Accade che qualche lettore, scrivendo in redazione, chieda delucidazioni sulle sue polizze o di chiarire un dubbio sul comportamento degli operatori di agenzie assicurative. Sino ad ora ho risposto privatamente, ma, dal momento che i quesiti possono interessare tutti i lettori e dal momento che queste richieste ultimamente si sono fatte più numerose, ho deciso di rispondere pubblicamente.
Il quesito di oggi parte dalla richiesta di una lettrice della quale, per questione di privacy, riporto il solo nome.
“Gentile Dott. Rossi, l’altro giorno sono andata nell’agenzia della “XYZ” assicurazioni per pagare il rinnovo della polizza della nostra auto (ma l’auto è intestata a mio marito). All’impiegata, che conosco da molto tempo, ho chiesto, d’accordo con mio marito, di aumentare il massimale assicurativo. L’impiegata, però ha dovuto rifare la polizza e per la firma, siccome la polizza è intestata a mio marito, mi ha chiesto di firmare col suo nome “tanto”- mi ha detto -“è una pura formalità”. Così ho firmato col nome di mio marito. Ho fatto bene?” Le sarei grata se mi chiarisse il dubbio. Cordialmente Marisa S. –Roma.
Cara Marisa, mi dispiace deluderla , ma ha fatto male, malissimo. Anzi le consiglio di tornare subito in agenzia, per farsi rifare la polizza e di farla firmare a suo marito o di farsi rilasciare una procura da lui . Meglio se in agenzia ci va con lui. Se suo marito non potesse venire con lei, la nuova polizza dovrà firmarla col suo nome da sposata o da nubile. Scelga lei. Infatti, diversamente da quanto, con una buona dose di leggerezza, le ha detto l’impiegata dell’agenzia, lei non ha compiuto un atto di “pura formalità”, ma un reato di falso bello e buono, le conseguenze del quale potrebbero essere molto pesanti a cominciare dalla scopertura assicurativa. Già, perché un atto falso crea un contratto falso e, giuridicamente parlando, è un contratto nullo e, come tale, privo di copertura. A parte il Codice civile, lo ha confermato più volte la Corte di Cassazione, l’ultima è la sentenza del 27 agosto 2013 (n. 35543) che riporto tra i documenti correlati a questo articolo. Ma il reato di falso, cosa questa spesso sottovalutata dai dipendenti delle agenzie e persino dagli stessi intermediari, non lo ha commesso solo lei, ma anche l’impiegata, che è considerata complice se non addirittura istigatrice del reato, e coinvolge anche l’Agente titolare dell’agenzia. Per lui l’Isvap/Ivass ha previsto ben due sanzioni (art. 324 del C.d.A.) : quella che va da 1.000 a 10.000 euro (il doppio se fosse recidivo) e quella, ben più grave, della radiazione dall’Albo (dall’elenco RUI).
Per evitare tutto questo (ammetto che il titolo di questo articolo è un po’…. esagerato) basta seguire il semplice percorso indicato dall’articolo 1890 del Codice civile “assicurazione in nome altrui” (rinforzato dall’art. 1891 “assicurazioni per conto altrui o di chi spetta”. Entrambi gli articoli codicistici gestiscono ilcontratto a favore di un terzo ). Le due norme in pratica, dicono di apporre (nella polizza intestata a suo marito -contraente) la sua firma così:
“Marisa S. ai sensi degli articoli 1890 e 1891 Cod. Civ.”.
In questo modo lei si assume la responsabilità di firmare, su esplicito mandato/procura di suo marito, diventando tecnicamente un contraente provvisorio. L’impiegata potrebbe anche, a norma degli stessi articoli codicistici, non chiederle di mostrare la procura perché nel caso lei firmasse, poniamo, in “malafede” la responsabilità sarebbe solo sua . L’impiegata, cioè, come si dice in gergo tecnico, è manlevata da questa responsabilità. E la polizza è assolutamente regolare.
CONTRATTO A FAVORE DI UN TERZO
QUANDO LA MOGLIE FIRMA PER IL MARITO