La Commissione ministeriale istituita per l’attuazione della rimodulazione giudiziaria nazionale si è prefissato l’obiettivo di abolire alcune Corti di Appello.
Ciò rientra nella logica della riduzione degli uffici giudiziari nel tentativo di risparmiare spese e razionalizzare l’apparato giudiziario e il lavoro dei giudici. Il precedente segnale è stato dato con la revisione della geografia giudiziaria che ha portato alla soppressione di ben trenta tribunali e due terzi degli uffici dei giudici di pace.
Secondo l’Associazione nazionale avvocati italiani i risultati negativi di tale revisione sono sotto gli occhi di tutti: il territorio ha perso un presidio di legalità e i tempi dei processi crescono e non diminuiscono.
“Alcuni tribunali accorpanti sono sull’orlo della paralisi” ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla.
“È aumentato il caos e si sono accentuale le disfunzioni. Il processo telematico non decolla e crescono le proteste di avvocati e di giudici. Questi ultimi insistono per avere copie cartacee in aggiunta agli atti telematici obbligatori. Qualcuno chiede addirittura gli atti telematici in aggiunta agli atti cartacei obbligatori.”
Di fronte alle enunciate forti disfunzioni e non soddisfatto del precedente intervento (che può assimilarsi all’irruzione di un elefante in una cristalleria) il Ministero della Giustizia ha progettato di abolire Corti di Appello che segnano da tempo immemorabile il funzionamento della giustizia sul territorio.
L’intervento non risponde a criteri di razionalizzazione né di risparmio di spese, né di efficientismo. Ma risponde solo ad una logica autocratica di accentramento di funzioni (e quindi di potere giurisdizionale).