All’indomani dalla pubblicazione delle pesanti motivazioni della condanna in Corte d’appello e di quelle per le quali la Cassazione ha deciso di non spostare i processi Ruby e Mediaset da Milano a Brescia, noi facciamo un passo indietro di quasi vent’anni e ci chiediamo se nel 1994 Berlusconi era eleggibile.

A dire il vero la questione è tornata alle cronache con la proposta del presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda che ha ripescato una legge del 1957 secondo la quale non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private che risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica (…).
La legge esiste ed è ancora in vigore. Ma perché la questione viene fuori solo adesso? O meglio, perché finora è stata ignorata?
La diatriba è venuta alla ribalta perché si è parlato di una eventuale nomina di Berlusconi a senatore a vita.
O forse perché, a voler essere un po’ più maligni (vi risparmio la famosa citazione di Andreotti) oggi Berlusconi è componente di un’Assemblea (Palazzo Madama) in cui la maggioranza in astratto avrebbe i numeri per farlo decadere dal seggio (anche se li aveva anche nel 1996 e nel 2006 in realtà, ma…).

La legge del 1957 e i precedenti
L’ineleggibilità ex articolo 10 del Dpr 361 del 1957 in realtà è una disposizione obsoleta, che ha un solo precedente nella storia della Repubblica: l’unico senatore ad essere giudicato per questa norma e decaduto è stato Graziano Verzotto, l’uomo dei misteri d’Italia, senatore Dc di Santa Giustina in Colle (Padova), morto a 87 anni nel 2010. Collaboratore di Enrico Mattei all’Eni ed ultima persona a salire sull’aereo con il presidente dell’Eni da Gela a Catania il 26 ottobre del 1962. Il giorno dopo Mattei ripartì per Milano ma a Bascapé in provincia di Pavia l’aereo cadde e non si seppe mai se per un guasto o per un sabotaggio. La teoria più diffusa attribuisce lo schianto ad un attentato orchestrato dalle grandi compagnie petrolifere (“sette sorelle”) disturbate dall’atteggiamento del presidente Eni.
A giugno del 2011 la Corte d’Assise di Palermo con una sentenza fiume (2200 pagine di motivazioni) sosteneva che Verzotto, ormai deceduto, avrebbe avuto un ruolo determinante nell’incidente aereo in cui Mattei il 27 ottobre ’62 perse la vita.

Ineleggibilità e incandidabilità
Il legislatore non ha mai studiato un ufficio pubblico di controllo pre-elettorale, ossia se una persona è eleggibile o meno lo si decide solo a posteriori, non lo si può stabilire prima. Questo perchè in epoca post-fascista in italia il legislatore non si è fidato ad escludere i competitori, lasciando la decisione a posteriori. In Parlamento a decidere di eleggibilità è appunto la Giunta per le elezioni, quindi un “giudice interno” e nessun giudice esterno può metterci bocca o penna (come al solito, ricordate la questione autodichia?). Può essere eletto chi ha i requisiti di età, chi non è interdetto e chi ha tutti i requisiti stabiliti appunto dal Testo Unico per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Di incandidabilità invece si è iniziato a parlare nel 1990 con la legge Antimafia voluta da Giulio Andreotti ma solo per regioni, province e comuni. Nel 2012 (e solo nel 2012!) il decreto Monti ha esteso le norme sulla incandidabilità al Parlament: non sono candidabili i condannati solo in via definitiva per reati gravi come mafia, terrorismo, tratta di persone, corruzione, concussione, peculato, falso in atto pubblico, voto di scambio, reati fiscali, fallimentari, furto, rapina, truffa, riciclaggio, usura, abusivismo). L’esecutivo però non ha mai fatto una lista chiara dei reati “chiamati in causa”, indicando solo le condanne.
Ma attenzione: anche l’incandidabilità viene decisa a posteriori, attraverso procedura di decadenza decretata dalla Giunta e dall’Aula della Camera di appartenenza. Ancora una volta torna il “giudice interno”.
In estrema sintesi, non é candidabile chi é stato condannato in dediti inibiva per reati gravi, non é eleggibile chi, pur non essendo mai stato condannato neanche in primo grado, non ha i requisiti di età o é incompatibile per le disposizioni del TU.
Attenzione peró, perché tutto questo vale per il Parlamento ma non per le cariche di Presidente del Consiglio o ministro della Repubblica. Per questi casi servirebbe una legge sul conflitto di interessi. 

Vent’anni di ineleggibilità
Silvio Berlusconi viene eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati dopo le elezioni del 27 e 28 marzo 1994 (vinte) e della sua eleggibilità viene subito investita la Giunta per le elezioni della Camera.
Una investitura che la Giunta avrà di nuovo anche nel 1996 (elezioni perse) ma in entrambi i casi il passaggio “in proprio” dell’articolo 10 Dpr 361/1957 viene interpretato come in nome proprio, ossia Berlusconi era eleggibile perché non era lui personalmente (di persona personalmente direbbe Catarella di Montalbano) titolare di concessioni televisive. Lo stesso motivo per il quale Confalonieri invece lo sarebbe.
Questioni di lana caprina non solo per noi poveri comuni mortali, perché anche il presidente emerito della Corte Costituzionale, Ettore Gallo si è più di una volta detto contrario a questa interpretazione. “Ciò che conta – ha dichiarato Gallo – è la concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei rapporti con lo Stato”. Che è lo stesso concetto espresso nelle motivazioni della sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Milano giovedì 22 maggio. De resto la legge Mammì del 1990 sul sistema radiotelevisivo afferma che “qualora i concessionari privati siano costituiti in forma di società per azioni, la maggioranza delle azioni aventi diritto di voto e delle quote devono essere intestate a persone fisiche, o a società purché siano comunque individuabili le persone fisiche che detengono o controllano le azioni aventi diritto al voto”.
La decisione della Camera è stata portata anche all’attenzione della Corte europea dei diritti che nel 1998 ha dichiarato inammissibile il ricorso perché il diritto elettorale non sarebbe diritto civile tutelato dall’articolo 6 Cedu.

La vicenda Cecchi Gori
Ma la locuzione “in proprio” è stata utilizzata anche da Palazzo Madama. Nel 1998, infatti, per lo stesso concetto che in proprio significherebbe in nome proprio e quindi permetta l’eleggibilità dell’imprenditore individuale, il Senato ha dichiarato eleggibile Vittorio Cecchi Gori, all’epoca proprietario di TeleMontecarlo.

Oggi la questione è sempre più politica
Purtroppo, come sempre, si ritorna al punto di partenza. La questione è sempre politica, applicare la legge sarebbe troppo facile, se non ci fossero sfumature ed interpretazioni. La realtà è che essendo l’ineleggibilità soggetta a controllo interno (lo fanno gli stessi parlamentari) il tutto si riduce nei numeri tra maggioranza e opposizione (e adesso è pure difficile capire cosa è maggioranza e cosa è opposizione).
Ecco perché c’è molta attenzione rispetto all’elezione del presidente della Giunta per le elezioni, ecco perché in definitiva è tornata alla ribalta la questione Berlusconi. Qualcuno ha sudborato che adesso potrebbero esserci i numeri per dichiararlo ineleggibile. Ma il dubbio rimarrebbe sempre quello: si tratterebbe di una decisione secondo giustizia o secondo convenienze, amicizie e soprattutto pressioni del momento?
Sempre che non arrivi prima la conferma da parte della Cassazione della condanna a cinque anni, compresa l’interdizione dai pubblici uffici. In questo caso il diretto interessato continuerebbe a sostenere che i giudici lo hanno voluto annientare politicamente.
Non resta quindi che girare il quesito agli elettori: chi si reca alle urne dovrebbe riflettere sul fatto che una legge sulla ineleggibilità esiste, ma allora quanti potrebbero essere eletti?

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