Media-conciliazione, riforma forense al palo, minacce di liberalizzazioni selvagge in agguato e, come se non bastasse si discute pure di abolire il valore legale della laurea. L’avvocatura si interroga e prova a mettere sul tavolo della discussione le sue proposte.
Per riassumere la situazione della professione forense in questo momento possiamo utilizzare le parole del segretario generale dell’Associazione nazionale forense, Ester Perifano: «tutta la manovra finanziaria è improntata non solo ad un atteggiamento di grande noncuranza, se non disprezzo, nei confronti dei professionisti in genere e degli avvocati in particolare».
Il momento per la professione è grave, il Parlamento la ignora, nonostante le schiere di avvocati-parlamentari, lasciando ferma la discussione della riforma dell’ordinamento (anche se il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Giulia Bongiorno, ha detto che la prossima settimana riprenderà), il Governo la maltratta con provvedimenti come la riforma delle conciliazioni, l’ultima manovra finanziaria e le promesse-minacce di liberalizzazioni selvagge, i media ripetono sempre più spesso il concetto “troppi avvocati = giustizia lenta”, la base è sempre più delusa e distante dalle posizioni dei vertici istituzionali e dalle rappresentanze sindacali.
In questi giorni si è sviluppato un dibattito che è partito dalla tesi che la ripresa economica dell’Italia sia ostacolata dalla cattiva amministrazione della giustizia: così come siamo messi quale investitore straniero verrebbe ad impelagarsi nelle ragnatele del nostro sistema? Tra le cause della cattiva amministrazione della giustizia si cita spesso il numero troppo elevato di avvocati: il paragone con
Sabato scorso, 2 luglio, il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa ha raccolto tutte le componenti attorno ad un tavolo, al termine del quale un comunicato congiunto ha contestato il metodo ed il merito della manovra finanziaria. L’avvocatura ha così contestato il metodo «reiterato e non più accettabile di una tecnica legislativa con la quale si inserisce un testo destinato alla stabilizzazione finanziaria misure che riguardano la disciplina delle professioni, la previdenza professionale, l’amministrazione della giustizia e addirittura le regole del processo civile e di modalità di accesso dei cittadini alla giustizia». Nel merito poi ovviamente si è contestata la soppressione dell’esame di abilitazione «che priverebbe i cittadini di una difesa tecnicamente competente come garantita dalla Costituzione» mentre «l’accesso indiscriminato alla professione creerebbe un mercato selvaggio senza prospettive per i giovani esponendo i cittadini ai rischi di una assistenza priva di adeguata professionalità». Ribadita, inoltre, l’esigenza di una riforma della giustizia tributaria qualificata e non sommaria come quella proposta, allo stesso modo è stato contestato «ogni tentativo di sopraffazione delle Casse di previdenza assoggettandole ad una commissione (Covip) che non può avere una legittima funzione di controllo in materia».
Di fronte ad una situazione obiettivamente critica, però, occorre trovare una via d’uscita, una o più soluzioni.
Sempre nel comunicato congiunto del 2 luglio l’avvocatura ha ribadito «la propria disponibilità a fornire un fattivo contributo per migliorare l’assetto della giustizia», dando la propria disponibilità a cooperare per contenere l’arretrato civile.
Il Consiglio nazionale forense si è riservato «di produrre un articolato progetto di riforma della giustizia in cui l’Avvocatura darà il proprio rilevante contributo a migliorare l’efficienza del servizio e a contenere l’arretrato, riservandosi di proporre miglioramenti al funzionamento della giustizia tributaria». Le proposte verranno presentate venerdì prossimo, 15 luglio e, afferma il presidente Alpa, saranno «concrete, semplici, realizzabili a costi contenuti». Di sicuro, però, le riforme non possono essere fatte a costo zero, ha sottolineato Alpa durante il convegno “Una proposta condivisa sulla giustizia civile” organizzato da Anf e Md. Alpa ha anche messo in guardia circa l’abbinamento servizio giustizia ed efficienza economica: «La macchina della giustizia – ha detto – non è una fabbrica che produce profitti».
Anche il presidente dell’Organismo unitario dell’Avvocatura, Maurizio De Tilla, dà appuntamento al 15 luglio per un incontro degli stati generali dell’Avvocatura preannunciando altre giornate di sciopero da parte della categoria contro la manovra economica. Il presidente, però, ci tiene a precisare che in questo momento ad essere sotto attacco non sono solo gli avvocati ma tutti i professionisti: «In Italia comandano i poteri forti – ha affermato – basta vedere gli scandali giudiziari e accorgersi che chi ha mezzi di corruzione è più forte, mentre l’avvocato in questo momento è debolissimo, non ha il potere economico degli industriali, delle banche, ma è l’unico a tutelare gli interessi dei cittadini». L’Oua da parte sua, ha continuato De Tilla «continuerà a proporre alternative validissime come la nostra proposta di riforma dell’ordinamento, la riforma della giustizia civile, la riforma dei giudici laici, l’aumento degli organici della magistratura, lo sviluppo del processo telematico».
Già a settembre dello scorso anno l’Oua presentò un decalogo contro la crisi della macchina giudiziaria che chiedeva più risorse e materiali, lotta agli sprechi nelle sedi giudiziarie, assunzione di manager nei grandi uffici, l’individuazione di una nuova figura di giudice laico, informatizzazione degli uffici giudiziari, riduzione dei riti e abrogazione della media-conciliazione obbligatoria intensificando il potere conciliativo del giudice anche nella fase precontenziosa. Decalogo che fu anche consegnato al ministro della Giustizia Alfano di cui però si sono perse le tracce.
«Si dice spesso che ci sono troppo avvocati ma non si dice che ci sono troppi pochi magistrati» ribatte alle critiche il presidente dell’Associazione italiana Giovani avvocati, Giuseppe Silieci. «Se l’obiettivo è quello di avere una giustizia più efficiente – ha aggiunto Silieci – bisognerà puntare ad una riqualificazione della figura dell’avvocato che sia competente, qualificato e realmente specializzato. Questo però implica anche un rigoroso controllo deontologico». Troppo spesso secondo il presidente Aiga molti professionisti hanno scelto la professione forense per ripiego «mentre fare l’avvocato non può essere un ripiego e lo Stato deve mettere quelli seriamente motivati nelle condizioni di poter esercitare». In Italia però si farebbe fatica a far passare il concetto: «noi già diversi anni fa abbiamo proposto un accesso programmato, tra l’altro per tutte le facoltà, che tenesse conto del fabbisogno specifico; prevedevamo poi un corso specifico per le professioni legali (magistratura, avvocatura e notariato) con un esame di Stato che fosse solo una verifica della preparazione dopo un percorso dettagliato». L’Aiga propose anche il passaggio agli avvocati di alcune competenze dei “cugini” più fortunati, ossia i notai quali le scritture private e la conformità all’originale di una copia: «tutti atti – ha continuato Silieci – che demandati agli avvocati semplificherebbero la vita del cittadino». Per il resto il presidente Aiga aspetta l’approvazione della riforma dell’ordinamento forense «che non sarà ovviamente la panacea di tutti i mali ma servirebbe sicuramente a mettere un punto fermo».
L’Unione delle Camere penali italiane, dal canto loro, continuano a chiedere da anni la separazione delle carriere (che ai tempo del II Governo Berlusconi, nel 2001, solo dieci anni fa, sembrava cosa fatta), la riforma del Consiglio superiore della magistratura, la riforma del Codice penale e del sistema sanzionatorio. Eppure tutte le commissioni ministeriali costituitesi, almeno dal 2001 ad oggi, non hanno prodotto una riforma organica e concreta (i maligni dicono che i testi pur essendo pronti sono sempre rimasti nel cassetto a causa di norme “estemporanee” apparse come il coniglio bianco dal cilindro del mago).
Venerdì 8 luglio, intanto, l’Associazione nazionale forense e Magistratura democratica hanno parlato di una proposta condivisa sulla giustizia civile. Per il segretario di Anf, Ester Perifano, intervenuta durante l’incontro, «le iniziative del legislatore dimostrano un certo strabismo, introducendo una conciliazione obbligatoria a pagamento e aumentando il contributo unificato per disincentivare il contenzioso civile. Dall’altro lato però, è lo stesso Stato che, ad esempio con l’Inps, intasa gli stessi tribunali». Per il segretario di Anf «è arrivato il momento di parlare seriamente dell’arretrato civile e delle strade per definirlo». Arretrato che, ha aggiunto Perifano, non è omogeneo su tutto il territorio nazionale e la proposta è di intervenire miratamente nelle zone più ingolfate, rafforzando organici di magistratura e cancellerie e favorire la diffusione delle best practice. Ma soprattutto – ha concluso il segretario di Anf «destinare tutte le risorse drenate con l’aumento del contributo unificato al settore, investendo quello che occorre fare per far decollare definitivamente il processo telematico».
Tante le proposte in campo e tanti gli incontri tra convegni, seminari e discussioni.
La speranza è che qualcuno ascolti la voce dell’avvocatura, altrimenti tutto il turbinio di discussioni e tavole rotonde sembrerà un po’ come l’orchestra del Titanic che suona mentre la nave affonda.