Nel panorama forense italiano le acque si fanno sempre più agitate e la politica, da un lato promette la riforma dell’ordinamento ferma da tempo, dall’altro raggiunge faticosamente accordi sulla corruzione lasciando ancora molto aperto il discorso della responsabilità civile dei magistrati.
Anche gli ultras della giustizia fanno paura. Sarà una settimana particolarmente calda sul fronte avvocatura quella che si è aperta giovedì 15 marzo con il primo di sette giorni di sciopero che si concluderanno a Milano il Congresso straordinario forense e già qualcuno dice che non era il caso di convocarlo visti gli animi particolarmente accesi.
Giovedì scorso, la prima giornata è stata aperta dalla “marcia sulla Cassazione” di circa duemila avvocati con manifesti nastrati a lutto per la morte della giustizia portati al grido di “Vergogna” (più qualche conto di matematica che indicava in 250 mila legali circa un milioni di voti elettorali).
Le toghe protestano contro la chiusura dei tribunali, delle sedi distaccate e degli uffici dei giudici di pace, contro l’abolizione delle tariffe professionali e la presenza di soci di capitale negli studi professionali, tutte norme contenute nel decreto liberalizzazioni. A questi temi si aggiunge anche il mancato slittamento dell’obbligatorietà della madiaconciliazione per incidenti e condomini che di fatto toglierà ai legali molto spazio. Una protesta, appunto, che culminerà il 23 e il 24 marzo con il congresso di Milano. Non solo.
Il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio de Tilla, da sempre il più attivo in questa fase di agitazioni e proteste, ha promesso che l’avvocatura farà «come Gandhi, marceremo in tutto il Paese contro la rottamazione della giustizia, le liberalizzazioni selvagge e l’attacco alla Costituzione e ai diritti dei cittadini». E così via, si andrà avanti con una nuova manifestazione, una marcia pacifica perché secondo De Tilla «i cittadini stanno con noi, è una battaglia da fare anche per loro, per avere avvocati eticamente sostenuti e non affamati: pensare che siamo una casta è una menzogna, la casta vera è quella che ci governa».
Poco più in là, presso il complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, aprendo i lavori del VII Congresso di aggiornamento giuridico-forense, il presidente del Cnf Guido Alpa dichiarava che per uscire dalla crisi non serve comprimere i diritti e il livello di democrazia.
Nello stesso consesso i politici intervenuti, dal capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri all’esponente dell’Idv Luigi Li Gotti, passando per il presidente della commissione Giustizia a Palazzo Madama, Filippo Berselli, si sono detti disponibili ad approvare in tempi rapidi la riforma dell’ordinamento forense ferma in commissione Giustizia della Camera da mesi. L’esame, hanno assicurato, riprenderà non appena il decreto liberalizzazioni verrà approvato definitivamente.
Liberalizzazioni e semplificazione, due decreti che però non dovranno essere toccati, almeno secondo quanto stabilito dall’accordo uscito dall’altra parte del Tevere, sempre nella serata di giovedì.
Gli accordi del governo
Mentre si parlava di pagina storica dell’avvocatura e di unità del mondo forense per quella che è stata e che continuerà ad essere una protesta eclatante, a Palazzo Chigi, i leader dei partiti di maggioranza e il presidente del Consiglio Mario Monti, hanno portato a termine un accordo di massima sui temi più importanti sul tavolo delle riforme.
Sul fronte lavoro ci saranno più risorse per gli ammortizzatori sociali, compreso un sussidio universale per l’impiego ma una rivisitazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che prevede licenziamenti per motivi economici con il giudice che potrà decidere tra reintegro, con le regole attuali nel caso di licenziamento discriminatorio, senza giusta causa e senza giustificato motivo oggettivo, o equo indennizzo.
Una revisione, questa, che secondo il presidente del Cnf Guido Alpa porterà meno garanzie per il lavoratore nell’arco di tutto il rapporto di lavoro e costi più alti per le imprese.
Per quanto riguarda la giustizia, la lotta alla corruzione avrà la priorità. Dopo aver approvato con molto di ritardo, la ratifica della convenzione di Strasburgo sulla corruzione, stipulata il 27 gennaio 1999, è in arrivo un emendamento al disegno di legge in discussione alla Camera. Ma su questo punto nessuno ha indicato i tempi. La discussione a Montecitorio, intanto, è slittata a mercoledì 21 marzo. Oggetto del contendere ancora la definizione di reato di corruzione privata, traffico di influenze e autoriciclaggio, la trasformazione del reato di concussione in corruzione ed estorsione considerando attentamente cosa questo comporterà per i processi in corso e che cosa succederà ai tempi di prescrizione.
Il premier Monti ha soltanto ribadito che a chiedere le misure è l’Europa: a giugno, infatti, arriverà la relazione dell’Ocse, mentre nei prossimo giorni il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa potrebbe chiederci l’attuazione della Convenzione di Strasburgo eliminando la concussione.
Ma sul tavolo delle discussioni è arrivata anche la riforma delle intercettazioni, fortemente voluta dal Pdl che in questi anni di governo ha tentato più di una volta di introdurre le nuove disposizioni per frenare la pubblicazione indiscriminata e, non ultima, la responsabilità civile dei giudici.
Su questo punto si ipotizza di tornare alla responsabilità indiretta dei giudici, aumentando la possibilità di rivalsa dello Stato sui magistrati, attenuando la manifesta violazione del diritto come causa di responsabilità. Si allontana quindi la formula pensata dall’emendamento presentato alla Camera da Pini (Lega Nord).
Su questo il Consiglio superiore della magistratura e l’Associazione nazionale magistrati hanno già espresso un parere fortemente negativo. Sull’argomento i vertici del sindacato delle toghe saranno ascoltati la prossima settimana dalla commissione Giustizia del Senato insieme a quelli del Consiglio nazionale forense. Non verranno invece auditi i rappresentanti del Csm.
Il plenum di Palazzo dei Marescialli, del resto, mercoledì 14 marzo, con una procedura veloce, aveva approvato un parere fortemente negativo sull’emendamento introdotto dalla Lega evidenziando «l’esigenza di tutelare l’indipendenza delle toghe quale presidio indispensabile per la tutela dei diritti fondamentali di ciascuno». Pena un’implosione del sistema.
Di diverso avviso, ovviamente l’Unione delle Camere penali italiane che con una lettera al presidente del Consiglio Monti hanno chiesto di appoggiare la norma che «coinvolge l’essenza stessa delle moderne democrazie».
Anche in questo caso, però, Monti potrebbe rispondere che a volere le modifiche è l’Europa, dal momento che una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee ha chiesto di rivedere la normativa italiana a riguardo (vedi articolo del 25 novembre 2011).
Tutte riforme importanti e delicate che saranno affrontate nei prossimi giorni, sempre dopo la conversione dei decreti liberalizzazioni e semplificazione che, proteste o no, ultras della giustizia a parte, non dovranno essere stravolti.