Anche in tema di nuove relazioni sentimentali la Suprema Corte sta rivedendo i propri orientamenti precedenti per i quali la perdita dell’assegno divorzile, (e talvolta del mantenimento nella separazione), in caso di nuova relazione sentimentale costituiva un effetto automatico.
La Cassazione con l’ordinanza n° 18862 depositata il 10/06/2022 ha confermato la persistenza del diritto della donna all’assegno mensile che le era stato revocato dalla Corte d’Appello in conseguenza di una nuova relazione sentimentale
PERDITA DELL’ASSEGNO A SEGUITO DI UNA NUOVA RELAZIONE
Nell’ottica restrittiva di quello che era il precedente indirizzo largheggiante nell’attribuire l’assegno divorzile, attualmente la situazione è mutata, nel senso che la giurisprudenza ritiene come sia sufficiente per perdere il contributo dell’ex marito anche una semplice relazione more uxorio con un’altra persona, cioè anche senza un successivo matrimonio, tale però da poterla ritenere stabile e continuativa.
Dunque una nuova relazione stabile legittima il rigetto della domanda di assegno di mantenimento o divorzile (per es. Cass. n° 22604 del 16/10/2020).
La questione ovviamente si incentra sul concetto di “continuità e stabilità della relazione” tale da legittimare il rigetto della domanda del coniuge.
Sul punto vi sono decisioni difformi anche della stessa Cassazione che in un primo momento si è orientata in senso favorevole agli uomini ritenendo che il rapporto sentimentale pluriennale consolidato dell’ex moglie con il nuovo compagno sia sufficiente per poter considerare il rapporto connotato della continuità e stabilità necessaria per l’annullamento dell’assegno, considerando la situazione equiparabile alla creazione di un nuovo nucleo familiare.
La circostanza della convivenza peraltro non era ritenuta dalla giurisprudenza decisiva, (vedasi ex multis Trib. Ancona sez. I° 21/05/2018, e Tribunale Como ordinanza 12/04/2018) con le quali si stabiliva che il marito non era più tenuto al versamento dell’assegno alla moglie allorchè questa avesse intrapreso una nuova relazione sentimentale stabile e ciò anche se non caratterizzata dalla convivenza con il nuovo partner.
La questione si incentra sull’idea che l’instaurazione di una convivenza stabile caratterizzata da un legame sentimentale rilevante e da una relazione affettiva tra i conviventi, comporti la cessazione dell’onere di versare l’assegno, in quanto viene a cessare l’obbligo di solidarietà che deve caratterizzare il rapporto fra gli ex coniugi dopo il divorzio (vedasi anche Cass. 22/05/2017 n° 12879).
Inoltre l’instaurazione di una convivenza stabile dell’ex coniuge titolare dell’assegno può dar luogo anche alla successiva domanda di revoca dell’assegno già concesso.
Ciò in quanto viene a cessare il presupposto dell’obbligo di solidarietà vicendevole che caratterizzava la pronuncia pregressa.
Non va sottaciuto che tale orientamento si va estendendo dal divorzio anche alla separazione.
In sostanza l’orientamento attuale supera il concetto di “convivenza stabile” per sostituirlo con una “relazione sentimentale stabile” (in senso conforme vedasi anche Cass. 04/02/2021 n. 2653).
LA COMUNIONE MATERIALE E SPIRITUALE
L’ordinanza del 10/06/2012 in oggetto interviene nel contrasto delle opinioni tra il Tribunale e la Corte d’Appello nell’ambito del processo di modifica di una precedente separazione.
Il Tribunale di Lucca nel pronunciare la separazione dei coniugi aveva posto a carico dell’uomo, peraltro su accordo fra le parti, l’obbligo di un assegno mensile di € 800,00 a titolo di contributo per il mantenimento della figlia ed un assegno di € 200,00 per il mantenimento della moglie, dando atto dell’impegno dei coniugi di provvedere alla vendita dell’ex casa familiare assegnata alla donna, utilizzando il ricavato per l’estinzione del pregresso mutuo ed al fine di acquistare altro immobile da intestare alla figlia.
Proponeva in seguito richiesta di modifica il marito, chiedendo che il Tribunale annullasse l’assegno della moglie tenendo conto dalla nuova relazione sentimentale da lei posta in essere.
Mentre il Tribunale rigettava la domanda la Corte d’Appello adita, pur ritenendo ininfluente l’asserito peggioramento delle condizioni economiche del marito, tuttavia rilevava che era provato come la donna avesse intrapreso una relazione sentimentale con un altro uomo con il quale aveva instaurato una comunione materiale e spirituale di vita tale da poter considerare i due una “coppia di fatto”, indipendentemente dalla sussistenza di una convivenza continuativa.
L’AIUTO ECONOMICO – DIFFERENZA TRA SEPARAZIONE E DIVORZIO
Rilevava la Corte d’Appello che il nuovo compagno era intervenuto anche con cifre rilevanti in favore della donna ed avesse sostenuto anche le spese per i viaggi, le gite, le cene a cui aveva partecipato la resistente, affermando che tale scelta di vita aveva reciso definitivamente il legame derivante dal matrimonio e riteneva applicabile l’attuale orientamento giurisprudenziale secondo il quale la costituzione di una nuova famiglia di fatto escludeva il diritto all’assegno.
La donna proponeva ricorso in Cassazione rifacendosi all’orientamento della Suprema Corte secondo il quale, una nuova relazione sentimentale intrapresa dal coniuge di per sé stessa non comportava la perdita dell’assegno ed in sostanza il semplice rapporto occasionale non faceva venir meno il diritto, nè l’obbligo per l’altro coniuge, di corrispondere il mantenimento. Inoltre la Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto applicabile l’orientamento giurisprudenziale in tema di assegno divorzile anche alla separazione, senza tener conto della differenza esistente fra i due istituti e cioè tra l’assegno divorzile e quello di mantenimento.
Infatti da un lato sussiste la cessazione del vincolo coniugale e quindi la nuova relazione può comportare la perdita dell’assegno, per estinzione di ogni obbligo di solidarietà del marito, nell’altro caso viceversa il matrimonio si trova in una fase di quiescenza e sussiste la persistenza del vincolo coniugale fino alla pronuncia dell’annullamento del matrimonio.
L’OPINIONE DELLA SUPREMA CORTE
La Cassazione sul punto riteneva che indubbiamente sono diversi i presupposti ed i criteri di valutazione tra i due assegni costituiti per quello divorzile dall’inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione dell’ex coniuge e dall’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive da valutarsi sulla base di criteri equi o ordinati previsti dall’art. 5 comma 6° della legge n° 898/70. Di contro per il mantenimento relativo alla separazione, è necessaria la indisponibilità di mezzi idonei, per assicurare alla richiedente la conservazione del tenore di vita goduto nel corso della convivenza, sicché anche la comparazione delle condizioni economiche-patrimoniali delle parti va valutata, situazione che invece non ha nulla a che vedere con la pronuncia divorzile.
Sono proprio le segnalate differenze esistenti fra i due istituti ad aver indotto la Corte di Cassazione ad escludere in sede di separazione che l’instaurazione di una nuova convivenza da parte di uno dei due coniugi determini ipso jure la perdita automatica dell’assegno di mantenimento evidenziando conseguentemente la necessità a tal fine di un accertamento non solo in ordine alla stabilità della relazione, ma anche alla consistenza e continuità dell’apporto economico fornito dal convivente al coniuge avente diritto all’assegno.
Inoltre rilevava la Cassazione vi era una manchevolezza rilevante nella sentenza della Corte d’Appello la quale era tenuta a verificare se il nuovo rapporto sentimentale avesse comportato effettivamente la costituzione di una famiglia di fatto nell’ambito della separazione contraddistinta dall’elaborazione di un progetto di vita comune e da un rapporto consolidato protrattosi nel tempo e se la convivenza avesse inciso positivamente sulle condizioni economiche della ricorrente.
LA COABITAZIONE
Aggiungeva la Cassazione come fosse pacifico che, nell’ambito del relativo accertamento, l’instaurazione di un rapporto di coabitazione tra due componenti pur non rappresentando l’unico indice dell’avvenuta costituzione del nuovo nucleo familiare, tuttavia costituisse indubbiamente quello più significativo. Di tale presupposto se ne può fare a meno soltanto a fronte dell’accertata sussistenza degli altri elementi che contraddistinguono la comunità familiare, tra le quali va considerata anche la messa in comune delle risorse reddituali e patrimoniali tra la nuova coppia.
Rileva quindi la Cassazione che il decreto impugnato andava annullato laddove, a fronte della mancata convivenza della nuova coppia,la Corte d’Appello aveva omesso di procedere a qualsiasi verifica in ordine all’effettiva sostanza del rapporto fra gli stessi ed in particolare al loro comune intento di dar vita ad una stabile convivenza ed una stabile comunione di vita.
Infatti le circostanze circa la semplice ed assidua frequentazione ed il legame affettivo o i frequenti viaggi all’estero, così come la partecipazione a gite e cene di per sé stesse non dimostrano affatto l’esistenza di una nuova relazione stabile, nè di una stabile nuova comunione di vita.