Una sola volta nel corso del proprio rapporto di lavoro dipendente i lavoratori possono richiedere all’azienda-datore di lavoro un’anticipazione del trattamento di fine rapporto (TFR) che avrebbero diritto di percepire solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro stesso.
Tale diritto all’anticipazione non può essere negato dall’azienda – tranne nell’ipotesi in cui si trovi in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria – purché i lavoratori abbiano almeno 8 anni di anzianità aziendale e richiedano l’anticipazione specificatamente per l’acquisto della prima per sé o per i propri figli, per sostenere spese sanitarie ovvero per sostenere spese durante i periodi per i quali i lavoratori usufruiscano dei seguenti congedi: astensione facoltativa per maternità e congedi per formazione.
Se ricorrono i requisiti previsti dalla legge – e la giurisprudenza è ricca di pronunce sull’ammissibilità di specifiche tipologie di richieste di anticipazione TFR – i lavoratori hanno diritto a chiedere un’anticipazione massima pari al 70% della quantità di TFR maturato alla data di presentazione della richiesta allegando idonea documentazione a supporto della richiesta stessa: atto di acquisto della casa destinata a normale abitazione, certificazione ASL, domanda di congedo con indicazione del relativo periodo di fruizione.
Attenzione: dal momento che l’azienda è tenuta ad accogliere le domande di anticipazione TFR dei dipendenti solo entro un determinato limite annuo, può controllare che la somma anticipata sia stata effettivamente impiegata dal lavoratore per lo scopo indicato nella richiesta onde non danneggiare altri lavoratori aventi diritto.
A partire dal 1° gennaio 2007, però, non tutti i dipendenti hanno deciso di lasciare il proprio TFR in azienda optando piuttosto per la destinazione ad un fondo di previdenza complementare; per tali dipendenti l’anticipazione del TFR dovrà essere richiesta ai fondi secondo quanto disposto dai regolamenti.