Le cellule terroristiche di al Qaeda che si sono diffuse nel nord del Sinai dopo la rivoluzione anti-Mubarak hanno deciso di spostarsi verso la capitale, il Cairo, pianificando anche attentati nel resto del paese e in particolar contro obiettivi legati al turismo e a Sharm el Sheikh.
E’ questo il dato che emerge dall’indagine condotta dalla polizia egiziana sulla cellula di al Qaeda scoperta mercoledì 24 ottobre a Nasr City, sobborgo del Cairo, dove è stato ucciso anche un libico considerato legato all’attentato compiuto dal gruppo “Ansar al Sharia” l’11 settembre scorso contro il consolato americano di Bengasi, nel quale è morto l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Chris Steavens. L’uomo si chiamava Karim Ahmed Isam al Azizi. E’ morto per l’esplosione di un ordigno che aveva con sé durante la sparatoria, durata circa due ore, tra le forze di polizia e il gruppo d terroristi che era rifugiato in un appartamento preso in affitto tre mesi prima. Nel blitz condotto contro un appartamento di Nasr City le forze di sicurezza egiziane hanno fermato 5 persone munite di armi pesanti che progettavano di usarle per compiere attacchi contro le località turistiche nel sud del Sinai, come Sharm el-Sheikh e Dehab.
Gli agenti hanno arrestato anche altre 5 persone sequestrando una quantità di polvere da sparo, che si utilizza per la fabbricazione di ordigni esplosivi. La cellula non voleva colpire solo le località turistiche ma aveva pianificato l’esecuzione di una serie di attentati in diverse zone dell’Egitto. Il giornale egiziano “al Masri al Youm” ha pubblicato una serie di particolari dell’inchiesta condotta dalla polizia, scoprendo che le persone arrestate avevano pianificato di colpire alcuni luoghi sensibili della capitale, tra cui la sede del ministero dell’Interno, oltre all’esecuzione di una serie di omicidi. Uno dei componenti della banda era un ex ufficiale dell’esercito che si era dimesso nel 2003 ma che addestrava i suoi compagni all’uso delle armi. Il capo della cellula, l’egiziano Abu Ahmed, aveva affittato due mesi fa l’appartamento nel quale è stata scoperta la cellula a Nasr City insieme ad altre cinque persone tra cui un tunisino e un libico morti nel blitz. Sempre da questa inchiesta è emerso che i capi dei gruppi jihadisti attivi nel Sinai si sono spostati in diverse province egiziane, per sfuggire alle attività di repressione condotte dalle forze di polizia nella regione. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza egiziana al quotidiano “al Hayat“, gli inquirenti sono alla ricerca di questi terroristi nelle province del Cairo, di Alessandria, di al Jiza e di Suez.
Gli inquirenti stanno interrogando alcuni membri di una cellula jihadista guidata da Abu Ahmed. Si tratta di un salafita scarcerato durante la rivoluzione anti Mubarak, il quale ha diretto un campo di addestramento di al Qaeda in Libia e ha contatti diretti con Ayman al Zawahiri. Gli investigatori sono certi che si trovi ancora in Egitto e che abbia avuto il via libera da al Zawahiri per compiere attentati in Egitto e Libia. Quest’ultimo proprio in questi giorni ha invitato i musulmani a rapire gli occidentali e in particolare “i cittadini dei paesi in guerra con l’Islam” in un nuovo video diffuso su internet. Rivolgendosi in modo particolare agli egiziani li ha invitati a una nuova rivoluzione che abbia come obiettivo l’applicazione della sharia nella società. Il terrorista egiziano ha anche parlato del presidente statunitense, Barack Obama, sostenendo che avrebbe mentito: “Deve riconoscere la sconfitta in Iraq e Afghanistan e in nord Africa“. Per quanto riguarda l’Egitto, al Zawahiri ha duramente criticato l’attuale governo dei Fratelli musulmani definendolo “corrotto” e aggiungendo che “la sfida nel paese è tra una minoranza di laici e la maggioranza dei musulmani che vuole l’applicazione della sharia“. Il leader di al Qaeda, ha quindi chiesto la liberazione dello sceicco egiziano Omar Abdel Rahman, rinchiuso in un carcere negli Stati Uniti per gli attentati al World Trade Center del 1993, così come quella di alcuni detenuti di Guantanamo. Sempre nell’ambito dell’inchiesta di Nasr City, le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato Adel Awad Shahtu, noto per essere uno degli esponenti di spicco della Jihad islamica egiziana. Secondo quanto rivela il quotidiano arabo “al Hayat“, l’accusa è quella di “aver fatto parte della cellula di Nasr City” sgominata la scorsa settimana con un blitz nel sobborgo del Cairo. Shahtu è uno dei più famosi esponenti della Jihad islamica, ha trascorso 20 anni in carcere durante l’era di Hosni Mubarak in Egitto.
La scoperta di questa importante cellula di al Qaeda nel cuore dell’Egitto sarebbe stata possibile solo grazie alla collaborazione tra i servizi segreti di Egitto, Stati Uniti e Libia ha portato all’individuazione del terrorista libico ucciso nella periferia del Cairo. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza egiziana al quotidiano arabo “al Hayat”, i servizi segreti dei tre paesi avevano individuato il libico sospettato di aver partecipato all’attentato contro il consolato statunitense di Bengasi ,durante il quale è morto l’ambasciatore Chris Stevens, all’interno di un appartamento usato da una cellula dormiente di al Qaeda a Nasr City. Gli altri cinque terroristi egiziani arrestati dopo il blitz sono stati interrogati dagli agenti della Cia e dei servizi libici per ottenere informazioni sue due libici e sull’egiziano che hanno preso parte all’attentato di Bengasi e che risultano ancora latitanti.
Intanto resta alta la tensione nella penisola del Sinai, dove proseguono da settimane gli attacchi contro le stazioni di polizia e gli agenti della sicurezza. Secondo Saad Abu Amud, esperto militare docente presso la facoltà di Scienze politiche dell’università egiziana di al Halwan, citato dal quotidiano locale “al Wafd“, le autorità egiziane hanno perso il controllo del Sinai e hanno difficoltà a recuperarlo a causa degli accordi di pace con Israele del 1979.”L’Egitto non riesce a prendere il controllo del Sinai per riportare l’ordine e la sicurezza– spiega Amud – per una serie di motivi, tra i quali gli accordi di pace sottoscritti con Israele che condizionano, in un modo o in un altro, la presenza dell’esercito nella regione“. In base agli accordi di pace tra Egitto e Israele, il governo egiziano non può inviare soldati e carri armati lungo la zona di frontiera del Sinai, ma solo forze di polizia con armi leggere. Questa situazione, ha detta di molti in Egitto, avrebbe provocato, dopo la caduta del regime di Hosni Mubarak, l’espansione delle attività dei gruppi jihadisti nella zona. L’esperto parte dal presupposto che “da un lato il governo deve combattere con un atavica ostilità delle tribù beduine locali nei confronti del governo centrale, ostilità che aumenta a causa dell’incapacità di garantire l’ordine nella zona“. Inoltre l’accademico accusa i governi precedenti di “non essere riusciti nemmeno a creare sviluppo nella regione dove è stato sperperato tanto danaro per progetti che non hanno portato occupazione e ricchezza“. Sarebbe la presenza di tunnel illegali dalla striscia di Gaza verso l’Egitto a fomentare il fenomeno del terrorismo nel Sinai, che tanto preoccupa il governo del Cairo. A rivelarlo è lo sceicco Aref Abu Akr al giornale arabo “al Sharq al Awsat”. Secondo il capo della tribù degli Al Aour, sono ben 1.200 i tunnel per il contrabbando scavati nella striscia di Gaza che lavorano a pieno ritmo. Lo sceicco ha spiegato che grazie a questi passaggi sotterranei “c’è anche chi compie azioni terroristiche in Egitto: entrano ed escono dai tunnel senza che nessuno sia in grado di arrestarli e condurli davanti alla giustizia“. Prematuramente le autorità egiziane avevano sostenuto, durante il periodo transitorio della gestione del paese da parte dell’esercito, di aver chiuso tutti i tunnel con la Striscia di Gaza.