Era ora! Dopo averci sfranto le palle con i favolosi anni 60, dopo aver magnificato gli anni 50 e idolatrato gli anni ’70 finalmente si spalancano le porte degli anni ’80 il decennio in cui imparammo a non preoccuparci e ad amare il capitalismo.
Non dico che sia stato un bene ma era ora che si desse un’occhiata a quegli incredibili dieci anni che hanno visto la diffusione del walkman, del videoregistratore, del personal computer (sia Pc che Apple), dello skateborad… del rap; gli anni del cubo di Rubik delle “guerre stellari” (quelle tra Stati Uniti e Urss non il film), della nascita dei centri commerciali, gli anni in cui è cresciuto a dismisura il debito pubblico internazionale, in cui le mutande di Calvin Klein campeggiavano gigantesche a Times Square. Insomma, benvenuti nei mitici anni 80: ci ha pensato National Geographic e per giunta in HD (il martedì alle 20.55 sui canali 131 e 403) a farci viaggiare nel tempo.
Ho già manifestato la mia passione per le immagini di repertorio ma stavolta si tratta proprio di amore viscerale: sarà la vicinanza anagrafica, il fatto che quegli anni li ho vissuti abbastanza pienamente crescendovici dentro ma trovo che il programma sia realizzato in maniera davvero esemplare. Senza retorica o compiacimento ma senza nemmeno annoiare: un nuovo modo di affrontare il genere documentaristico.
Forse è il decennio stesso che si presta per le sue componenti glamour o di apparente superficialità patinata ma vedere Madonna in un’intervista dichiarare “voglio conquistare il mondo” mentre gioca con una ciocca di capelli ti inchioda allo schermo. E lo stesso effetto lo produce la visione della storia della “Apple” condensata in pochi minuti con materiale di repertorio e interviste realizzate oggi ai protagonisti di allora, dal folle co-fondatore Steve Wozniak al dirigente che costrinse Steve Jobs ad andare via dall’azienda da lui creata per insanabili divergenze. Il decennio degli hippie creativi, del magnate Richard Branson che in quegli anni decise di applicare le regole dell’intrattenimento a lui note in quanto proprietario della “Virgin records” ai… viaggi aerei intercontinentali.
Storie di pazzi, perché venivano dichiarati tali agli inizi… pazzi che però avevano delle intuizioni, dei sogni e vedere raccolte quelle dichiarazioni, i pezzi dei maggiori notiziari del periodo e vederle col senno (si fa per dire) del nostro presente è affascinante e istruttivo. Programmi del genere andrebbero davvero mostrati agli studenti delle scuole medie e superiori (per i quali ahimè è già storia) perché tutto ciò che oggi ci accompagna parte da lì e lo possiamo vedere. Le invenzioni in sé hanno magari qualche anno in più ma la diffusione è “eighties”: pensiamo solo ai “cellulari”. Vi rendete conto che in quegli anni c’è stato uno dei cambiamenti più radicali delle nostre abitudini, un passaggio epocale nel campo della comunicazione. Da quel momento siamo stati sempre connessi, “always on”, disponibili, rintracciabili, operativi. E tutto questo chi è nato dopo fa difficoltà anche solo a pensarlo. Ma non c’è stato mica solo il cellulare… vogliamo parlare dei videogiochi? Lo sapevate che Pacman è stato giocato più di 10 miliardi di volte da quando è comparso sulla scena? E se dite sticazzi avete ragione solo in parte perché potrei ammorbarvi sulle implicazioni socioeconomiche circa l’impatto dell’industria videoludica sull’economia e sull’apprendimento delle generazioni attuali nel campo del problem-solving in lassi di tempo brevissimi e in condizioni di stress ma non ne ho voglia.
Sono gli stessi anni in cui la bellezza diventa una vera e propria ideologia grazie anche a Jane Fonda che dopo aver manifestato contro la guerra in Vietnam e contro l’energia nucleare decide di investire su un’idea che l’aveva folgorata: portare l’aerobica alle masse attraverso un nascente ma ancora poco diffuso mezzo di comunicazione: il videoregistratore. (In Italia l’avrebbero massacrata) Negli anni ’80 il videoregistratore fu il diffusore di massa della forma fisica per famiglie: “workout” è stato il video più venduto del decennio ma non fu il solo ad entrare nelle case perché anche il porno ci arrivò uscendo dalla dimensione cinematografica e squallida dei circuiti triple X gestiti dalla malavita per diventare borghese e discreto nelle sue confezioni anonime.
Tutto questo fu possibile anche grazie ad un altra invenzione degli anni ’80, le videocamere: la prima ad uso domestico comparve nel 1983 e cambiò per sempre anche il nostro modo di ricordare gli eventi. Milioni di ore di comunioni, matrimoni, primi passi, bagnetti, panorami, cagnolini, regali inattesi sono stati immortalati creando una sorta di universo parallelo fatto di immagini elettroniche. Ritornerei sull’aspetto pedagogico del programma che potrebbe davvero essere integrato con un corso di storia più stimolante rispetto al semplice libro (e temo che ancora oggi come “ai miei tempi” lo studio della storia si fermi alla seconda guerra mondiale per mancanza di tempo) o alla lettura di Wikipedia. Vedere Madonna (si intuisce che ho una certa passione?) che canta alla prima edizione degli “Mtv Music Video Awards” non vuol dire assistere solo ad una esibizione (spettacolare e di impatto) ma ad un cambiamento nell’immagine della donna rispetto a ciò che la precedeva. L’emancipazione è passata anche attraverso quella frase “touch for the very first time” che non a caso viene usata anni dopo da Quentin Tarantino per il monologo iniziale de “Le iene”.
Spero solo che questo programma apra le porte anche ad altri format sul mitico decennio. Sono anni che blatero di voler scrivere un quiz-show che ci faccia rivivere e cantare e sorridere su quello che è accaduto quando vestivamo con etti di gommapiuma nelle spalline. Non possiamo più negare ciò che siamo stati e da dove veniamo. Adesso siamo “abbastanza” maturi per farlo. E poi mi sono rotto gli zebedei di stare sempre a cantare “A-A-BBRONZATISSIMA” o “Il mondo” di Jimmy Fontana… adesso è il turno di “Vamos A la playa” e di “One night in Bangkok” ed è solo l’inizio… vado a completare il cubo di Rubik alla mia maniera, staccando i cubetti, ovviamente.
Waka Waka (non la canzone di Shakira ma il suono di pac man)