Augusto Minzolini non è un giornalista qualunque, il suo cranio mutante ha il potere di riflettere le bugie degli altri in diretta tv. Obnubilato da questa sua innata capacità, il piccolo Augusto fa strage di redazioni e si qualifica primo al torneo nazionale dei leccaculo, lasciandosi alle spalle professionisti della materia come Fede, Ferrara e Vespa. Insediatosi al TG1 fa piazza pulita dei colleghi e installa una consolle che sostituisce i fischi con gli applausi ad ogni epifania di Berlusconi, trasformando il telegiornale nella sit-com “Il Mio Amico Silvio”. Ma i finti dati dell’Auditel non bastano a renderlo felice e per mantenere il suo primato di adulatore dei criminali più potenti d’Italia si schiera a difesa di Bertolaso e Craxi, non prima però di condannare apertamente la manifestazione della libertà di stampa indetta dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana. La scalata al deretano più profondo sembra non conoscere sosta, almeno finché il paparino presiede il governo. Tuttavia il posteriore di Monti risulta meno appetibile del previsto e il prode Minzolini viene rimosso dall’incarico di direttore con l’aiuto dei corpi speciali anti-salivazione. In seguito all’ennesimo rinvio a giudizio per peculato l’imperatore della bava mediatica, che ha speso circa 65.000 Euro con la carta di credito della RAI, annuncia di voler dare battaglia legale alla sua azienda. Nel culmine del delirio si paragona a Santoro, santificandone le gesta con un audace colpo di lingua, e si iscrive da solo nel registro dei perseguitati insieme a Nelson Mandela, Paperino e Gesù Cristo.