Ha fatto molto discutere in questi giorni del festival di Torino il regista inglese Ken Loach che ha rifiutato un premio a lui assegnato perché alcuni dei lavoratori nell’organizzazione del festival sono stati licenziati dopo essere stati, al solito, “esternalizzati” :
“Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio”.
Ken Loach fa parte degli “artisti impegnati” che completano la loro opera d’arte con la propria vita. La categoria sarebbe tanto indispensabile quanto è rara.
A titolo d’esempio contrario, alcuni giorni fa, Giuseppe Tornatore – che detesta le donne – ha malmenato la bravissima attrice Cristina Noci durante un turno di doppiaggio. Prima l’ha insultata, poi spintonata e fatta cadere a terra. Noci, rinunciando all’incarico ottenuto dopo regolare provino, ha denunciato il regista ai carabinieri. Anche se la sua denuncia resterà un importante precedente di ribellione da imitare ci sono buone probabilità che il grande pubblico andrà comunque a vedere i film di Tornatore. Comportamenti come quelli del regista siciliano generano indignazioni localizzate e temporanee e apportano invece un grande contributo al malessere generale per la dose di disprezzo che infondono. Ma ancora peggio, trapela il triste messaggio dell’incapacità degli artisti e degli intellettuali di incidere sul tessuto culturale che deve essere radicalmente rifondato (non riformato) se si vuole continuare a parlare di cultura in Italia e soprattutto se si vuole chiudere con la tragedia del berlusconismo.
In questo solco è significativa perciò la replica di Gianni Amelio che ha considerato la reazione del collega Loach “ massimalista, aristocratica e autolesionista”, dando solo nuove connotazioni al solito frasario berlusconiano che dà del “ radical chic” a chiunque. Il regista Paolo Sorrentino interrogato su Loach sembrava un ministro di Berlusconi (o un renziano rottamatore):
“esprimere solidarietà in quel modo significa appartenere a quelli che vivono la politica in un’altra maniera”.
Ma con che si fa la politica allora ?
In un’altra intervista Amelio, che giudica volgare la politica che per primo non vuole cambiare, ha continuato: “ Loach è autoreferenziale”. E per non sminuirsi si è compiaciuto di essere andato in un’ università occupata a Torino come gesto di azione rivoluzionaria. Ma siccome il Piemonte è afflitto da Cota, il governatore leghista ha chiesto le dimissioni del regista dal suo posto di direttore artistico del festival di Torino. “ Cota presto non sarà più un politico. Io continuerò a fare il regista” ha reagito Amelio rivelando così che la cultura è in fondo solo una questione personale tra chi si è conquistato una fetta di potere e la deve mantenere, e la politica che garantisce.
Per questo Ken Loach resterà l’unico ad aver messo in discussione con un gesto radicale un sistema culturale nella sua interezza generando realmente una crisi come emerge dalle reazioni dei colleghi che si trovano, da ora in poi, a doversi confrontare con questo imbarazzante precedente.
Sulla stessa linea del perpetuo berlusconismo criticato da una parte e coltivato dall’altra è la comunicazione PD firmata Simona Ercolani. Della incredibile spin voluta da Bersani sappiamo diverse cose. Ercolani è l’autrice di punta della peggiore tv di Berlusconi come del resto anche Giorgio Gori – spin di Renzi – è stato produttore di punta dell’ “osceno berlusconiano”. Firmate Ercolani, per la ditta Bassetti – marito di Stefania Craxi che ha ereditato non pochi privilegi nel settore tv grazie a Berlusconi – sono trasmissioni, ad esempio, come la “Pupa e il Secchione”. Un reality in cui delle donne scelte per la loro idiozia (vera o ostentata, poco importa: comunicata al pubblico di sicuro) e per le loro forme, dovevano, nel corso delle puntate, dimostrare di poter essere altro che meri oggetti per il consumo compulsivo maschile. La trasformazione da pezzi di carne a individui avveniva interagendo con partner goffi ma, ovviamente, “intellettuali” i quali a loro volta imparavano ad approfittare di tutta quella carne a disposizione. L’altro dettaglio è che molte di queste “pupe” sono anche le “olgettine” di Berlusconi, nonché le ossesse telefonatrici del povero ragionier Spinelli che reclamano l’obolo di prestazione per comprare scarpe a mille euro.
All’epoca della trasmissione, poiché il presidente Napolitano aveva appena raccomandato ai mezzi di comunicazione di rappresentare le donne nella loro molteplicità, Ercolani affermò che la “Pupa e il Secchione” andava tutta nel senso voluto dal presidente della Repubblica. Infatti, spiegava con il fare della futura spin del PD, “le donne potevano essere anche altro che solo oggetto”. Potevano infatti pensare. Ospiti fissi, urlatori come Sgarbi e Alba Parietti che rivediamo meno all’Isola dei Famosi o daVespa a parlare di donne invidiose, ma più a commentare il ballottaggio, urlando stavolta contro Aldo Busi.
Sempre per il marito di Stefania Craxi (per il cui papà Ercolani firmò nel’98 un agiografico approfondimento quando si trovava a Hammamet) e la tv di Berlusconi, Ercolani ha firmato “Mammoni”. Qui il matrimonio, unico tema previsto dalla tv italiana, ha trovato ampio respiro: delle suocere giudicano, a colpi di insulti, delle donne che ambirebbero sposare i loro figli. Sempre Ercolani per Berlusconi firma la produzione di “U Man take control”. Dei ragazzi rinchiusi in uno spazio vuoto dovevano ridiventare “umani” sottoponendosi alle ingiunzioni del pubblico che – inferocito da anni di disprezzo – comminava a sua volta punizioni senza ritegno. Così vedevamo dei giovani, stavolta non manganellati dalla polizia ma, in linea con le aspirazioni del berlusconismo, docilmente abbigliati con tutine di Teletubbies intenti ora a succhiare l’alluce del compagno di programma, mettersi il ciuccio, leccare delle scarpe, ruttare e mangiare con la bocca direttamente da delle ciotole poste sul corpo del collega.
Sempre interessante dettaglio nell’universo della spin del futuro PD che dovrebbe farci scordare Berlusconi (dimostrando ancora una volta di non averlo mai capito) è anche il marito della stessa, Fabrizio Rondolino. Ex spin di D’Alema, autore di un romanzetto semiporno compilato mentre aveva un incarico pubblico, poi autore del ben più pornografico Grande Fratello, e anche di un blog in cui, con grande impegno, ha insultato regolarmente magistrati e tradotto in italiano i desideri della destra che continuavano a rimanere grugniti comprensibili solo all’elettorato cresciuto con la televisione scritta da sua moglie Simome Ercolani. Una vertigine senza fine. Per questa dedizione si è conquistato ad honorem un ruolo di opinionista al Giornale. Anche se la cosa più insultante è che spesso è stato considerato un “intellettuale di sinistra” che stanco e deluso è emigrato nelle file della destra. Ragione per cui la candidata premier Daniela Santanché, fidanzata del direttore del Giornale per cui Rondolino scrive e di cui è padrone Berlusconi, l’ha subito assunto come suo di spin. Ed ecco allora che il consorte di Ercolani spin di Bersani e ex spin di D’Alema, lo ritroviamo aggressivo nelle “poltroncine della destra” nella trasmissione Agorà, litigare e insultare un giornalista del Fatto. Laddove i giorni seguenti, nelle “poltroncine della sinistra” invece ritroviamo sua moglie Simona Ercolani nuotare nei “cioè” e “come dire”.
E quindi, no, finché si spera che “ tanto nessuno se ne accorge” il berlusconismo, che è soprattutto una tragedia culturale, non è affatto finito.