La riforma forense non avrà alcuna positiva incidenza sulla principale causa della crisi dell’avvocatura: l’affollamento spropositato degli albi con più di 240 mila avvocati. Secondo l’Associazione nazionale avvocati italiani, sul punto la riforma forense è debole e di nessuna efficacia.
“Il nostro Paese è caratterizzato da un tessuto universitario contraddittorio ed opaco – denuncia il presidente Anai Maurizio De Tilla – esistono facoltà universitarie che, nonostante offrano forti possibilità di impiego dopo la laurea, non hanno iscritti o ne hanno pochi; altre, invece, che hanno adottato il numero chiuso, in quanto il mercato del lavoro non è in grado di assorbire tanti laureati e, quindi, tanti professionisti per quella disciplina; e, infine, altre ancora che hanno iscrizioni illimitate e sbocchi lavorativi contenuti. I laureati in giurisprudenza rientrano in tale ultima categoria per cui va introdotto il numero chiuso o programmato nell’università”.
“In Francia dopo la laurea – spiega ancora il presidente Anai- è previsto un corso annuale integrativo che indirizza verso la professione di avvocato e prepara, quindi, i neolaureati ad entrare, con un rigoroso esame di accesso, nella scuola di formazione forense gestita dall’avvocatura francese. Vi entrano dai 2 mila ai 3 mila laureati all’anno. La Francia ha un numero di abitanti simile al nostro, ma conta poco più di 45 mila iscritti all’albo degli avvocati e ha ottenuto siffatta selezione partendo proprio dall’università e dall’accesso alle scuole di formazione”.
“Le rappresentanze politiche e associative dell’Avvocatura – conclude de Tilla – hanno da tempo chiesto alla politica e al Ministro Paola Severino di varare una legge che disciplini l’accesso alla professione di avvocato. Non è più tollerabile che vi sia nell’albo forense il 40 per cento di disoccupati intellettuali e un precariato determinato dalle Università che consentono l’ingresso indiscriminato alimentando aspettative che vengono sistematicamente deluse. Siamo davanti ad un “precariato” professionale che è sottratto, con artificio, dalle statistiche che riguardano la disoccupazione generale, in quanto si ritiene, a torto, che chi è iscritto all’albo forense sia una persona che sicuramente lavora.
In conclusione il numero chiuso all’università o programmato dall’università è fondamentale per risolvere il problema del sovraffollamento degli albi forensi”.