“Il decreto ministeriale sui compensi degli amministratori giudiziari che entrerà in vigore tra pochi giorni si attendeva dal 1982, però purtroppo non possiamo dire che soddisfi le aspettative. Le prime simulazioni inducono a conclusioni che individuano una forbice troppo vasta tra il compenso previsto per un’azienda di piccole dimensioni ed un compenso eccessivamente alto per aziende con patrimoni vasti. Ritengo necessario arrivare ad uno statuto applicativo condiviso, in maniera da evitare ciò che si è verificato negli ultimi decenni e creare situazioni che l’utenza non potrebbe capire”.
Lo ha detto Bruno D’Urso, presidente aggiunto sezione GIP del Tribunale di Napoli, nel corso del forum “La liquidazione dei compensi dell’amministratore giudiziario: prospettive e limitazioni” che si è tenuto presso l’Odcec di Napoli, presieduto da Vincenzo Moretta.
“Crediamo che il nuovo decreto sui compensi ruolo penalizzi gli amministratori giudiziari. Aver equiparato l’attività di amministratore giudiziario a quella del curatore fallimentare è un errore per il semplice fatto che il primo ha il compito di gestire i beni sottoposti al procedimento ablativo, il secondo di liquidare l’attivo per soddisfare i creditori – ha sostenuto Arcangelo Sessa, consigliere dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli -. Purtroppo questo provvedimento è già nato nel modo sbagliato, essendo il frutto di mancanza di condivisione con i rappresentanti delle categorie professionali di riferimento, ovvero dottori commercialisti e avvocati”.
Secondo Pietro Luca Bevilacqua, presidente Commissione di Studio di Diritto penale dell’Economia dell’Odcec Napoli, “l’amministratore giudiziario quasi nella totalità dei casi amministra e custodisce grandi compensi aziendali, spesso in contesti criminali, nell’ottica di valorizzare gli stessi. I criteri nella determinazione dei compensi non sono in linea con le attività concretamente svolte e con i tempi della giustizia e risultano prevalentemente inadeguati”.
“Nel corso del dibattito in aula sul DDL di riforma del codice antimafia – ha evidenziato Domenico Posca, presidente onorario Istituto Nazionale Amministratori Giudiziari. – è stato nuovamente inserito l’illogico limite quantitativo agli incarichi di amministratore giudiziario che il mese scorso la commissione giustizia aveva eliminato (emendamento Bindi 4.1). Una norma definita ammazza amministratori, uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, nel corso dell’ultimo giorno di dibattito in aula con l’emendamento 0.13.25.1 che fissa un limite di tre incarichi aziendali. Dovremmo chiederci se è giusto legiferare sull’onda emotiva e giustizialista di un caso sporadico. Ora confidiamo nella saggezza dei senatori”.