L’Inter può essere acquistata da un indonesiano, il Milan può affidare la maglia di Rivera a un giapponese, il mercato della Lazio può essere gestito da un albanese, la Juve può vincere grazie ai gol di uno svizzero e un cileno, ma alla fine il denominatore comune della Serie A è uno solo: gli errori degli arbitri italiani.
Qualche episodio random, pescato tra i primi quattro turni di campionato giocatisi nel 2014. 18esima giornata, Lazio-Inter: ai nerazzurri manca un rigore per fallo di Dias su Rolando. 19esima giornata, Inter-Chievo: sempre ai milanesi viene annullato un gol regolare di Nagatomo (fuorigioco inesistente) e non viene concesso un rigore per fallo su Botta. 20esima giornata, Catania-Fiorentina: i siciliani Spolli e Rinaudo dovrebbero essere espulsi, ma Banti non la pensa così. 21esima giornata, Torino-Atalanta: dopo uno scontro in area tra l’attaccante granata Cerci e il portiere bergamasco Consigli in cui a commettere fallo è evidentemente Cerci, Tagliavento fischia il rigore per il Toro. Ci svincoliamo volutamente dagli episodi più recenti semplicemente per dimostrare che gli errori arbitrali non rappresentano un’emergenza momentanea, ma una costante, una realtà spalmata su ogni giornata, ogni settimana, ogni anno.
L’elenco sarebbe, come si può immaginare, potenzialmente infinito. Ma allora perché Marcello Nicchi, presidente dell’Aia (Associazione Italiana Arbitri), a dicembre sosteneva che “si stanno susseguendo anni molto positivi per gli arbitri italiani, molto apprezzati in tutto il mondo” in quanto “portatori di comportamenti, di regole, di cultura e di passione”? E’ vero, come ci vantiamo spesso, che i nostri fischietti sono i migliori del mondo?
Angelo Bonfrisco, monzese, ha diretto tra Serie C, Serie B e Serie A più di duecento partite. Oggi, ci racconta che “gli alti e bassi sono normali, ci sono domeniche in cui si registrano sbagli gravi e importanti, ma fa parte del gioco. Se è vero che l’arbitro più bravo è quello che sbaglia meno, è evidente che la componente umana non può escludere l’errore”.
Bonfrisco, tuttavia, nota un calo della qualità rispetto a qualche anno fa. “Ai miei tempi – era il periodo di Collina, ma non solo – gli arbitri italiani erano più bravi perché erano più esperti. In Serie A si vedevano fischietti con qualche anno in più rispetto a quelli in campo oggi: magari avevano qualche carenza atletica, ma riuscivano a sopperire con la loro personalità. Oggi, invece, gli arbitri sono mediamente più giovani e atletici: ma mancano di esperienza”.
L’introduzione degli arbitri di porta avrebbe dovuto limitare il più possibile le sviste: ma – il dibattito è sempre lo stesso da anni – perché non ricorrere direttamente alla moviola in campo? Bonfrisco evidenzia che “da parte degli arbitri non ci sarebbe niente in contrario: loro si adattano agli strumenti che hanno a disposizione. La scelta di non utilizzare la tecnologia è, evidentemente, politica: chi gestisce il calcio vuole questo, e decide di incrementare la componente umana. In quanto ex arbitro introdurrei l’instant replay per casi eccezionali: sarebbe gradito a tutti i direttori di gara e aumenterebbe la loro serenità in campo. Per ora, però, il pallone non vuole compiere questo passo”.
Si preferisce adagiarsi sulla certezza che, come rileva Bonfrisco, “l’arbitro in teoria non ha mai colpe: il regolamento prevede che egli faccia parte del gioco. L’errore del direttore di gara, insomma, è insito nella regola e nel gioco”. Ma se “culturalmente siamo più portati ad accettare l’errore di un giocatore che quello di un arbitro”, è possibile che da un fuorigioco non segnalato o da un rigore non fischiato possa dipendere il destino di milioni di euro? Perché vincolare gli imponenti interessi economici del calcio unicamente alla variabile umana?
Tra l’altro, anche in un campionato apparentemente già deciso come quello attuale, con la Juventus in fuga, pare che le sviste arbitrali abbiano condizionato l’esito di molte partite. Secondo Panorama, la classifica di Serie A senza errori dei fischietti dopo la 27esima giornata vedrebbe la Roma al primo posto (dovrebbe avere sei punti in più di quelli che ha) e la Juve al secondo (dovrebbe avere otto punti in meno); la Fiorentina, invece, avrebbe otto punti in più.
Insomma, “la moviola non deve essere un alibi”, dice Bonfrisco, che però aggiunge: “Per migliorare le prestazioni dei direttori di gara occorre lavorare sulla loro preparazione fisica e psicologica e indurli ad applicare le regole in maniera più severa”. Sarà sufficiente per assicurare la regolarità del campionato?