Giovanni Leoni di mestiere fa l’agricoltore a Parma. È una di quelle persone sempre molto attive. Studia, legge, si informa ma soprattutto ha una passione per tutto ciò che è green. Dieci anni fa, ha provato a immaginare come sarebbe stato il mondo nel futuro, come avremmo vissuto, di cosa avremmo avuto bisogno e su quella visione ha progettato un villaggio completamente ecosostenibile e alla portata di tutti che ha chiamato (e brevettato) Agrivillaggio e che vorrebbe realizzare dentro un suo podere a Vicofertile in provincia di Parma.
All’inizio era solo un sogno ma poi, un poco alla volta, è diventato prima un progetto, poi un libro e adesso è a un passo dal diventare una realtà.
Il prototipo della prima casa, a cui sta già lavorando con tre ditte specializzate nella costruzione di edifici ad alto risparmio energetico, dovrebbe essere presentato a settembre. Mentre per il resto dell’ecovillaggio bisogna attendere il varo del piano strutturale del Comune di Parma previsto entro l’estate.
«Agrivillaggio – spiega Giovanni Leoni – è un format unico al mondo che si ispira agli ecovillaggi degli anni Sessanta e Settanta. Quelle erano piccole esperienze legate ad un pensiero diverso dell’economia ma non hanno mai funzionato. Agrivillaggio invece abbraccia una visione più completa della vita e riguarda non solo le abitazioni a risparmio energetico ma anche lo smaltimento dei rifiuti, il welfare, l’alimentazione o anche l’implementazione della biodiversità attraverso la produzione di 75 tipi differenti di colture. Ogni momento della vita dell’Agrivillaggio sarà improntato a dei canoni di ecosostenibilità».
Le eco-comunità
Questa idea l’ha maturata nel corso dei suoi numerosi viaggi all’estero fatti per consulenze agricole. Quello che proprio non è mai riuscito a digerire è il degrado ambientale legato alla concezione moderna dell’agricoltura che sfrutta i territori e che proprio per questo non può continuare a lungo.
«Oggi il modello utilizzato è quello che vede la produzione di generi alimentari in un posto e gli insediamenti urbani in un altro. Nel mezzo c’è l’anello di congiunzione dato dal commercio. In questo modo gli insediati non hanno mai la percezione dei rifiuti che vengono prodotti con la produzione. Le cose cambiano invece se la produzione si realizza vicino alle abitazioni. Avendo la percezione dei rifiuti prodotti la gente starà più attenta al ciclo produttivo e scarterà quelli che producono molti rifiuti».
Contrariamente all’attuale impostazione data alla green economy da un impianto normativo appena nato (e già superato) che favorisce l’accentramento delle fonti energetiche e della raccolta dei rifiuti, Leoni crede nella delocalizzazione e nella creazione di piccoli gruppi che producono energia e che smaltiscono rifiuti ecc. Piccole realtà collegate in rete tra loro. «Un’idea – spiega Ennio Nonni, archetto urbanista esperto pluripremiato di progettazione sostenibile nonché dirigente del settore urbanistica del Comune di Faenza – che richiama la filosofia delle città giardino dei socialisti utopisti di metà Ottocento. Oggi è un progetto molto attuale e interessante soprattutto per il concetto di consumo zero non solo legato alla produzione di energia ma anche al ciclo dell’alimentazione».
L’unico dubbio che aleggia su questo progetto e che potrebbe rallentare i tempi ipotizzati da Leoni con la previsione dell’apertura del cantiere nel 2015, è quello legato al consumo di suolo per la costruzione di nuove abitazioni. Un dubbio di cui Leoni sta discutendo nel tavolo di lavoro aperto dall’assessorato all’urbanistica del comune di Parma in previsione del varo (entro la fine dell’anno) del nuovo piano strutturale.
«L’idea di Leoni è molto interessante e innovativa – spiega Michele Alinovi, assessore all’Urbanistica del Comune – e incontra il favore ed il sostegno del comune anche perché si inserisce nel progetto di realizzare, a sud della città, un parco agricolo periurbano. Gli strumenti urbanistici ci sono già tutti si tratta solo di organizzarli di modo da creare un impianto normativo del tutto innovativo in Italia. Tuttavia è ancora da concertare la consistenza edilizia, ossia la quantità e la qualità delle abitazioni previste nel suo villaggio perché vogliamo assicurarci che la salvaguardia ambientale sia garantita e che, in caso contrario, il Comune possa intervenire per il ripristino dei luoghi».
Abitazioni low cost
Sul tema dell’eccessivo consumo di suolo e dello spropositato numero di abitazioni invendute e sfitte presenti sul territorio italiano che costituisce una priorità dell’agenda del nostro paese, si possono delineare anche delle alternative. «Nella progettazione a consumo di suolo zero – continua l’architetto Nonni – si potrebbero ipotizzare, per esempio, dei collegamenti tra gli orti urbani, a ridosso della cintura della città, e appartamenti già esistenti e magari ristrutturati per garantire il consumo energetico zero».
Intanto Leoni però va avanti con il suo progetto, che allo stato attuale delle cose prevede la realizzazione di 60 abitazioni, modulabili nel senso che potranno essere ampliate o “ristrette” nel corso di una vita, attraverso l’aggiunta o l’eliminazione di moduli. Saranno case alla portata di tutti perché il costo previsto è di 50mila euro ciascuna.
Non ci saranno bollette energetiche perché la produzione di energia verde all’interno del villaggio, attraverso un processo già previsto da una tesi di laurea del politecnico di Milano, renderà le abitazioni autosufficienti energeticamente.
«Prevediamo di installare una serie combinata di impianti verdi. Una parte di energia sarà prodotta con il fotovoltaico, Una parte con un mini impianto idroelettrico che sfrutta l’acqua del vicino fiume Taro. Installeremo, infine, anche una centrale a biomasse che bruciando il letame della stalla produrrà biogas. Complessivamente prevediamo di produrre 200 kWh».
Il format di Leoni, potrà essere riprodotto in qualsiasi città del mondo e già adesso, a poco meno di un anno dall’uscita del libro, e prima ancora che il progetto sia presentato ufficialmente (è prevista anche una presentazione ufficiale all’Expo 2015 di Milano) arrivano i primi interessamenti. Tra questi quello del Comune di Brescia, di un gruppo di lavoro sardo e di un gruppo di architetti statunitensi.