La Corte d’Appello di Milano, nell’impugnazione posta in essere dai legali dell’ex  Cavaliere Silvio Berlusconi avverso l’ex moglie Veronica Lario,  ha ritenuto di adeguarsi alla sentenza della Cassazione n° 11504 del 10/05/2017 accettando il principio per il quale la donna divorziata non ha più diritto a mantenere il tenore di vita di cui usufruiva durante il matrimonio.

Conseguentemente l’assegno divorzile non deve essere più attribuito salvo che sia necessario per compensare una insufficiente autonomia economica.
Per di più la Corte d’Appello accogliendo l’impugnazione ha anche ordinato la restituzione in favore dell’ex marito di tutte le somme ottenute  dal mese successivo alla pubblicazione della sentenza di divorzio di primo grado, pregiudicando  il pignoramento in corso da parte della Sig.ra Lario sui conti correnti dell’ex marito in circa € 26.000.000,00, divenuto inefficace per la perdita di valore del titolo esecutivo.

Una giustizia sostanziale  

A prescindere dalle argomentazioni giuridiche che si basano sul nuovo orientamento della Cassazione circa il diritto all’assegno  divorzile, solo nell’ipotesi in cui non si abbia una sufficiente autonomia economica e comunque in tali limiti ridotti, non vi è dubbio che, in questo caso specifico, di una donna ricchissima di per sé, la sentenza risponde ad un senso di Giustizia sostanziale.
Infatti è indubbio che la Sig.ra Veronica Lario dopo il matrimonio è rimasta titolare di “consistenti disponibilità patrimoniali” come dichiarato nella sentenza che consistono in una liquidità di circa  20.000.000,00 di euro, numerosi immobili prestigiosi, quote societarie, gioielli ed altro per cifre da capogiro.
La pretesa di ottenere da Berlusconi, oltre tali beni, per il semplice fatto di aver contratto il matrimonio e pur dopo la cessazione di questo, ulteriori 26 mila euro al giorno (questa è la cifra che pagava forzatamente l’ex marito) non appariva conforme dunque ad un senso di giustizia sostanziale.

I divorzi “normali”

Discorso del tutto diverso va fatto per i comuni mortali, laddove la sentenza della Cassazione n.11504/17 appare decisamente affetta da superficialità.
 Il suggerimento alle donne, come si è detto in altre occasioni, così come emerge dalla sentenza della Cassazione soprindicata (di non contare più sul matrimonio come sistemazione definitiva dei propri interessi, ma di basarsi esclusivamente sulle proprie capacità professionali e lavorative essendo dovere di ciascuna rendersi economicamente indipendente consolidando la propria posizione patrimoniale, in quanto il matrimonio può cessare da un momento all’altro),  è decisamente poco aderente alla realtà, pur se ha il merito di aver ridimensionato richieste economiche  di alcune donne, assolutamente sproporzionate e meramente speculative.
Di questo se ne sono resi conto anche in Parlamento ove è in corso l’esame di un provvedimento normativo che andrà a compensare “il baratro” giuridico in cui andranno a cadere tutti i divorzi in corso ed in parte (con il meccanismo della revisione dei provvedimenti) anche alcuni divorzi già pronunciati.
 
Da un eccesso all’altro

D’altra parte è sotto gli occhi di tutti l’assurdità di una situazione innescata, e va detto a chiare lettere,  dai giudici i quali, interpretando la legge, sono passati da un meccanismo nel quale la donna aveva di fatto sempre il diritto ad un assegno rilevante ad un ‘altra nella quale l’assegno divorzile va negato sempre e comunque.

Tuttavia, aderendo in modo ottuso ed acritico ad una simile posizione, non si può non pensare agli innumerevoli casi dove apparirebbe assurdo privare la donna di un  adeguato mantenimento,  soprattutto in età avanzata, laddove da una parte sussiste l’ex coniuge con la giovane amante la quale utilizza senza alcuna limitazione tutto ciò che è stato creato durante il matrimonio con la partecipazione ed il sacrificio di una vita di entrambi i coniugi, come case al mare o in montagna, vetture di grossa cilindrata, vacanze costose e similari, mentre dall’altra ci si deve accontentare di un assegno di sopravvivenza, e comunque inadeguato al patrimonio del marito, che non avrebbe mai potuto accumulare tanto, senza essere sollevato da ogni obbligo familiare dalla moglie.
Se si accettasse l’orientamento attuale senza un ripensamento, si finirebbe con l’attribuire a tali anziane, una vecchiaia ben misera, “punendole” per aver sacrificato la propria vita dedicata alla famiglia e ai figli per permettere al proprio coniuge (ex coniuge) di sviluppare la propria carriera e il proprio patrimonio.

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