Un giro di vite della Corte di Cassazione con la sentenza n° 12763 depositata il 13/05/2021 nei confronti di quei superficiali provvedimenti del Tribunale dei Minori che talvolta con discutibile facilità dispongono la limitazione o l’esclusione della responsabilità genitoriale senza adeguata motivazione o quanto meno, senza una idonea istruttoria.
La questione riguardava una donna la quale impugnava la decisione negativa della Corte d’Appello di Potenza con la quale era stata sospesa la responsabilità genitoriale nei confronti del figlio minore.
La Cassazione censurava la decisione del Tribunale e poi della Corte d’Appello sotto due profili, da un latro processualmente in quanto il giudice di II grado aveva rigettato il reclamo sostenendo che il provvedimento del Tribunale non avesse natura decisoria e quindi attitudine di giudicato, affermazione totalmente errata secondo la Cassazione in quanto è pacifico che il provvedimento di decadenza della potestà genitoriale o di sospensione ha sicuramente un carattere decisiorio almeno rebus sic stantibus (in tal senso già si annovera sul punto Cass. n° 1668 del 2020).
Tuttavia la parte più interessante della sentenza è quella che riguarda le motivazioni con le quali il Tribunale dei Minorenni aveva disposto la sospensione della responsabilità genitoriale vale a dire per l’assenza nel domicilio della madre e per la sua ritenuta abnorme aggressività.
La Cassazione rileva che la circostanza di essersi allontanata per andare a trovare l’altra figlia presso i nonni non corrispondeva altro che ad un dovere della madre e non poteva essere considerata una colpa.
In secondo luogo per ciò che riguardava l’affermazione secondo la quale la donna si sarebbe abbandonata “a solerti scoppi collerici” si tratta sicuramente di una motivazione insufficiente atta a giustificare un provvedimento così grave come la sospensione di responsabilità e l’allontanamento dal minore senza peraltro indicare alcuna fonte probatoria.
Per comprendere la ratio della decisione della Cassazione riepiloghiamo brevemente i presupposti ed i meccanismi di funzionamento dell’istituto di cui agli art.li 330 e 333 c.c.
VIOLAZIONE ED ABUSO DEI POTERI
I genitori sono tenuti a far fronte ai doveri a loro afferenti e connessi con la responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, proteggendoli, assicurando loro una serena crescita ed esercitando la responsabilità genitoriale di comune accordo tenuto conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli, dovendo peraltro adempire a tutti gli obblighi nei confronti della prole in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità patrimoniale ed economica.
In tutte quelle situazioni viceversa nei quali i genitori non esercitino i doveri a loro afferenti oppure abusino dei poteri statuiti dalla legge pregiudicando l’interesse e le legittime aspettative della prole, la legge nei casi più gravi, prevede che il giudice possa pronunciare la decadenza della responsabilità genitoriale.
Ciò si verifica quando un genitore viola o trascura i doveri ad esso inerenti o abusi dei relativi poteri con grave pregiudizio dei figli.
In tal caso la normativa ex art.li 330 e 333 c.c. graduando i provvedimenti negativi dispone che il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore e comunque può assumere quei provvedimenti che appaiano più convenienti nel caso concreto.
Per comprendere la gravità del provvedimento di sospensione o decadenza della responsabilità genitoriale va ricordato che l’istituto della responsabilità genitoriale è andato a sostituire la vecchia potestà genitoriale ed è stato introdotto dal d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013. La normativa è regolamentata ed inserita nel Codice Civile negli artt. 316 e seguenti con i quali vengono specificati i rapporti fra i genitori ed i figli e viene regolamentato l’esercizio dei diritti e doveri nei confronti di questi ultimi.
L’esercizio della responsabilità genitoriale nell’ipotesi di crisi del rapporto è regolamentata dal comma 3 dell’art. 337-ter c.c. che così statuisce “La responsabilità genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute ed alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisone è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabile che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento…”.
In genere, nei procedimenti giudiziari viene stabilito che le decisioni di ordinaria amministrazione vengano assunte dal genitore con cui si trova il figlio in quel momento (le frequentazioni, l’alimentazione, gli svaghi, ecc.) mentre le decisioni straordinarie, (residenza, spostamento all’estero, istruzione, salute) devono essere assunte di comune accordo.
La “responsabilità genitoriale” introdotta dalla normativa del 2013 come si è detto ha sostituito la precedente potestà dei genitori, intendendosi indicare con chiarezza che non si tratta più di un potere coercitivo dei genitori sui figli, quanto piuttosto di un dovere dei genitori nel curare gli interessi della prole, tra l’altro equiparandosi la normativa italiana a quella europea.
AFFIDAMENTO E RESPONSABILITA’ GENITORIALE
La responsabilità genitoriale è strettamente connessa all’istituto dell’affidamento.
Infatti è evidente che, se la custodia dei figli minori viene attribuita ad uno solo dei genitori, sarebbe assurdo che le decisioni ordinarie e straordinarie rimanessero attribuite ad entrambi.
In tal senso ad evitare equivoci il comma 3 dell’art. 337-quater c.c. stabilisce espressamente che in caso di affidamento attribuito ad un solo genitore, la responsabilità genitoriale verrà attribuita totalmente a questi con il solo limite di rispettare comunque le condizioni determinate dal magistrato.
Residuano a favore dell’altro soltanto le decisioni di maggiore interesse per i figli che dovranno essere assunte da entrambi, salvo che il magistrato attribuisca la responsabilità genitoriale anche per le decisioni di straordinaria amministrazione all’unico genitore affidatario.
Allorché un genitore rilevi che l’altro non adempia ai propri doveri e neanche alle statuizioni del Tribunale, per i casi più gravi può ricorrere al disposto di cui agli art.li 330 e 333 c.c.
Si tratta di situazioni gravi la cui istruttoria è di competenza esclusiva del Tribunale dei Minorenni (se però pende processo di separazione, divorzio o affidamento dei figli naturali ex art. 38 disp. att. c.c., i provvedimenti di cui all’art. 333 c.c. spettano al giudice del processo in corso avanti al Tribunale ordinario).
Sono due istituti che incidono pesantemente sulla responsabilità genitoriale allorché appunto ci si trovi in presenza di violazione di doveri o di abuso degli stessi da parte di uno o di entrambi i genitori.
In questi casi, a differenza di altre situazioni, il Tribunale dei Minorenni, allorché sia terminato il processo di separazione o divorzio, avanti al Tribunale Civile può anche modificare e travolgere i provvedimenti già assunti dal Giudice del Tribunale Civile, ove ritenga che la situazione sia di tale gravità da consigliare un nuovo intervento coattivo nei confronti del genitore responsabile di comportamenti così gravi da legittimare la decadenza o la riduzione della responsabilità genitoriale.
LA LEGITTIMAZIONE
Allorché vengano a cessare le ragioni per la quale la decadenza della responsabilità genitoriale o la limitazione sia stata pronunciata è possibile la reintegrazione in favore del genitore decaduto.
A differenza del procedimento di separazione e divorzio o crisi della convivenza in cui gli interessati sono i coniugi o i genitori, nel caso di decadenza o di limitazione della responsabilità genitoriale, poiché si fa riferimento ad un interesse pubblico, l’azione può essere promossa anche da altri soggetti.
L’art. 336 c.c. infatti prevede espressamente che i provvedimenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti, del Pubblico Ministero e naturalmente allorché venga presentata la richiesta di revoca, anche del genitore interessato.
Il Tribunale decide in Camera di Consiglio, assunte le informazioni e sentito il Pubblico Ministero.
Di norma può ascoltare il minore che abbia compiuto gli anni 12 o anche di età inferiore se capace di discernimento.
In ogni caso, allorché la decadenza venga richiesta nei confronti di uno dei genitori, questi deve essere obbligatoriamente sentito anche se, in caso di urgente necessità, il Tribunale può adottare, anche d’ufficio, i provvedimenti temporanei ed urgenti ritenuti improcrastinabili.
Da segnalare l’ordinanza del 25 gennaio 2021 n. 1471 che ha statuito come, nei giudizi aventi ad oggetto provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, il minore ha diritto alla difesa tecnica, anche tramite un curatore speciale.
LA CASISTICA
La casistica circa le situazioni che hanno dato luogo alla pronunzia da parte dei Tribunali della decadenza della potestà genitoriale, è abbastanza varia.
In ogni caso i provvedimenti possono essere assunti nei confronti non solo di uno, ma anche di entrambi i genitori, allorché sia oggettivamente comprovato il comportamento lesivo comune o la mancata difesa dei figli.
È da notare che la norma non prevede alcuna valutazione circa il dolo o la colpa nel comportamento.
È sufficiente che la situazione sia oggettivamente ravvisabile e sussista un pregiudizio per il minore.
Secondo la giurisprudenza corrente, infatti tali normative non hanno una funzione sanzionatoria, ma piuttosto una funzione preventiva, nel senso che non sono finalizzate a colpire o a punire un genitore per il proprio grave comportamento, quanto a tutelare il minore per evitare le conseguenze pregiudizievoli che subisce.
Sotto il profilo penale ricordiamo parallelamente la decadenza della potestà genitoriale prevista quale pena accessoria ai sensi dell’art. 34 c.p. o viceversa per i vari reati di violenza sessuale.
Ciò che emerge esaminando le varie sentenze di merito è la preventiva valutazione relativa al comportamento ed alla condotta del genitore che viola i doveri a lui spettanti, ovvero l’esistenza di un abuso così come prevede la norma e contemporaneamente un grave pregiudizio per il figlio in conseguenza di tale comportamento.
In linea di massima, si può rilevare che vengono emessi i provvedimenti di decadenza, allorché siano oggettivamene ravvisabili comportamenti lesivi od atteggiamenti violenti e non solo nei confronti del figlio, ma anche nei confronti del coniuge o della compagna, ripercuotendosi tale situazione di aggressività familiare ovviamente anche nei confronti della prole.
Egualmente si ravvisano gli elementi per la pronuncia della decadenza o comunque della limitazione, allorché emerga una situazione di compressione della libera determinazione del figlio sotto il profilo psicologico, ovvero ci si trovi in situazioni in cui non vengono comprese le esigenze della prole, ovvero ancora si vogliano imporre punti di vista unilaterali, ignorando le esigenze primarie dei figli.
In altri casi, sono stati ravvisati i presupposti della decadenza, allorché, (per esempio in alcune confessioni religiose), non vengano tutelati adeguatamente i figli sotto il profilo sanitario o per esempio, si impediscano le trasfusioni).
È dubbio se si possa arrivare a tanto nel caso di impedimento di semplici vaccinazioni.
Se si esaminano le decisioni emergono situazioni e comportamenti che hanno dato luogo ai provvedimenti di cui agli artt. 330 c.c. e 333 c.c. fra i più disparati.
Un caso frequente è la scomparsa o l’irreperibilità di un genitore che diviene introvabile in genere per sottrarsi ai doveri a lui incombenti, sia di natura economica che di assistenza.
L’imposizione nei confronti dei figli fino a impedire il loro libero arbitrio è un altro caso frequente. Ovviamente le violenze fisiche e psicologiche, le violenze sessuali, le violenze continuative verso l’altro genitore alla presenza del figlio, l’abbandono, lo sfruttamento in attività illecite o comunque lesive per il minore, l’abuso dei mezzi di correzione, etc.
Di contro non danno luogo ai provvedimenti di decadenza o di limitazione nella responsabilità genitoriale, comportamenti aggressivi saltuari o trascuratezza nei doveri inerenti alla genitorialità non continuativi, né l’eventuale immoralità del genitore, come per esempio l’esercizio della prostituzione, allorché manchi il pregiudizio o un danno effettivo per i figli.
Un caso frequente è quello relativo all’impedimento che un genitore ponga in essere nei confronti dell’altro, inibendo il diritto di visita e di frequentazione, questione di cui si è occupata la Cassazione in numerose occasioni.
Per esempio, la Suprema Corte ha affrontato il caso di un bambino affidato all’epoca alla madre, la quale di fatto impediva gli incontri con il padre, o comunque aveva imposto al figlio un atteggiamento assolutamente negativo nei confronti dell’altro genitore.
Il bambino si rifiutava categoricamente di incontrare il padre, mentre la madre escludeva qualsiasi propria responsabilità in un simile comportamento di assenza di collaborazione.
Il Tribunale dei Minorenni adito disponeva l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio che viceversa accertava che gli atteggiamenti della madre avevano indotto il figlio al rifiuto della figura paterna.
A seguito di tale consulenza il Tribunale dei Minori disponeva la decadenza della potestà genitoriale della madre nei confronti del minore, che veniva affidato temporaneamente al Servizio sociale del Comune.
È importante secondo l’attuale giurisprudenza accentuare che i provvedimenti di estrema gravità di cui agli art.li 330 e 333 c.c. non vengono mai assunti nell’interesse o per punire i genitori, ma soltanto nell’interesse dei figli. Tuttavia rimettendo la norma ogni valutazione alla sensibilità del magistrato, accade spetto che le decisioni vengano riformate, come nel caso di cui si è parlato.
Nel 2018 per esempio la Corte di Cassazione (18/06/2018 n° 15949) confermava la sentenza della Corte d’Appello con la quale a differenza di ciò che aveva ritenuto il Tribunale, era stata annullata la revoca della responsabilità genitoriale in favore della madre la quale si era allontanata dalla residenza di Roma trasferendosi a Padova con il minore.
Il Tribunale dei Minorenni di Roma in I grado aveva dichiarato la decadenza della responsabilità genitoriale rilevando che la mancanza del consenso dell’altro genitore aveva pregiudicato gli interessi dello stesso, soprattutto dell’esercizio di visita e di controllo sul minore, talché di fatto si era interrotto ogni rapporto fra il padre ed il figlio.
La Corte d’Appello con sentenza poi confermata dalla Cassazione accoglieva viceversa il reclamo proposto dalla madre rilevando che non illegittimamente la stessa si era trasferita a Padova in quanto lì aveva una insostituibile occasione lavorativa che le permetteva di provvedere meglio al mantenimento del figlio, mentre in loco erano presenti i propri genitori i quali la ospitavano presso la propria abitazione con la disponibilità di un alloggio che viceversa non aveva.
Inoltre la madre aveva dimostrato di possedere le capacità genitoriale e di porre in essere le necessarie attenzioni presupposte per accudire il minore a fronte viceversa di un’oggettiva inaffidabilità del padre.
Ciò che veniva accentuato in questa decisione ed in tutte le successive era proprio il principio per cui il provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale non viene pronunciato in favore dell’uno o dell’altro genitore, ma deve perseguire esclusivamente gli interessi del minore indipendentemente dalle richieste e dagli interessi dei genitori.
Le conseguenze della decadenza o DELLA limitazione della responsabilità
Innanzitutto va rilevato che la pronuncia di decadenza o della limitazione di responsabilità non comporta certamente il venir meno degli obblighi di natura economica.
Pertanto chi è colpito dai provvedimenti negativi non per questo è esentato dal provvedere economicamente agli incombenti a lui spettanti, agli obblighi di sussistenza e di mantenimento previsti dalla legge.
Altra conseguenza del provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale, è che automaticamente ogni decisione e quindi l’amministrazione dei beni e la responsabilità genitoriale stessa, spetterà all’altro genitore.
Nei casi più gravi in cui la sanzione di decadenza dovesse colpire entrambi i genitori, dovrà aprirsi il procedimento ex art. 343 c.c. di tutela.
Infatti espressamente tale ultima norma prevede che, se non può essere esercitata la responsabilità genitoriale, si apre la tutela presso il Tribunale del circondario ove è la sede principale degli affari ad interesse del minore.
Se il tutore trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del Tribunale.
In concreto il genitore nei cui confronti venga pronunciata la decadenza della potestà genitoriale, perde ogni potere decisionale, sia per l’amministrazione ordinaria che per quella straordinaria.
Ovviamente non può più rappresentare i figli, né sotto il profilo amministrativo, né giudiziario ed infine è totalmente escluso dall’amministrazione dei beni di costoro.
Nei casi più gravi, ove si configuri uno stato di abbandono morale o materiale il Tribunale dei Minori potrà dichiarare direttamente lo stato di adottabilità.
LA TOTALE ASSENZA DELLA FIGURA DI UN GENITORE
Un altro caso di estrema frequenza è quello nella quale il Tribunale dei Minorenni si trovi a decidere sulla richiesta di decadenza della responsabilità genitoriale in totale assenza di uno dei genitori.
Se il problema non si pone allorché l’assenza derivi da un fatto oggettivo, (per esempio dalla carcerazione di uno dei genitori) e cioè da una situazione di obiettiva impossibilità di esercitare qualsiasi controllo sul minore, (comunque limitatamente al periodo di carcerazione), tutt’altra è la situazione allorché l’assenza della figura paterna appaia come un comportamento volontario.
In questa ipotesi di norma, non viene prevista alcuna decadenza della responsabilità (si pensi alla lontananza per motivi di lavoro), sempreché continuino a sussistere i contatti con i figli, anche solo mediante il telefono o collegamenti elettronici.
Del tutto diversa è la situazione in presenza di un allontanamento volontario che dolosamente privi il minore di qualsiasi contatto con il genitore, ponendo in essere un’omissione che ben legittima la statuizione di decadenza.
Ovviamente l’assenza di un genitore che dà luogo alla pronuncia della decadenza della responsabilità genitoriale non va confusa con la contumacia nel processo. In tal senso il Tribunale di Milano per esempio con sentenza del 16/03/2016 ha rigettato la pretesa della donna la quale, rilevando che il marito si era astenuto dal partecipare al processo divorzile, richiedeva la pronuncia della decadenza solo per la contumacia del padre, ritenendo che ciò stesso dimostrasse l’assenza della figura paterna nella vita dei minori.
In molte occasioni la giurisprudenza ha precisato che la decadenza che comporta la rescissione definitiva fra i figli ed il genitore, va intesa come extrema ratio ossia quale intervento nel rapporto rimediale sussidiario e residuale.
Ne consegue che non è mai presupposto costitutivo sufficiente alla pronuncia di decadenza la sola irreperibilità del genitore, a maggior ragione se non sia stato accertato che la latitanza del rapporto genitoriale dipenda da esclusive e preminenti decisioni del genitore medesimo.
In tal senso la semplice scelta del padre, parte resistente, di non costituirsi in giudizio esprime sicuramente un disinteresse al fattivo esercizio della responsabilità genitoriale, ma ciò legittima al più la pronuncia dell’affidamento monogenitoriale del figlio minore in favore della madre, ma non la pronuncia della decadenza della responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c.
In sostanza perché il genitore possa rivolgersi al Tribunale richiedendo la revoca della responsabilità genitoriale devono verificarsi condizioni di rilevante gravità che possono consistere o nel mancato adempimento dei doveri genitoriali o nell’abuso dei poteri.
In tal ultimo caso sarà sufficiente dimostrare che abitualmente il genitore con cui vive il bambino lo maltratti o utilizzi mezzi di correzione inadatti o peggio ancora si serva di atteggiamenti che comportino violenze fisiche, ma anche psicologiche, (non da ultimo pregiudicando agli occhi del bambino la figura dell’altro genitore) o ancora non adempia ai doveri tipici del genitore, come provvedere al mantenimento o all’assistenza del minore.
In ciò la giurisprudenza è sempre stata conforme nel ritenere che non è sufficiente pagare gli alimenti, in quanto la figura di un genitore deve essere oggettivamente presente nella vita di un bambino, talché la sua assenza volontaria può configurare anche la previsione della decadenza o della sospensione di cui all’art. 330 e 332 c.c.
Frequenti ovviamente sono anche quelle situazioni in cui è lo stesso comportamento del genitore a creare turbamento al bambino e pregiudicargli una vita serena come essere dediti ad una vita immorale, far uso di sostanze stupefacenti e simili.