Eccoci in Mesopotamia, nella terra tra il Tigri e l’Eufrate…
Le dita dello scriba si muovevano agili sulla tavoletta d’argilla e la riempivano rapidamente di caratteri cuneiformi mentre il suo signore, Asharidu,. dettava: “Mese di Nisam, notte del 14° giorno.
Il figlio di Shuma-usur, figlio di Shuma-iddina, discendente di Deke, è nato. In quel momento Sin era sotto il Corno dello Scorpione. Marduk nelle Code, Ishtar nel Toro, Ninurtu in Cancro. Nergal in Gemelli, Nabu era ancora invisibile…”. Asharidu, il sacerdote, parlava con la sua voce aspra e un po’ stanca, riferendo i risultati della sua osservazione notturna del cielo di Babilonia. Ormai cominciava ad invecchiare; ma, in fondo, la stesura di un tema astrologico individuale era preferibile alla noia opprimente che lo invadeva durante la compilazione degli almanacchi: i lunghissimi elenchi del sorgere e del tramontare dei pianeti in ogni giorno dell’anno lo sfibravano e lo infastidivano sempre più. D’altra parte, erano generazioni e generazioni che i membri della sua famiglia, prima a Ninive, poi a Babilonia, scrutavano nel cielo i movimenti degli “dei con il lume”. Ed era anche preferibile, tutto sommato, avere a che fare con i cataloghi stellari (e con la pigrizia dello scriba che era stato costretto ad assumere da quando le sue mani non rispondevano più come un tempo) piuttosto che con le interiora degli agnelli, dalle cui viscere si potevano trarre auspici…
Le parole che abbiamo posto in bocca ad Asharidu sono quelle di un testo cuneiforme databile al 410 a.C. Le Code sono i Pesci ed il Corno dello Scorprione è uno dei piatti della Bilancia. Quanto al nome dei pianeti, Sin è la Luna, Marduk è stato identificato con Giove, Ishtar è Venere, Nergal è Marte, in Nabu si individua Mercurio, Ninurtu è Saturno. Manca Shamash, il Sole.
Ma torniamo nella casa di Asharidu…
“Al mio corpo non ti devi avvicinare, non mi devi precedere, non mi devi seguire; dove io sono non ti devi sedere, nella mia casa non devi entrare, nel mio tetto non devi albergare, sull’orma dei miei passi i tioi piedi non devi posare; dove io vado non devi andare, dove io entro non devi entrare”. Recitata questa vecchia formula dello scongiuro contro l’Ashakku (demone) del mal di testa, il sacerdote si mise al lavoro incidendo faticosamentre, quata volta da solo, la tavoletta con lo stilo.
“Mese di Aiar:
primo giorno: favorevole;
sesto: si prenda moglie e il cuore sarà contento:
ottavo: un personaggio importante sarà favorevole;…
decimo: il dio nella via sarà favorevole…;
sedicesimo: gioia del cuore;
diciottesimo: si prepari il grano per il trasporto…
ventesimo: si uccida un serpente e si giungerà in primo rango
ventottersimo: arrivano notizie;
trentesimo: interamente favorevole.
Totale: nove giorni favorevoli nel mese di Aiar”.
Colonne e colonne di piccoli cunei venivano allineandosi; ma la mente di Asharidu prese a vagare lontano, lungo le Tre Strade, fissate dai suoi avi circa trecento anni prima: la Strada di Anu, dio del cielo, che sta sopra il Polo, dove le stelle non smettono mai di girare; la Strada di Enlil, dio dell’aria, che i Greci – Asharidu non lo sapeva – avrebbero chiamato Zodiaco; la Strada di Ea, dio dell’abisso, giù nell’azzurro oceano. La sua ambizione, l’opera per cui gli sarebbe piaciuto essere ricordato, era la compilazione di una tavola che contenesse le costellazioni sulla via di Sin, il dio della Luna, che tanti e tanti anni prima i Shumer, i coltivatori della terra, chiamavano Nanna. Quella di Sin, in effetti, era una Quarta Strada e non corrispondeva perfettamente con quella di Shamash, il Sole, durante il corso dell’anno. Oltre al Toro di Anu (Toro), ai Grandi Gemelli (Gemelli). Ad Al-Lul (Procione o Cancro), al Leone (Leone), al Solco o Spiga (Vergine), ai Corni dello Sorpione (Bilancia), allo Scorpione (Scorpione), all’Arciere (Sagittario), al Pesce-Capra (Capricorno), al Gigante o Grande Stella (Acquario), alle Code (Pesci), al Mercenario (Ariete), Sin attraversava altre stazioni. Già Asharidu aveva individuato la Spazzola per capelli (Pleiadi), il Vero Pastoredi Anu (Orione), il Vecchio (Perseo), il Falcetto (l’Auriga). Ma c’era ancora tanto da fare. Il tempo che gli restava da vivere non era molto, e buona parte di esso non doveva perderlo con oroscopi e presagi giornalieri… Asharidu, fantasticando sulla Strada di Sin, si addormentò. Lo stilo e la tavoletta, scivolatigli dalle mani, caddero sul pavimento. Ma non fecero molto rumore.