L’Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi-Anma ha elaborato un dossier (in allegato) in cui elenca le diverse criticità e contraddizioni che scaturirebbero dal decreto legge del Governo che prevede la chiusura delle sedi distaccate dei Tar.
L’Anma nel documento contesta la mancanza di dialogo anche di fronte all’invio di un pacchetto di proposte attraverso gli strumenti di partecipazione cittadina messi a disposizione dallo stesso Esecutivo (indirizzo email rivoluzione@governo.it). In questo modo, sono rimasti nel cassetto gli spunti costruttivi avanzati in merito anche “all’eliminazione del trattenimento in servizio, alle spese e alle sanzioni per liti temerarie, al sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi, al rito degli appalti pubblici”.
Incomprensibile anche l’utilizzo della decretazione di urgenza, sulla quale pende sin da ora un chiaro profilo di illegittimità.
Ma soprattutto, denuncia l’Anma, non si comprende la ratio di questo provvedimento che colpisce solo otto sedi (un totale di 28, 20 nei capoluoghi, o sezioni staccate, oltre alle due nelle province autonome di Trento e Bolzano), tutte in grandi città: Catania, Lecce, Reggio Calabria, Salerno, Latina, Pescara, Parma, Brescia, con carichi di lavoro cospicui e di grande impatto sul contenzioso. Non solo, “in tutte le sedi staccate, l’arretrato si è ridotto, negli ultimi anni, in percentuali rilevantissime che vanno dal 70% al 15%; ad esempio, presso il T.A.R. Brescia, nel 2007 erano pendenti 12.000 ricorsi e oggi solo poco più di 4.000; così, presso il T.A.R. Reggio Calabria, i ricorsi pendenti erano più di 12.000 nel 2009 e oggi sono poco più di 4100; presso il T.A.R. Catania che, pur sede staccata, è per dimensioni il quarto T.A.R. d’Italia, l’abbattimento dell’arretrato, dal 2009, è stato di oltre 9.000 fascicoli pendenti su 63.000”. Come si sottolinea nel dossier, “nulla a che vedere, quindi, con le sezioni distaccate dei Tribunali ordinari e con gli stessi Tribunali di recente soppressi, tutti situati in piccoli centri urbani”.
L’Anma, concludendo, parla quindi di “un’operazione costosa e inutile”, ed evidenzia come il provvedimento contenuto nel decreto legge non abbia giustificazioni dal punto di vista:
- dei costi (per il necessario reperimento di nuove sedi, per la predisposizione dei locali, per il trasloco, per le indennità da corrispondere al personale);
- dell’efficienza (per l’ingolfamento delle sedi più grandi, già in maggiore difficoltà rispetto alle altre);
- dell’allontanamento della giustizia dai cittadini (che sarebbero costretti a recarsi presso Tribunali distanti dal luogo ove si esercita l’attività);
- della mortificazione di territori di notevole rilevanza sul piano demografico, sociale ed economico (le otto sedi distaccate, infatti, sono situate in grandi centri urbani e rendono giustizia con riferimento a territori assai vasti).