Giustizia, dall’Anf proposte concrete per governare le conseguenze delle liberalizzazioni e aprirsi alle sfide della competitività.
“Le liberalizzazioni così come varate dal precedente governo e dall’attuale esecutivo comprensibilmente non piacciono a molti componenti della categoria degli avvocati. Però e’ giunto il momento di governare il fenomeno, di passare dalla protesta alla fase della proposta.
Quel che serve alla nostra categoria è essere più duttile, per non doversi semplicemente adeguare ai mutamenti politici ed economici della società, ma anzi gestire i cambiamenti per poter continuare ad esercitare con autorevolezza la professione.”
Cosi’ Ester Perifano, segretario generale dell’A.N.F. alla conclusione dei lavori del VI Congresso nazionale dell’associazione “L’avvocato tra libertà e liberalizzazioni. Oggi è già domani.
Dove e come esercitare l’effettiva tutela dei diritti.”
Ed è proprio sul tema delle liberalizzazioni che l’ANF propone la sua ricetta per smuovere l’avvocatura italiana, prigioniera, a causa di una rappresentanza eccessivamente conservatrice, di vecchi schemi.
“L’avvocatura- continua Perifano – guardi lontano, consideri il cosiddetto outsourcing e si proponga per gestire fette di competenze che il mastodontico Stato sociale, ormai al tramonto, non riesce più a gestire con efficienza. Decreti ingiuntivi, accertamenti tecnici preventivi, redazione di inventari e tanto altro, come anche da altre parti si propone, potrebbe essere affidato e gestito interamente dalla categoria degli avvocati, professionisti qualificati e che si devono rendere disponibili alla riconversione.
E’ auspicabile anche un effettivo riordino del comparto giuridico – economico, con un riequilibrio delle competenze tra le varie professionalità che lo compongono, oggi fin troppo, e irragionevolmente, sbilanciate a scapito dei cittadini.
Occorre ‘rimescolare le carte’, per troppo tempo in mano ai soliti noti. Notai, commercialisti ed avvocati hanno tutti competenze analoghe, spesso si affiancano o addirittura si sovrappongono tra di loro. Eppure, nonostante la supposta spinta liberalizzatrice, è stata negata agli avvocati la possibilità di rogare atti di compravendita immobiliare, quanto meno di modico valore.
Vi è quindi una ingiustificata asimmetria tra competenze professionali identiche o quanto meno assimilabili in alcuni settori, a taluno estese, agli avvocati negate.
Sempre nell’ottica di una vera liberalizzazione delle libere professioni, è opportuno se non addirittura indispensabile, che anche alle stesse siano estesi alcuni istituti tipici ed esclusivi, sino ad oggi, dell’impresa commerciale.
Due esempi su tutti: ormai superato l’ultimo tabù ed introdotta la possibilità dell’esercizio della professione anche nelle forme delle società di capitali ed, addirittura, della presenza di un socio di mero capitale all’interno di esse, appare opportuna la possibilità di estendere anche agli studi professionali ad esempio gli istituti della cessione e dell’ affitto di “azienda”.
Settori esposti alle liberalizzazioni esigono la gestione di fasi transitorie durante le quali le attività individuali dei prestatori di servizi dovranno riqualificarsi, accedere a forme di organizzazione del lavoro più efficienti, promuovere processi di aggregazione per sfruttare possibili economie di scala.
La maggiore flessibilità cui saranno sottoposti settori fino ad oggi protetti richiede la previsione di ammortizzatori sociali calibrati e studiati in base alle caratteristiche di queste attività.
Riconoscere la necessità di accompagnare i processi di aggiustamento può migliorare il risultato delle liberalizzazioni e ammorbidire l’arroccamento difensivo delle categorie interessate.”
“Quanto all’aspetto interno occorre una spallata. Political divided, la chiamano i più trendy : ovvero la contrapposizione tra una classe dirigente chiusa e arroccata da una parte e il forte bisogno di partecipazione e di democrazia che viene dalla base dall’altra.
Una spinta verso una maggiore democrazia l’ha data l’art.3. Il resto – conclude Perifano – tocca a noi, senza timori reverenziali di sorta, ma consapevoli che il recupero di autorevolezza impone sacrifici e azioni anche dure, ma necessarie.”