Il Natale 2012 verrà probabilmente ricordato come uno dei più “magri” di sempre, ma nonostante la crisi e i bassi consumi c’è un settore che non conosce pause, nemmeno durante le feste: la politica. Dopo lo scioglimento delle Camere, la campagna elettorale è entrata nel vivo e, fra un pandoro e un cenone, non sono mancati i colpi di scena in vista delle prossime elezioni politiche.
Se molti aspettavano la conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio uscente, per conoscere il futuro politico di Mario Monti, l’attesa è durata qualche giorno in più contribuendo ad aumentare la suspence. Durante l’incontro con la stampa, domenica 23 dicembre, Monti ha annunciato che il suo nome non comparirà sulla scheda elettorale non potendo, in quanto senatore a vita, partecipare alla competizione elettorale. Tuttavia, dopo aver presentato i punti salienti della sua proposta politica (http://www.agenda-monti.it/wp-content/uploads/2012/12/UnAgenda-per-un-impegno-comune-di-Mario-Monti.pdf), si è dichiarato “pronto, se il Parlamento lo chiedesse, a fare da guida alle forze interessate a seguire la mia agenda”. La conferma definitiva dell’impegno del Professore nella prossima campagna elettorale è arrivata via Twitter la sera di Natale, alle 23.31, con un messaggio sul popolare social network : “Insieme abbiamo salvato l’Italia dal disastro. Ora va rinnovata la politica. Lamentarsi non serve, spendersi si. Saliamo in politica!”.
Il tweet di Natale
Così il tweet presidenziale è finito sotto la lente di ingrandimento dei media di ogni ordine e grado, che non hanno lesinato critiche sia nella forma (il “si” non accentato) sia nella sostanza in merito alla poca chiarezza del Professore circa le sue intenzioni politiche. In effetti, nonostante la considerevole esposizione mediatica di Monti negli ultimi giorni, ancora non conosciamo con certezza le modalità con cui il Professore metterà in atto il suo rinnovato impegno politico. Il messaggio su Twitter, tuttavia, rappresenta già una piccola ma significativa rivoluzione. È evidente che sia la scelta del mezzo a cui affidare il messaggio, sia le parole scelte da Monti per annunciare l’entrata nell’agone politico, non sono affatto casuali. La volontà è quella di differenziarsi il più possibile dal suo predecessore: Silvio Berlusconi. Il messaggio su Twitter di Monti, lapidario e sintetico, esprime l’inderogabilità della decisione contro la politica degli annunci subito smentiti a cui ci ha abituato il Cavaliere negli ultimi anni. Come a dire “verba volant, scripta manent”.
La nuovo linguaggio di Monti
Ma è soprattutto la scelta delle parole a destare maggiore attenzione rimarcando con forza la totale differenza dalla famosa “discesa in campo” di Berlusconi, annunciata per la prima volta nel ’94 e da allora più volte riproposta fino a oggi. Monti non “scende” bensì “sale in politica”. La differenza è notevole: da una parte c’è il linguaggio calcistico del vecchio patron del Milan che “scende in campo” dall’altra la dialettica del Professore che “sale in politica”. Monti sembra proporre un’idea di politica “alta” a cui bisogna “ascendere” e non un campo, troppo spesso fangoso, in cui è necessario “discendere” turandosi il naso. Qualcosa di superiore agli interessi privati, della società civile e dei suoi contrasti endemici. Contrasti e interessi privatistici che nel ventennio berlusconiano hanno finito per paralizzare la società italiana. La reazione di Berlusconi non si è fatta attendere: “Lui dice che “sale in politica” , ha ragione: aveva un rango inferiore a quello di Presidente del consiglio. Io ho detto “sceso in campo” perché avevo un rango superiore, e quindi è giusto: questo è il linguaggio.” Quale fosse il rango superiore di Berlusconi prima della premiership non è facile intuirlo: l’imprenditore televisivo, il costruttore di case o forse il suonatore da crociera?
I limiti del linguaggio e i limiti del nostro mondo
La diatriba fra il Professore e il Tycoon della tv nostrana dimostra un fatto per niente scontato: Monti riesce combattere Berlusconi sul suo stesso terreno di gioco ovvero la comunicazione e la costruzione di un nuovo lessico. Se tanta attenzione al linguaggio della politica può sembrare un vezzo abbastanza superficiale, in un momento di forte difficoltà economica del Paese, bisogna tener presente che proprio attraverso l’imposizione di un nuovo linguaggio, semplificato e “spettacolarizzato” , Berlusconi è riuscito, negli ultimi 20 anni, a ridisegnare significati e schemi dell’identità nazionale, colonizzando la sfera del “simbolico” e portandoci qui dove oggi ci ritroviamo. Ovvero in un mare di guai. Il “berlusconismo” non è stato affatto un “regime”, come alcuni hanno voluto considerarlo, ma una rivoluzione (sub?)culturale che si è imposta alla parte maggioritaria della società italiana. Attraverso il linguaggio semplificato del marketing siamo approdati ad una realtà televisiva dove non esistono verità storiche e ogni affermazione vale nell’attimo in cui viene pronunciata, per poi essere smentita nella trasmissione successiva. La scelta delle parole è dunque, fondamentale per definire i concetti che guidano l’agire politico e, di conseguenza, l’intera società. Non è un caso che anche l’Osservatore Romano abbia sottolineato l’importante discontinuità fra il linguaggio berlusconiano e il nuovo lessico montiano: “L’espressione ‘”salire in politica”, usata da Monti è “l’espressione di un appello a recuperare il senso più alto e più nobile della politica che è pur sempre, anche etimologicamente, cura del bene comune”, scrive il quotidiano dei vescovi. Se per dirla con Wittgenstein “ limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, il “mondo” dell’italiano medio era diventato in questi anni decisamente troppo angusto. L’uscita di Monti prova almeno ad allargare un po’ l’orizzonte.
La fine della seconda Repubblica ha segnato la conclusone non soltanto di un sistema di potere, ma di un vero e proprio “sistema simbolico” e di un linguaggio specifico. Il linguaggio del “fare” berlusconiano, che perde ogni debito di verità nei confronti del fatto per farsi esso stesso azione in cui conta solo il risultato e passano in secondo piano argomentazioni logiche e giustificazioni razionali. Il linguaggio del “ghe pensi mi”. L’abilità comunicativa di Berlusconi è fuori di dubbio e la capacità di diffondere il suo linguaggio nella società, attraverso le televisioni, è stata determinante. Nel frattempo in questi anni la sinistra ha arrancato incapace di tenere testa al grande comunicatore. Invece di tentare di battere l’avversario sul suo stesso terreno di gioco, il linguaggio, ha tentato improbabili reprimende moralizzanti. Ma l’Italia, si sa, non è l’America e la separazione fra etica e politica per noi è una conquista, fin dai tempi di Macchiavelli.
Berlusconi contro Monti
Oggi, mentre impazza su tutte le tv nazionali, Berlusconi ripropone il copione del politico imbonitore e populista per colpire l’elettore e conquistare consenso al di là di qualsiasi considerazione politica o di programma. Sul fronte opposto della campagna elettorale 2012/2013 c’è Mario Monti con il suo argomentare ragionato e lento, opposto a quello del suo antagonista di Arcore. Se a prima vista il Professore può apparire meno efficace e più noioso, dal punto di vista della comunicazione, riesce invece a far passare l’idea di essere uno che pesa le parole e riflette su ciò che dice. Un premier insomma che prende sul serio il suo lavoro e il suo ruolo istituzionale ma anche un politico raffinato, capace di stare al gioco retorico del suo avversario. A seguito dei ripetuti attacchi del Cavaliere al suo governo e alla sua persona, il Professore non si è scomposto lanciandosi in un’inutile delegittimazione dell’avversario, ma ha snocciolato un’acuta ironia: “Sento il dovere di dire una parola di gratitudine e al tempo stesso di sbigottimento nei confronti del mio predecessore a Palazzo Chigi”, per poi mostrare praticamente tutta l’incoerenza del leader del Pdl: “faccio fatica a seguire la linearità del pensiero di Berlusconi”. Come si sa il pensiero di Berlusconi non è affatto lineare, soprattutto negli ultimi tempi.
Una rivoluzione linguistica e simbolica rappresenta un risultato nient’affatto trascurabile e c’è da sperare che la “salita in politica” di Monti, sia realmente capace di ispirarsi a valori più alti. L’unico dubbio che resta da sciogliere riguarda gli interessi superiori verso cui Monti si propone di iniziare la sua ormai famosa “salita”: saranno gli interessi delle banche e degli apparati burocratici europei così come li abbiamo conosciuti in questi anni oppure gli interessi superiori degli italiani e dei popoli europei a guidare il Professore nella sua avventura politica? Chi vivrà vedrà.