Tre ore e un minuto: è questo il tempo che il giudice Casalbore del Tribunale di Torino ha impiegato, il 13 febbraio 2012, a leggere la sentenza finale del processo Eternit. Un elenco di 2.900 nomi con i relativi indennizzi a favore di ammalati o familiari delle vittime dell’amianto prodotto negli stabilimenti dell’azienda Eternit di Casale Monferrato (Al) e di Cavagnolo (To), i risarcimenti milionari per i due comuni, per la Regione Piemonte e l’Inail, e la condanna a 16 anni di reclusione per gli ex manager ai vertici della multinazionale svizzera, colpevoli di disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche.
All’interno dei due stabilimenti si continuò, infatti, a produrre eternit (materiale edilizio composto da cemento e fibre di amianto) fino al 1986 nonostante dal 1962 fosse noto in tutto il mondo che l’inalazione (potenzialmente anche una sola) di polveri di amianto può generare una particolare forma di cancro inguaribile, il mesotelioma pleurico.
Se quella del tribunale di Torino rappresenta senza dubbio una sentenza storica, le fabbriche piemontesi non sono le uniche ad essere state messe sotto inchiesta: la Fibronit a Broni nel Pavese e a Bari, l’Isolchimica di Avellino, l’ex Velodromo di Roma, la Cementir e l’Italsider di Bagnoli a Napoli, i cantieri navali a Monfalcone in provincia di Gorizia, sono solo alcuni degli ormai numerosissimi casi che le varie procure stanno indagando.
A peggiorare le cose è il fatto che la contaminazione dell’amianto si estende ben al di fuori delle fabbriche. Solo nel Comune dell’Alessandrino i decessi sono stati finora più di 1.500, ma a morire per l’amianto non è solo chi lo ha lavorato ma, più in generale, chi lo ha respirato, le mogli degli operai che hanno lavato per anni le tute di lavoro intrise di fibre tossiche, i bambini che per generazioni hanno giocato in cortili formati da cumuli di polvere cancerogena. A Casale con i resti della lavorazione dell’amianto si faceva di tutto: dalla ghiaia per i viali di casa alle tettoie dei campi da bocce, dai cumuli per i giardini delle scuole ai rappezzamenti per i campetti da calcio dell’oratorio, dalle coperture delle scuole alle tubature delle abitazioni. Ed è così che l’ecatombe dell’amianto non si ferma, continua, anzi secondo l’Istituto superiore della Sanità in Italia il picco di mortalità avverrà tra il 2015 e il 2020 (sono in media 30-40 gli anni che passano dall’inalazione della fibra e lo sviluppo del tumore).
Dal Canada all’India, le estrazioni pericolose
Questo problema non riguarda il solo Piemonte: in Italia nel 2030, secondo le proiezioni degli esperti, le vittime saranno oltre 30.000 e decine di migliaia sono le persone che per l’amianto muoiono in tutto il mondo (secondo l’Onu saranno oltre 500.000 entro il 2030). Sono, ad oggi, ancora molti i paesi in cui le fibre del minerale continuano a essere estratte e maneggiate senza precauzioni: Cina, Kazakistan, Brasile, Russia, persino il modernissimo Canada sono fra i principali produttori, mentre in India le fibre killer vengono lavorate in casa da bambini e donne.
In Italia trentamila siti inquinati
Nel 2012 i conteggi di Legambiente denunciano circa 27.700 siti in tutta la penisola tra edifici pubblici e privati che presentano parti di amianto, mentre il Cnr e l’Inail stimano che sull’intero territorio nazionale siano ancora installate sui tetti degli edifici circa 32 milioni di tonnellate di onduline di eternit; tali cifre risultano sicuramente sottodimensionate se si tiene conto che mentre per i luoghi pubblici è prevista una verifica che tutela la sicurezza sul lavoro (grazie alla legge 626 del 1994), non esistono azioni comuni per quanto riguarda gli edifici privati. In tal senso varia anche la competenza dell’intervento: il Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (S.Pre.S.A.L.) può intervenire nei luoghi di lavoro e nelle scuole. L’Arpa deve invece essere contattata quando ci si trova di fronte alla possibilità di rischio ambientale (per esempio coperture di capannoni o edifici), mentre se il caso riguarda un’abitazione privata o un condominio, il controllo della presenza di amianto è a carico del proprietario e la competenza è del Servizio di Igiene Pubblica. Mentre poi il S.Pre.S.A.L. ha potere prescrittivo sulle opere di bonifica, Arpa e Igiene pubblica devono passare attraverso i Comuni per imporre la bonifica.
Le scuole e gli uffici
Il Comune di Torino ha appena concluso il catasto degli immobili municipali che risultano essere in totale 553 (tra uffici, scuole, asili, ecc.) e di questi 138 (82 scuole e 56 classificabili come ‘altri edifici’) contengono amianto. Incrociando i dati derivanti da uno screening effettuato dall’Osservatorio dei tumori professionali con quelli relativi al monitoraggio sulla presenza di amianto negli istituti torinesi, il procuratore Raffaele Guariniello ha fatto emergere un dato allarmante: dal 2003 ad oggi sono 33, tra insegnanti e personale scolastico amministrativo, i deceduti a Torino per patologie sospette. Queste persone apparterrebbero ad una generazione di lavoratori esposti all’amianto che hanno operato, a loro insaputa, in edifici ricchi di polveri nocive; tra le varie storie ha riscosso particolare scalpore quella di un maestro elementare, Domenico Mele, che aveva lavorato per decenni presso la scuola don Milani di via San Marino – struttura bonificata dall’amianto nel 1998 senza interruzione delle attività scolastiche, in presenza di insegnanti e scolari – deceduto nel 2008 proprio per mesotelioma pleurico.
Secondo Guariniello in Italia sarebbero circa 2.000 le scuole con amianto mentre secondo i dati sulla qualità dell’edilizia scolastica di ‘Ecosistema Scuola’ di Legambiente il 92,1% dei Comuni avrebbe effettuato monitoraggi sulla presenza di amianto negli edifici scolastici. I casi certificati risulterebbero essere pari al 6,5% e all’1,6% quelli sospetti. Le azioni di bonifica sarebbero state portate aventi negli ultimi due anni dal solo 2,6%.
Ad oggi è possibile disporre solo di dati parziali e di cifre incerte sul numero dei complessi scolastici a rischio; non esiste una vera mappatura nazionale delle scuole che contengono amianto, sebbene la legge n. 257 del 1992 avesse affidato a ciascuna Regione il compito di predisporre piani di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dei pericoli derivanti dall’amianto.
La sensazione per quanto riguarda l’Italia è che in tempi di crisi economica come quelli odierni sia ancor meno facile rispetto a quanto è stato in passato stanziare contributi per delineare un quadro più preciso di quelle che sono le emergenze sul territorio, per interventi di bonifica di manufatti contenenti amianto, in particolare per quanto riguarda le strutture scolastiche (e le scuole italiane, si sa, non preoccupano solo per la questione amianto); la certezza è che oggi l’amianto uccide ancora, anche se sono già trascorsi ben due decenni da quando è stata approvata le legge che lo ha messo al bando.
Per ulteriori approfondimenti:
http://www.afeva.it
http://www.vittimeamianto.it
http://www.normativasanitaria.it/jsp/dettaglio.jsp?id=25184
http://www.legambiente.it/contenuti/campagne/liberi-dallamianto-0
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/parole/Malapolvere.html