Racconta Macrobio: “Considerato che l’imperatore Cesare Augusto nel mese sestile assunse per la prima volta il consolato, entrò tre volte a Roma in trionfo… considerato inoltre che in questo mese l’Egitto fu ridotto in potere del popolo romano e nello stesso mese ebbero fine le guerre civili; considerato che per tutti questi motivi tale mese è ed è stato estremamente fortunato per questo Impero, il Senato decreta che esso sia chiamato Augustus”. Questo avveniva nel 746 a.U.c. E Augusto significa: santificato, accresciuto, maestoso. E il fiore del mese, in Occidente, è la tuberosa, simbolo di voluttà. Ricco di frutti, il mese: “Oh quella sbornia di rosolio che è l’agosto in una pianura zeppa di frutta!” (Manzini). E’ la “luna delle covate d’uccellini” per i Netchilli, e “delle prugne selvatiche” per i Mandan. E’ la “luna delle messi”. “Oh, agosto, che t’indugi sulla soglia dell’Autunno roteando nel pugno le tue fiaccole di sole!” (Licudis).
Ecco, sole. Il Sole è il signore del Segno del Leone di cui s’è parlato la settimana scorsa. Ora, come al solito, imbocchiamo i luminosi sentieri del mito…
Quando canta il gallo, nella lontana Colchide, un bellissimo giovane si sveglia e scuote la sua lunga chioma, bionda e raggiante. E’ Elios, il Sole, fratello di Selene, la Luna; figlio del Titano Iperone (“quello che sta sopra”) e della Titanessa Teia, detta anche Eurifessa, quella dagli occhi bovini. Il ragazzo si alza e monta svelto sul suo carro di fuoco. E focosi sono i quattro cavalli ad esso aggiogati. Nitriscono e scalpitano i nobili animali; e il carro, guidato con polso fermo dal giovane Sole, si avvia per il cielo preceduto da Eos, l’Aurora dalle dita di rosa, altra sorella di Elios. Corre per tutto il giorno il luminoso cocchio infiammato e, al tramonto, giunge all’isola dei Beati. Elios scende, carica cocchio e cavalli su una tazza d’oro e torna ad Oriente navigando sull’Oceano che circonda il mondo.
Proprietà di Elios è l’isola di Rodi, assegnatagli da Zeus. E in essa genera, con la ninfa Roda, moltissimi figli. Uno di essi, Attis (da non confondere col dio frigio dallo stesso nome), ramingo per fratricidio, si rifugerà in Egitto e, ispirato da suo padre, insegnerà agli Egizi i principi dell’astrologia. Un altro figlio di Elios è degno di ricordo; Fetonte, che il dio ebbe forse da Climene. Smaniava il ragazzo di poter guidare il carro del padre che, cedendo alle sue insistenze, un giorno lo accontenta. Ma gli prendono la mano i cavalli, mal condotti, e corrono dapprima altissimi nel cielo raffreddando la terra, per poi abbassarsi fino a bruciare i campi. Né manca chi dice che Fetonte perde il controllo delle bestie, spaventato alla vista dei Segni dello Zodiaco. Fatto è che Zeus, per evitare una conflagrazione universale, lo colpisce con il fulmine, facendolo precipitare nel fiume Eridano, l’attuale Po. E le sorelle del giovinetto, che, piangendo amaramente, ne raccolgono i resti, vengono trasformate in pioppi. Del Sole è anche figlia la maga Circe, che trasforma gli uomini in animali; anche Pasifae (la moglie di Minosse) la quale, accoppiatasi con un toro fatale, dà alla luce il famoso Minotauro. Ancora figlio di Elios è Eeta, re della Colchide e padre di Medea, che aiuta magicamente Giasone nella conquista del vello d’oro.
Occhio del mondo. Colui che tutto vede. Così è anche chiamato Elios. E Surya, figura solare della tradizione indù, è definito, nei Veda, “l’unico occhio che vede al di là del cielo, della terra, delle acque”. Ed anche Mitra, la divinità iranica, è detto “occhio del cielo”. Complesso il suo mito, che inizia con la sua miracolosa nascita da una roccia; prosegue con il miracolo dell’acqua fatta scaturire da una rupe con un colpo di freccia; comprende un’impresa particolarmente penosa e faticosa, designata come “traversata” (e della quale non si sa altro) e culmina nell’impresa del Toro. Mitra, cioè, sacrifica un toro, il toro cosmico primigenio, creato da Ahura Mazda; il toro che, morendo, genera dal suo corpo tutta la vegetazione. Ma un toro (a Creta) viene ucciso anche da Eracle (o Ercole che dir si voglia); quell’Eracle che compie dodici fatiche, così come il Sole, nel suo percorso annuale, attraversa i dodici segni dello Zodiaco.