Roma. 7 mar – Ormai ad essere a rischio sopravvivenza sono 3/4 dei coralli del Pianeta, sottoposti ad una pressione a livello locale e globale. È quanto emerge da una nuova analisi, che per la prima volta include anche le minacce dei cambiamenti climatici, dal riscaldamento delle acque marine all’acidificazione degli oceani.
Il rapporto mostra che le pressioni locali, come eccesso di pesca, sviluppo costiero e inquinamento, sono i fattori di rischio immediato, che minacciano oggi oltre il 60% delle barriere coralline. Indica anche i 27 Paesi più vulnerabili dal punto di vista economico e sociale a causa del degrado o della perdita dei coralli. Si tratta di Haiti, Grenada, Filippine, Comore, Vanuatu, Tanzania, Kiribati, Fiji e Indonesia.
L’analisi, la più dettagliata mai condotta sull’argomento, è stata pubblicata dal World Resources Institute, insieme a Nature Conservancy, il WorldFish Center, l’International Coral Teef Action Network, Global Reef Monitoring Network e il Wordl Conservation Monitoring Centre del Programma Onu per l’Ambiente (Unep), con una rete di oltre 25 organizzazioni.
”Questo rapporto – afferma Jane Lubchenco, amministratore del Noaa – serve da campanello d’allarme per i politici, i leader delle imprese, i gestori delle aree marine e altri, sull’urgente bisogno di una maggiore protezione delle barriere coralline”. Secondo la nuova analisi, se abbandonati a sé stessi, oltre il 90% dei coralli saranno minacciati entro il 2030 e quasi tutti saranno a rischio entro il 2050.
”Le barriere coralline – aggiunge Lauretta Burke, esperta del World Resources Institute e fra gli autori dello studio – rappresentano una risorsa di valore per milioni di persone nel mondo. A dispetto della situazione, c’è comunque speranza. I coralli sono resistenti e riducendo la pressione locale possiamo guadagnare tempo prima di trovare una soluzione globale per conservarli per le future generazioni”. Secondo il rapporto, oltre 275 milioni di persone vivono nelle immediate vicinanze delle barriere coralline (entro 30 km) e in oltre 100 paesi e territori, le barriere coralline proteggono 150mila km di costa, aiutando a difendere le comunità locali da tempeste ed erosione del territorio.
”Dobbiamo impiegare le conoscenze che abbiamo – spiega Mark Spalding, di Nature Conservancy e fra gli autori dello studio – per puntellare le aree marine protette esistenti, ma anche per creare nuovi siti dove le minacce sono maggiori, come nel cuore di Caraibi, Sudest asiatico, Africa orientale e Medio Oriente, tutte aree molto popolate”.
Rapporto World Resources Institute