sanità, all’inizio degli anni Duemila ha certificato l’attendibilità diagnostica di questo strumento, per il solo settore dell’urologia. La validazione ottenuta dà il via libera, nel 2004, alla Trim Prob spa – azienda costituita ad hoc dalla Galileo Avionica spa del gruppo di Finmeccanica – alla produzione della sonda. In poco tempo sono una cinquantina gli ospedali (su circa 2mila) che lo acquistano e molte sono le richieste che continuano ad arrivare.
Secondo il dottor Vedruccio accanto ai vantaggi economici legati al basso costo della macchina (circa 4omila euro) e ai notevoli risparmi ipotizzabili, «la sperimentazione avviata dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano – come ha precisato in un’intervista di un paio di anni fa pubblicata dal Giornale – per i tumori alle ovaie, ha dimostrato un indice di sensibilità del 91%, il che è particolarmente confortante, trattandosi di una neoplasia che non dà sintomi e in genere viene scoperta quando vi sono già le metastasi. Nello stesso istituto sono stati testati i tumori del retto: siamo sull’89% di attendibilità. Le prove per la tiroide e lo stomaco-duodeno, eseguite nelle Università di Catanzaro e Genova e nell’ospedale maggiore della Marina militare a Taranto, si sono rivelate esatte al 90% e in due casi al 100%. I tumori della vescica, testati all’ospedale Vito Fazi di Lecce, hanno restituito un dato sicuro nell’89,5% dei casi. Per la prostata e il seno siamo al 72%». I dati sono ancor più confortanti se si considera la fallibilità media degli strumenti diagnostici comunemente usati che per un ecografo, per esempio, si attesta al 45%.
Bioscanner ed elettrosmog
Nonostante tutti questi vantaggi, inspiegabilmente il “boom” del bioscanner si arena nel 2008 quando la Trim Prob spa viene posta in liquidazione e, più o meno contestualmente, l’Istituto Superiore della Sanità interrompe la certificazione dell’apparecchio per le rimanenti branche della medicina. Da allora il professor Vedruccio sostiene a proprie spese il costo della brevettazione che è di circa 15mila euro l’anno.
Uno stop improvviso su cui l’ex senatore Idv, Elio Lannutti, presidente di Adusbef, ha fatto un’interrogazione parlamentare agli allora ministri dell’Economia (Giulio Tremonti) e della Sanità (Ferruccio Fazio).
«Non ho mai avuto una risposta – spiega Lannutti –. Tutto è caduto nel nulla anche perché io non mi sono più ricandidato al Parlamento».
Sempre nel nulla è caduto anche l’esposto (di un anno prima) che il consigliere regionale trentino Claudio Civettini (Lega Nord) ha presentato alla procura della repubblica e alla corte dei conti di Trento per sollecitare la politica locale a usare questo strumento.
«Il problema di fondo – spiega il biofisico Livio Giuliani, portavoce dell’Icems (la commissiona internazionale per la sicurezza elettromagnetica) nonché dirigente di ricerca Ispesl, l’istituto per la prevenzione e sicurezza sul lavoro oggi assorbito dall’Inail – è che questo apparecchio mette in discussione una tesi di fondo fino ad oggi abbracciata da una parte significativa della comunità scientifica che fa capo all’Icnirp, la commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti auto-costituitasi in Germania». In pratica riconoscere la validità del principio su sui si basa il funzionamento il bioscanner significa ammettere che i campi elettromagnetici prodotti per esempio dai ripetitori radio e tv o dai telefonini cellulari, sono dei possibili cancerogeni.
Questa possibilità è oggi negata pubblicamente dall’Iss. Nel 2012, lo studio epidemiologico denominato Interphone sugli effetti dei cellulari sulla salute umane, condotto in Italia dall’Iss per conto dello Iarc (l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), e guidato dalla dottoressa Susanna Lagorio, afferma che “non è stato osservato alcun incremento nel rischio di glioma o meningioma legato allʼuso di telefoni cellulari”.
Ma la posizione dell’ente era diversa alla fine degli anni Novanta. «Nel 1997 – continua Giuliani – l’allora ministro alla sanità, Rosy Bindi, ordina un documento congiunto Ispesl e Iss sugli effetti dell’elettromagnetismo sull’uomo. Quel documento è stato sottoscritto da me, per l’Ispesl e da Giovanni Zapponi per l’Iss ma, per l’Iss hanno partecipato alla sua stesura anche Paolo Vecchia, che è stato poi presidente dell’Icnirp, Alessandro Vittorio Polichetti, primo ricercatore dell’ente e la stessa Susanna Lagorio».
Sulla base di quel documento il governo Prodi ha varato il decreto 381 del 1998 che per la prima volta fissa il limite di emissioni elettromagnetiche a 6 V/m, ossia 7 volte più basso di quello individuato dall’Icnirp.
«In pratica il governo riconosceva la pericolosità delle emissioni elettromagnetiche ed ammetteva che queste non producono solo effetti termici, calore, sul corpo umano. Su questo documento gli ex ministri alla sanità, Veronesi e Sirchia istituiscono una commissione che si pronuncia in modo negativa sul decreto ma di fatto l’Italia rimane comunque sulle sue posizioni». Per averlo fatto Giuliani ha subito ottenuto 6 procedimenti disciplinari di cui due promosse dall’ex ministro Veronesi, due da Sirchia e due dall’Inail.
Le strutture sanitarie col bioscanner
Anche se il bioscanner non è più in produzione alcuni ospedali lo usano ancora. Tra questi ci sono l’azienda ospedaliera Sant’Andrea e il policlinico Umberto I, a Roma, l’associazione salentina lotta contro il cancro di Lecce e l’ospedale Civile Masselli di San Severo a Foggia oltre che un consorzio campano di urologi facenti capo all’associazione dell’ospedalità a gestione privata. Infine, in Emilia-Romagna c’è l’Hesperia Hospital di Modena e, in Lombardia, il San Raffaele di Milano.
Per saperne di più:
Il link al blog del senatore Elio Lannutti dove è pubblicata l’interrogazione parlamentare
http://www.eliolannutti.it/2011/09/finmeccanica-cessazione-produzione-del-tim-prob/
In allegato:
ESPOSTO: TRIMPROB e mancata adozione Sistema Sanitario Trentino. Vantaggio o danno? del 5 luglio 2010
Esposto Trimprob – bioscanner del 5 luglio 2010