“Ti erigerò una statua che sarà nel futuro prova incessante del mio amore, della tua bellezza e del senso che la bellezza dà del divino. Benché la morte con scarne mani spogli dei paramenti della vita e dell’impero il nostro amore, la tua nuda statua, abitata dal tuo spirito, tutte le ere future, che lo vogliano o meno, come un regalo portato da un dio che impone, inevitabilmente erediteranno”.

 

 

Nella splendida Villa Adriana è possibile ammirare per la prima volta una mostra dedicata ad Antinoo, il giovane bitinio amato dall’imperatore Adriano. Cinquanta opere, tra sculture, rilievi, gemme e monete, scelte per raccontare il forte legame tra l’imperatore e il giovane. I reperti esposti provengono tutti da villa Adriana, sebbene oggi siano conservati in vari musei o appartengano a collezioni private. La mostra, allestita dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio nell’Antiquarium, sarà visitabile sino al 4 novembre. “L’evento”, come ha spiegato la soprintendente Marina Sapelli Ragni, “si inserisce in un progetto di rivalutazione della villa.
Adriana_3L’intento è quello di celebrare l’iconografia di Antinoo che ha segnato un capitolo importante della storia e dell’arte romana in quanto diventata icona di bellezza”. Capire la natura del rapporto tra il fanciullo e l’imperatore è indispensabile per motivare il forte richiamo all’Egitto presente a villa Adriana. La villa è immersa nell’ambiente, con il quale costituisce un binomio inseparabile. Federica Galloni, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, ha spiegato che villa Adriana “ha un’estensione di 80 ettari circa, di cui solo 50 sono attualmente visitabili. Dato il potenziale archeologico della zona, si è ritenuto opportuno vincolare i terreni circostanti in vista di possibili future indagini. Vincoli che hanno permesso di salvare la villa dalla costruzione della discarica di Corcolle. Tra il 2005 e il 2012 sono stati stanziati 10 milioni di euro, sebbene la villa ne necessiterebbe di 10 l’anno. Ci sono 3000 ulivi che potrebbero essere utilizzati per produrre olio, ma mancano tempo e soldi. A seguito dei recenti crolli, sono stati stanziati dall’amministrazione dei Beni Culturali 4 milioni di euro, di cui 2 in corso di appalto per il restauro di alcuni edifici, il monitoraggio degli elevati e la manutenzione del verde e dei percorsi; altri 2 milioni sono in fase di rimodulazione e prevedono il restauro di mosaici e altre strutture. La speranza è che esca una legge che permetta ai musei di autofinanziarsi e gestire in maniera autonoma le proprie entrate”. La mostra è divisa in quattro sezioni nelle quali sono esposti i ritratti di Antinoo e di Adriano, i reperti inerenti la deificazione del fanciullo, le recenti scoperte provenienti dall’Antinoeion (scoperto nel 2002). L’ultima sezione è invece incentrata sulla fortuna di Antinoo attraverso i secoli.

 

AdrianoL’imperatore riformista
Per fare luce sulla figura di Antinoo è necessario analizzare la figura di Adriano, sia come imperatore che come uomo. Adriano fu un imperatore amato e al tempo stesso odiato dai suoi contemporanei, definito dalle fonti antiche varius multiplex multiformis, proprio a indicarne la poliedrica personalità. Stupisce fin dall’inizio scegliendo di risiedere lontano da Roma, nella villa a Tivoli, quasi a voler creare un centro di potere composto da una corte a lui devota. Il suo gesto non è apprezzato dal ceto senatorio.
Instancabile viaggiatore, visita quasi tutte le province dell’impero attuando una politica riformatrice, difensiva e votata al contenimento: si rende conto, come già l’ultimo Traiano, della difficoltà di controllare un impero troppo vasto e della conseguente necessità di restringere i confini fin dove è possibile difenderli e organizzarli. Esegue personalmente le ispezioni. Per il senato è solo un debole.
Adriano è colto, raffinato, innamorato della cultura greca. Si dice che fosse poeta lui stesso e che abbia scritto un’autobiografia. Si interessa di architettura, pittura, musica, astrologia, filosofia. È attratto dai culti misterici, tanto da essere iniziato ai misteri eleusini. Perseguita crudelmente il giudaismo, è tollerante verso il cristianesimo. Si dedica al poco romano esercizio della caccia. Se da un lato è difensore dei valori culturali e religiosi romani, dall’altro è appassionatamente sedotto da ogni forma di cultura greca.
Dichiaratamente omosessuale, nel 100 dopo Cristo sposa Vibia Sabina. Alcune fonti polemiche verso Adriano, riportano che Sabina non sopportava il marito che la trattava come una schiava tanto da spingerla a pensare al suicidio e al modo per non rimanere incinta. Altre sostengono che Adriano stesso tentò di avvelenare la moglie. Opposto il giudizio espresso nei monumenti ufficiali, dove Sabina è esempio di pietas e pudicitia, definita una grande consorte amata dall’imperatore. È probabile che quanti furono avversi all’imperatore abbiano voluto ricondurre la sterilità della coppia, che non ebbe figli, all’omosessualità di Adriano. Di certo è che l’omosessualità dell’imperatore va inquadrata nel contesto romano. Lo stesso optimus Traiano, anch’egli senza figli, era solito dormire in compagnia di giovinetti. Il rapporto con Antinoo era quindi una relazione lecita. Ciò che destò l’indignazione dei contemporanei fu la risonanza religioso-culturale che Adriano stesso vi attribuì.

 

Adriana_5L’incontro
La biografia di Antinoo è avvolta nel mistero. Del giovane esistono scarse attestazioni monumentali e letterarie, peraltro riferibili a episodi poco significativi della sua esistenza. Le testimonianze letterarie insistono sul rapporto omoerotico con Adriano, ricordano la sua bellezza e la passione per la caccia. Sarebbe nato il 27 novembre di un anno intorno al 110 a Bithinion-Claudiopolis in Bitinia. Secondo una notizia sospetta di Egesippo, scrittore del II secolo, era uno schiavo di Adriano da lui incontrato in un viaggio compiuto nel 123 in Bitinia. L’imperatore lo condusse a Roma e sembra lo fece soggiornare nella villa di Tivoli tra il 125 ed il 128. Appare in due tondi dell’arco di Costantino, in cui sappiamo essere confluiti elementi in origine appartenenti a diversi monumenti eretti da Adriano e Traiano. Nel primo tondo è raffigurata una scena di caccia al cinghiale, con Adriano a cavallo seguito da un giovane anch’egli a cavallo, da identificare con Antinoo. Nel secondo tondo appaiono nuovamente Adriano e il giovane, insieme ad altri tre personaggi, che posano i loro piedi su un leone. È probabile che questa scena si riferisca alla spettacolare caccia al leone nel deserto libico celebrata con un poema dal poeta alessandrino Pancrate cui appartengono i seguenti versi: “la bestia dolorante con i suoi denti per la rabbia ha strappato il terreno incolto e la nube di polvere ha oscurato la luce solare” (P. Oxy. VIII 1085).

 

Amore e morte
Le fonti storiche forniscono maggiori informazioni sulla morte di Antinoo.
Nella seconda metà del 130 Adriano parte per l’Egitto. Con lui ci sono i suoi familiari e il suo favorito, Antinoo. Non molto lontano da Alessandria, nel deserto libico, durante una caccia al leone Adriano, dopo aver ferito la belva, concede ad Antinoo l’onore di abbatterla, onore che avrebbe dovuto essere prerogativa esclusiva dell’imperatore in quanto il leone, nella cultura egizia, era considerato un animale solare e simbolo del re. La caccia assumeva il valore allegorico del faraone che affronta i poteri del male. Nel caso del leone, ci si trovava di fronte un animale dotato di una forza pari a quella di un re e che quindi solo un re poteva uccidere. L’evento è fondamentale perché mostra il particolare favore che Adriano nutriva per il giovane, ed è collocabile nell’estate del 130, tra luglio e settembre.
Il 24 ottobre, giorno dell’anniversario della morte di Osiride, il giovane muore per annegamento nel Nilo. Non conosciamo il luogo preciso dell’incidente, ma sappiamo che il suo corpo fu portato a Ermopoli per ricevere gli onori funebri. Cassio Dione riporta tre versioni della morte. Nella prima, tratta dall’autobiografia di Adriano, si parla di una disgrazia, il giovane sarebbe “caduto nell’acqua”. Nella seconda Dione ritiene che “secondo la verità dei fatti” il giovane si sarebbe immolato in sacrificio. Nella terza si sarebbe suicidato andando “volontariamente incontro alla morte”. Riguardo l’ipotesi del suicidio esistono due varianti: avrebbe compiuto questo estremo sacrificio spinto dall’amore per Adriano o dal desiderio dell’imperatore di rinviare il destino di morte che incombeva su di lui. Secondo Aurelio Vittore infatti l’imperatore aveva consultato dei magi per conoscere il suo destino. Nel poema di Pancrate si parla infatti di una profezia secondo la quale era necessario che qualcuno si sacrificasse per l’imperatore. A riguardo, Antigono di Nicea ha trascritto un vaticinio relativo ad Adriano, secondo il quale l’imperatore sarebbe dovuto morire nel 132 a 56 anni, con la possibilità di vivere altri sei anni se qualcuno si fosse sacrificato al suo posto. La coincidenza della data di morte con la festività dei Nea boa, ovvero con il giubileo, per alcuni confermerebbe l’ipotesi del sacrificio rituale. Si tratta comunque soltanto di ipotesi. Aurelio Vittore già all’epoca scriveva: “noi lasceremo la cosa senza una risposta, sebbene con animo placato riteniamo che un rapporto tra persone di così grande differenza di età sia sospetto”. È probabile si sia trattato di una disgrazia e che le fonti ostili abbiano speculato soprattutto a causa degli onori che Adriano riservò al suo amato.

 

Adriana_6Un eroe divino
Antinoo è morto. Adriano è sconvolto. Decide di fondare sulla sponda occidentale del Nilo, luogo della disgrazia, una nuova città in suo onore, Antinopolis, garantendone così l’immortalità della memoria. Dichiara giorno festivo la sua data di nascita. Istituisce giochi in suo onore. Concede un vitalizio al poeta Pancrate per aver proposto di chiamare antinoeion un loto in fiore, considerato simbolo solare di rinascita e nuova vita. Il giovane intanto è divinizzato dai sacerdoti egizi e rappresentato come Osiride, la massima divinità egizia a cui erano associati i faraoni.
Adriano gli dedica statue e ritratti in quasi tutta l’ecumene, lasciando libera iniziativa alle comunità locali nella venerazione del nuovo eroe: la grande quantità di statue di Antinoo rinvenute è seconda solo a quella di grandi imperatori come Augusto e Adriano. Sebbene la libera iniziativa abbia avuto come esito una grande varietà di tipi, adattati alle esigenze e gusti locali, l’impostazione fu sempre classica, coerente con il gusto dell’imperatore. Il volto è ideale, di una giovinezza senza tempo, caratterizzato da alcuni tratti individuali caratteristici, quali la bocca carnosa, il mento arrotondato, il naso largo e dritto, e da una chioma folta e ricciuta. È proprio la chioma alla base dell’impostazione romantica dell’eroe giovane, bello e morto anzitempo. In un inno cantato in suo onore a Cipro, dove era assimilato ad Adone, gli è attribuito l’epiteto “dalle belle chiome”, e già in Omero la bellezza dei capelli caratterizza gli eroi morti in giovane età. Meravigliosa la definizione data da Marguerite Yourcenar, autrice del libro Memorie di Adriano, “I ritratti di Antinoo sono molti: vanno dall’incomparabile al mediocre, ma sono tutti coinvolgenti per il realismo incredibile della figura, sempre riconoscibile al primo sguardo e tuttavia interpretata in tanti modi, esempio della moltiplicazione nella pietra di un volto che non era quello di un uomo di Stato, di un filosofo, ma quello di un uomo che fu semplicemente amato”. Coerentemente alla natura eroica del culto, Antinoo è rappresentato nudo. Il suo è un atteggiamento contemplativo, con la testa girata e inclinata. Spesso è assimilato a Osiride (gonnellino e copricapo regale), a Dioniso (corona di edera e pelli ferine), ad Apollo (corona laureata, tipo dell’Apollo Liceo) e a diverse divinità rustiche quali Pan e Silvano.
Cassio Dione scrive che Adriano “disse di aver visto di persona una stella, quella di Antinoo, e ascoltava con compiacimento i suoi familiari che raccontavano la storia della stella di Antinoo, nata dalla sua anima e comparsa allora per la prima volta”.
A conferma dell’ipotesi che la morte sia avvenuta subito dopo la caccia al leone, che Antinoo sia stato sublimato in maniera astrale e che si diffuse la convinzione che dalla sua morte sia nato un fiore salvifico, ci sono i seguenti versi di un papiro di Ossirinco (P. Oxy. 4352): “…le ninfe si misero a coronare i loro capelli del fiore nato da Antinoo che conserva la lancia vigorosa del cacciatore. Si era affrettato verso il Nilo per lavarvi il sangue leonino, ma Selene, avvenire più importante, lo promosse a un rango in cui brillò come un astro, suo sposo…”.

 

Adriana_2La rinascita di Villa Adriana
Adriano torna a Roma nel 133. Il dolore per la perdita e l’intervento diretto dell’imperatore nella promozione del culto di Antinoo sono così evidenti che il senato, secondo Cassio Dione e l’Historia Augusta, lo rimprovera di piangere “come una donnetta” e di aver riservato al bitinio più onori che agli altri membri della famiglia imperiale, nonché alla sorella Paolina morta lo stesso anno. In Italia Adriano è quindi cauto. Consapevole dell’avversione del senato al suo filellenismo e del fatto che mai avrebbe concesso l’apoteosi al fanciullo, confina il culto di Antinoo, sebbene in forma monumentale, all’interno della sua residenza. Progetta di onorare l’amato nella villa di Tivoli mediante la costruzione di una tomba-tempio, l’Antinoeion, posto lungo l’ingresso monumentale. I bolli laterizi ne collocano la costruzione dopo il 134. A questo monumento potrebbe appartenere l’obelisco del Pincio, su cui sono celebrate le figure di Adriano e Antinoo e su cui è incisa la seguente iscrizione: “Antinoo riposa in questa tomba situata all’interno del giardino, proprietà del Principe di Roma”. È probabile che l’obelisco fungesse da titulus del sepolcro. L’iscrizione sembrerebbe suggerire l’ipotesi che Adriano abbia riportato a Roma le spoglie mummificate di Antinoo. Gli scavi hanno portato alla luce un ninfeo connesso ad alcune vasche e collegato a pozzi. L’elemento idrico doveva rivestire una certa importanza nell’Antinoeion, oltre ad esse necessario per le celebrazioni rituali, doveva essere un’allusione simbolica al Nilo. Numerose sculture egittizzanti (divinità, sacerdoti, offerenti, animali, altari e vari oggetti) realizzate secondo i canoni della tradizione greco-ellenistica sono state scoperte in questa zona, così come nella cosiddetta Palestra da cui provengono anche alcuni frammenti di statue raffiguranti sacerdoti isiaci. Le fonti antiquarie dicono che Adriano, dopo la morte di Antinoo, avrebbe fatto aprire una feritoia nella Torre di Roccabruna per convogliare lo sguardo verso quella parte di emisfero celeste dove era possibile osservare la stella di Antinoo. È probabile che nell’Antinoeion il giovane bitinio fosse venerato come nume principale e gli fosse offerto il culto funerario, mentre nella Palestra fosse accolto quale σύνθρονος (regnante sullo stesso trono) all’interno del pantheon dell’Egitto greco romano. Gli altri edifici egittizzanti presenti nella Villa, quali il Canopo e il Serapeo, sono da collegare soltanto alla passione di Adriano per l’Egitto, non al suo intento di rendere omaggio al giovane amato. Al contrario che in Grecia, Egitto e Asia Minore, in Italia il culto di Antinoo non ha grande fortuna. Si conclude con la morte di Adriano.

 

Adriana_4Winckelmann, Wilde, D’Annunzio, Yourcenar e gli altri
L’icona Antinoo invece non ha ancora smesso di esercitare il suo fascino. La perfezione della forma e l’ideale classico di bellezza, tramandate grazie alla grande mole di statue, ritratti, monete e gemme, hanno fornito innumerevoli modelli per un’arte all’antica. Molti hanno individuato nei nudi di Donatello e nelle anatomie di Michelangelo delle derivazioni sia fisiche che espressive di Antinoo. Nei primi del Cinquecento alcuni circoli intellettuali dediti a speculazioni esoteriche, furono ammaliati dalla sua tragica biografia e ne esaltarono l’aspetto salvifico. È stato il neoclassicismo però a sancire la fortuna più grande della sua immagine, grazie all’esaltazione che Johann Winckelmann fece di un suo rilievo rinvenuto a villa Adriana nel 1735. Immenso il fascino esercitato sui letterati: si dice che D’Annunzio avesse un suo busto nel sala da pranzo al Vittoriale. Oscar Wilde ha associato il volto senza tempo di Antinoo al potere divino che giace nel desiderio; il volto del giovane è per lui il simbolo per ricostruire la bellezza perfetta e sensuale persa di Dorian Gray. Alcuni hanno voluto addirittura accostare l’angoscia per la bellezza che sfiorisce di Dorian\Wilde alla malinconia di Antinoo di Marguerite Yourcenar. Ancora più recentemente, è intorno al busto di Antinoo che Ferzan Öpzetek fa ruotare i personaggi nella scena iniziale delle Fate ignoranti evidenziandone così l’aspetto più umano, la loro solitudine, il distacco causato da una scomparsa. Simbolo di una bellezza senza tempo, la figura di Antinoo conserva ancora intatta il suo fascino forse perché è diventata misura della bellezza umana.

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