L’offensiva militare delle forze francesi nel nord del Mali, iniziata l’11 gennaio, ha distrutto buona parte delle basi dei terroristi nell’Azawad ma non ha risolto il pericolo del terrorismo nel Sahara.
Questa settimana, dopo un ultimo blitz contro un gruppo di terroristi fuori Gao, le truppe francesi hanno iniziato il ritiro graduale delle loro truppe con i primi cento soldati che sono rientrati a Parigi dal Mali. Eppure il problema dell’espansione del terrorismo islamico nel Sahel africano è ancora presente e non è causato solo dalla crisi nel nord del Mali. Sono diversi i fattori di instabilità nella regione, dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, alla presenza dei ribelli Tuareg, fino a quella dei profughi saharawi tenuti nei campi del Fronte Polisario nel sud dell’Algeria.
Tutti questi elementi fanno del Sahara quello che più volte è stato definito dalla stampa araba come il nuovo Afghanistan e spingono anche le organizzazioni criminali di altre parti del mondo ad usare quel territorio per i loro traffici. E’ così invitante l’instabilità di quella regione che hanno deciso di usarla anche i narcotrafficanti sud americani. In particolare i narcos colombiani e i ribelli delle Farc hanno propri emissari presenti in modo stabile nel sud dell’Algeria. A denunciarlo è il giornale algerino Ech Chourouk, secondo il quale la cellula di al Qaeda nel Maghreb islamico avrebbe venduto un carico di armi libiche alle Farc colombiane in cambio di un carico di droga.
Lo scambio sarebbe stato intercettato anche dai servizi segreti americani che hanno saputo di uno scambio di camion avvenuto nel Sahara algerino. I terroristi islamici hanno consegnato un carico di armi sottratte dai depositi del regime di Muammar Gheddafi poco prima della sua caduta, per ricevere in cambio un carico di droga proveniente dalla Colombia. E’ noto da tempo che attraverso quell’area i trafficanti di droga portano la cocaina che arriva via mare dal sud America direttamente in Europa. Il primo scambio di questo genere è avvenuto la scorsa estate ma sembra che successivamente ce ne siano stati degli altri. Anche i servizi segreti spagnoli hanno segnalato la presenza di due colombiani la scorsa estate nel sud dell’Algeria, uno dei quali sarebbe un alto dirigente delle Farc. L’intelligence di Madrid non è riuscita però a sapere dove esattamente si fossero recati i due colombiani, ma deve trattarsi certamente di una zona non molto distante dalla provincia di Tinduf, dove l’esercito algerino non controlla i sei campi saharawi presenti. Tra le armi date da al Qaeda ai narcos colombiani ci sarebbero anche i razzi a lungo raggio dell’arsenale di Gheddafi, che hanno una forza esplosiva devastante.
I colombiani delle Farc sarebbero in contatto con elementi salafiti nel sud dell’Algeria che operano per conto di al Qaeda e con i quali avrebbero stretto un accordo. I narcos avrebbero ricevuto anche una ingente somma di denaro dai terroristi ed avrebbero fatto atterrare l’aereo carico di droga in una località poco distante da Kidal, città del nord del Mali, all’epoca dei fatti sotto controllo di al Qaeda e del gruppo islamico locale Ansar Eddine.
Se le autorità algerine hanno ottenuto queste informazioni però non è solo grazie all’attività dei servizi segreti americani e spagnoli, ma soprattutto grazie al fatto di essere riusciti a catturare due colombiani nel sud del paese il 21 marzo scorso. La loro presenza in zona ha insospettito i militari algerini, soprattutto per il fatto che i due sud americani erano in compagnia di tre estremisti islamici algerini, noti per avere rapporti con al Qaeda nel Maghreb islamico. Dopo attente indagini, e l’intervento dell’intelligence di Usa e Spagna, è emerso che uno dei due colombiani era anche un dirigente delle Farc. Ora entrambi sono stati estradati negli Stati Uniti e si trovano nelle mani della Cia, mentre i tre salafiti algerini sono ancora ad Algeri. La droga che hanno portato dal sud America in Algeria è invece finita nelle mani di al Qaeda che ha provveduto a rivenderla a un trafficante turco che l’ha fatta arrivare in Francia.
Nonostante l’intervento francese in Mali il Sahara continua a rappresentare quindi un pericolo per la sicurezza della regione, soprattutto se si considera il problema della presenza di campi saharawi nel sud dell’Algeria. Non a caso nel corso della riunione che si è tenuta ieri a New York, presso la sede delle Nazioni Unite, dei paesi che partecipano alla missione Minurso, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, in un rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha osservato che “il conflitto del Sahara maliano potrebbe riversarsi negli altri paesi della regione”, perciò ha sottolineato che “l’aumento di instabilità e di insicurezza nel Sahel richiede una soluzione urgente al conflitto per il Sahara occidentale che è di vecchia data”. Ban Ki-Moon ha continuato nella sua relazione che “tutti i governi consultati sono seriamente preoccupazioni per il rischio di straripamento del conflitto del Mali nei paesi vicini, e la paura vera è che essa possa contribuire a radicalizzare la posizione di chi si trova nei campi profughi”, ammonendo dal rischio di “infiltrazioni terroristiche al loro interno”.