La Cassazione già in passato aveva affidato e collocato un bambino all’interno di una coppia di donne omosessuali, delle quali però una era la madre naturale, così del resto come nel caso esaminato dal Giudice dei Minori che, pure, ha avuto tanto rilievo come se fosse una sorprendente novità.

Il superamento dei preconcetti nei confronti della omosessualità ha portato negli anni alla legalizzazione nella maggior parte dei paesi occidentali alle unioni tra soggetti dello stesso sesso.
Del resto considerando che il matrimonio altro non è che un contratto, sia pure con conseguenze particolari, espressamente previste dall’art. 143 c.c. (obbligo di assistenza morale e materiale, collaborazione, coabitazione, fedeltà ed obbligo di contribuire economicamente), ma pur sempre un contratto,  non appare logico nè razionale impedire la stipulazione di un simile accordo tra soggetti dello stesso sesso.
Posizioni  diverse ricordano i contrasti che vi furono nel 1970 al momento dell’approvazione del divorzio, allorchè ciascuno era libero di non ricorrere al divorzio, ma certo non in diritto di imporre agli altri il proprio punto di vista.
In Europa i primi Stati ad ammettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono stati l’Olanda e la Danimarca, seguite poi dalla Norvegia, Belgio, Spagna, Svezia, Islanda, Portogallo e solo dallo scorso anno anche dalla Francia e dall’Inghilterra.

LA POSSIBILITA’ DI ADOTTARE

La questione della concessione alle coppie omosessuali, unite o meno in matrimonio, di poter adottare è stata ed è tuttora oggetto di numerosi contrasti.
In linea di massima, tale possibilità è prevista, pur con determinate limitazioni, dalle normative europee con esclusione del Portogallo e della Francia ed ovviamente del nostro paese.
Il problema in termini etici che si pone è quello di non equiparare e confondere il diritto di vivere insieme e di sposarsi di una coppia omosessuale (dai più considerato legittimo e basato sul consenso vicendevole), rispetto il diritto del minore ad avere una famiglia normalmente e naturalmente eterosessuale (minore al quale non può essere invece imposto il consenso di terzi).
Infatti se nessuno può comprimere la volontà di una persona che vuole frequentare e contrarre matrimonio con altra persona dello stesso sesso, del tutto diversa è la situazione del minore che non può certamente esprimere la propria volontà ed al quale, verrebbe imposta da terzi estranei, una famiglia diversa da quella naturale alla quale avrebbe avuto diritto.
Per inciso, secondo recenti inchieste, l’orientamento maggioritario della popolazione in Italia in tal senso è quello di aderire e legalizzare le unioni tra persone dello stesso sesso, con forte opposizione viceversa, alla possibilità di adozione da parte di tali coppie, allorché non sussista un precedente rapporto di genitorialità.

L’ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE E DEL TRIBUNALE DEI MINORI

In realtà le fattispecie che sono state esaminate dalla Cassazione e dal Tribunale dei Minori con la prima e la seconda sentenza, sono del tutto diverse – bisogna chiarire bene questo punto – dalle ipotesi per cui una coppia omosessuale possa adottare un bambino, pur senza vincoli di parentela preesistenti
Infatti in entrambi i casi, sia con la sentenza n. 601 del 2012, emessa dalla Corte di Cassazione, sia con quella emessa dal Tribunale per i Minorenni il 30 luglio 2014  il bambino altri non era che il figlio naturale di una delle due donne (nell’ultimo caso  pur concepito con inseminazione artificiale eterologa) e quindi in sostanza, le due sentenze davano atto di una situazione di fatto già consolidata e di un rapporto di parentela già esistente.
Nel caso della Corte di Cassazione, i magistrati di Piazza Cavour, hanno confermato il principio dell’affidamento esclusivo del bambino alla mamma, peraltro anche ex tossicodipendente, tenuto conto dell’aggressività e violenza che aveva posto in essere il padre, tra l’altro di religione musulmana ed incapace di comprendere il desiderio della ex moglie di andare a vivere con un’altra donna.
La Cassazione rigettando l’opposizione del marito, rilevava che le osservazioni, erano viziate soltanto da un pregiudizio di base,  ritenendo l’ex coniuge, unilateralmente, ma senza alcuna prova, che fosse dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino, il fatto di vivere con la madre naturale, in una famiglia di donne omosessuali, rispetto al padre peraltro violento ed aggressivo.

IL TRIBUNALE PER I MINORENNI

Il Tribunale per i Minorenni si è mosso sostanzialmente nello stesso senso della Cassazione applicando la norma relativa all’”adozione in casi particolari”, prevista dalla lettera D dell’art. 44 della legge sulle adozioni dei minori n. 184/83 modificata dalla legge n. 149/2001.
Anche in tal caso il Tribunale prendeva atto che si trattava in fondo del figlio naturale di una delle due donne e prendeva coscienza di una soluzione già in essere da tempo, non effettuando alcuna discriminazione tra coppie conviventi eterosessuali ed omosessuali.
Lo stesso Tribunale per i Minorenni si rifaceva in particolare anche all’orientamento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 138 del 2010, che aveva riconosciuto come formazione sociale da tutelare anche quelle delle unioni omosessuali, intese come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso.

STEP CHILD ADOPTION

L’adozione del figliastro (il figlio naturale di uno dei due conviventi) prevista dalla normativa anglosassone viene già utilizzata in particolari occasioni dal Tribunale per i Minorenni e ciò avviene in tutti quei casi in cui il figlio di uno dei due soggetti eterosessuali venga richiesto in adozione dall’altro, legalizzando una situazione già in essere e perfettamente corrispondente all’interesse del minore.
In sostanza l’adozione da parte del partner  della convivente, del figlio naturale di questa, in genere nell’assenza dell’altro genitore, appare sempre corrispondente all’interesse del minore e ciò anche  in un rapporto di omosessualità, purchè però, come indica l’orientamento giurisprudenziale di recente espresso, uno dei due sia il genitore naturale.

L’ADOZIONE DI MINORI NON LEGATI DA ALCUN RAPPORTO DI PARENTELA

Se la soluzione adottata dal Tribunale per i Minorenni dunque trova piena giustificazione in una situazione consolidata e di fatto, quando il bambino altri non è che il figlio naturale di una delle due (non dimentichiamo che molte coppie di omosessuali hanno lasciato un rapporto eterosessuale talvolta  con figli nati dalla precedente relazione), del tutto diversa è la problematica circa il diritto o meno di una coppia di omosessuali di adottare un bambino, non legato da alcun rapporto di sangue con uno di essi.
Del resto la stessa sentenza se da un lato introduce il principio per cui l’omosessualità di per sé stessa non costituisce un ostacolo all’adozione, dall’altro tuttavia dichiara “sussistere nel caso in essere il superiore e preminente del minore a mantenere…quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo…” prendendo atto di una situazione preesistente di genitorialità di fatto e non da crearsi ex novo, come invece avverrebbe per una richiesta di adozione relativa ad un bambino senza alcun preesistente vincolo di parentela o di rapporto già consolidato.

Per concludere, va detto che, nella coscienza comune, almeno per quanto riguarda le prime sommarie inchieste tra la popolazione, se vi è ostilità nei confronti dell’adozione da parte di una coppia di donne omosessuali, senza vincoli di precedente filiazione naturale, vi è una chiusura totale per ciò che riguarda la possibilità di adottare per le coppie di omosessuali maschi.

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