Allarme inquinamento per una cinquantina di siti geografici italiani per i quali si aspetta da un momento all’altro la sentenza condanna dell’Italia da parte della Corte di giustizia europea a conclusione della procedura di infrazione avviata nel 2009 che è arrivata a Strasburgo da febbraio del 2011. In tutti questi anni la questione smog-Italia, però, sembra essere peggiorata perché, secondo il dossier 2012 sull’inquinamento atmosferico, di Legambiente, le zone inquinate sono aumentate.
Già nella moratoria Ue venivano messe all’indice tutte le principali città italiane prevalentemente concentrate nell’area della pianura padana dove gli scarichi delle auto e quelli industriali la fanno da padroni. In totale una cinquantina di zone geografiche. Sotto osservazione soprattutto Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, dove dal 2005 in poi, si sono registrati continui sforamenti dei livelli di polveri sottili (pm10). Per la commissione europea la qualità dell’aria, all’epoca, risultava scarsa a Bologna, per esempio, Reggio-Emilia, Piacenza, Parma, Modena, Ferrara, Forlì-Cesena ma anche a Milano, Torino, Vercelli piuttosto che Genova, Livorno, Trieste Pordenone o Palermo.
Impianti industriali e scarichi delle auto
«La principale causa di emissioni – chiarisce Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente in materia di acqua, rifiuti, inquinamento atmosferico non ché curatore del dossier 2012 – sono gli scarichi delle macchine ma sono molto penalizzate anche le città che hanno a ridosso, degli impianti industriali importanti come Venezia, ad esempio, per via di Marghera, oppure Taranto per l’Ilva».
Per essere in regola con la normativa europea, le concentrazioni di pm10 nell’aria non devono superare i 50 microgrammi per metro quadrato al giorno e sono consentiti solo 35 sforamenti l’anno. Ma in quasi tutto il nord Italia (eccettuate le zone alpine), il centro Italia e alcune zone del sud come per esempio, Napoli, gli sforamenti del tetto massimo di polveri sottili, sono diventati sistematici e, quel che è peggio, negli anni sono aumentati di modo che la macchia d’olio dell’inquinamento si è allargata rispetto a quella individuata dalla commissione europea.
Legambiente registra 5 capoluoghi in più nella lista delle città più inquinate ed il dato potrebbe essere sottostimato considerato che prende a riferimento i rilevamenti Arpa effettuati solo nelle principali città.
Torino il capoluogo più inquinato
A Torino va la maglia nera del capoluogo più inquinato. Nella capitale sabauda si sono registrati 158 sforamenti dei limiti ammessi di Pm10 nel 2011. Segue Milano (con 131 sforamenti); Verona (130); Alessandria (125); Monza (121) e così via fino a Cuneo che con i sui 36 sforamenti (uno solo sopra il limite) è la città, tra quelle monitorate, meno inquinata d’Italia.
«Stiamo aspettando da un momento all’altro – spiega Fabio Romeo, funzionario responsabile per la sezione qualità dell’aria del ministero dell’ambiente – la sentenza della corte di giustizia. Ci aspettiamo tutti una condanna visto l’andamento di tutta la procedura di infrazione che però non ha riguardato solo l’Italia ma anche altri paesi europei tra cui alcuni virtuosi come la Svezia. Abbiamo la certezza che in alcune delle zone elencate dalla commissione europea la situazione negli anni sia migliorata. Certo che è gli obiettivi imposti dall’Europa sul contenimento dell’inquinamento atmosferico sono stati un po’ ambiziosi. I limiti di sforamento erano infatti vincolanti a partire dal 2005 ma credo che non riusciremo ad adeguarci prima del 2015».
Il piano nazionale antismog dimenticato
Intanto langue negli uffici ministeriali la bozza di piano nazionale antismog, mai approvato, che avrebbe dovuto imporre una linea di continuità a tutte le azioni di contenimento delle emissioni sparse sul territorio e dettate prevalentemente dall’emergenza. Visto che però il problema dello smog sta diventa sempre più un’emergenza, sono i comuni (con i piani di mobilità urbana) e le regioni (che impostano delle linee guida e sono competenti in materia di trasporti) che hanno il dovere di mettere in campo delle azioni di “pulizia” dell’aria quantomeno per rientrare dagli sforamenti.
«Si tratta di interventi – spiega Giulio Kerschbaumer, di Legambiente Emilia-Romagna – che non vengono programmati in maniera sistemica di modo da produrre degli effetti permanenti e comunque di lungo periodo. Servono prevalentemente a contenere l’emergenza perché intervengono solo in caso di eccessivo sforamento dei limiti. Questo comporta paradossi come quello che si è verificato a Bologna l’anno scorso che è stato un anno poco piovoso. Queste condizioni climatiche hanno peggiorato la qualità dell’aria costringendo il comune ad intervenire con i blocchi del traffico. Blocchi che però ha sospeso anticipatamente rispetto al piano stabilito, non appena è ripreso a piovere e quindi l’aria si è ripulita naturalmente».
I rischi per la salute
In Emilia-Romagna, dove la concentrazione di smog è favorita oltre che dalla presenza di industrie e di importanti nodi stradali anche dalla morfologia del territorio, a conca, che la trasforma in una specie di cappa dove l’aria circola poco, per fare fronte al problema inquinamento la regione ha firmato, a fine estate, un accordo triennale con i comuni più grandi. «Non è certamente un piano strutturale – continua Kerschbaumer – ma ci aspettiamo comunque un qualche miglioramento rispetto alla situazione attuale. Quello che ci vorrebbe veramente, però, e noi lo chiediamo da una decina di anni, è un accordo, un’azione coordinata che unisca insieme tutti gli enti pubblici del bacino padano per intervenire seriamente sul problema aria in tutta la pianura».
Ma non sono solo le polveri sottili a preoccupare l’Europa. Un altro inquinante, molto più difficile da contrastare, presente nelle nostre città, è l’ozono che si determina dalla reazione tra vari elementi inquinanti presenti in atmosfera (come il biossido di azoto e alcuni composti organici volatili) e le particelle solari ossia la luce del sole. A differenza di quell’ozono presente nell’ozonosfera, molti chilometri sopra la superficie terrestre, che ci protegge dai raggi ultravioletti, quello presente a livello del suolo è dannoso per la salute dell’uomo allo stesso modo delle polveri sottili e del biossido di azoto.
«Su questo fronte – continua Romeo –poiché l’Italia è un paese assolato perchè il sole bene o male c’è sempre, il rischio di questo inquinante è elevato oltre che più difficile da controllare. Il motivo principale è che non c’è una fonte diretta di inquinamento visto che l’ozono è frutto di una reazione chimica tra le particelle solari e alcuni elementi presenti in atmosfera per cui si forma anche a molta distanza dal luogo in cui vengono immessi i gas nocivi. E’ una situazione molto difficile da controllare».
Testo procedura di infrazione 2194 del 2008
Dossier Legambiente Mal’aria 2012.pdf