Abbiamo parlato dei motivi che inducono gli adolescenti a suicidarsi e di quelli che li spingono a comportarsi in modo trasgressivo e pericoloso (vedi gli articoli correlati a questo). E’ arrivato il momento di riflettere su quali atteggiamenti debbano assumere l’adulto e la società per ridurre tali condotte.
Sviluppare un senso di sicurezza
Abbiamo scoperto che i sentimenti che inducono al suicidio nell’adolescenza sono soprattutto la vendetta e la vergogna: questi, seppur sviluppati in maniera diversa, nascono dal sentimento comune dell’insicurezza. E’ sempre l’insicurezza a fare da motrice anche nella maggior parte dei comportamenti a rischio: l’insicurezza di non essere accettati dai propri pari, di non essere come loro, di non potersi giudicare all’altezza dei propri genitori, di non essere capaci di superare le proprie paure.
Un primo dogma per l’adulto è quindi creare sicurezza nei giovani. Un giovane sicuro di sé non si vergognerà dei suoi errori né si vergognerà di ciò per cui non ha colpa; un giovane sicuro di sé non sentirà moti di rabbia sfociare nel desiderio di vendetta; un giovane sicuro di sé non dovrà dimostrare a sé e agli altri il suo valore mettendo in atto comportamenti rischiosi o atti vandalici.
Come sviluppare la sicurezza
Ma come sviluppare sicurezza? Il passo essenziale è aiutarli a costruire un loro carattere, fatto di interessi e passioni, perché la persona si costruisce su ciò che ama e su ciò che fa.
Ma aiutarli a costruire un loro carattere non vuol dire imporre i nostri gusti, altrimenti si rischia di trasformare il ragazzo in ciò che desideriamo noi che esso sia, con la probabile conseguenza che egli costruisca un falso sé con i genitori, completamente differente da quello che presenterà nella società e con i suoi amici: la costruzione di un falso sé in ambito familiare può divenire la base per adottare comportamenti a rischio nascosti all’occhio dell’adulto.
Invece aiutarlo a costruire una propria personalità vuol dire semplicemente incentivarlo a scegliere qualcosa che ami; guidarlo in questa sua scelta vuol dire evitare che si perda per strada e che rinunci alle prime difficoltà. Per fare questo basta dare il giusto esempio su come si coltivino le proprie passioni, e non è sbagliato, soprattutto all’inizio, fargli sperimentare insieme ai genitori diversi tipi di interessi possibili. Utile è anche interessarsi a cosa stia facendo, tenendosi informati sui suoi progressi, risultando disponibili ad un eventuale aiuto o consiglio, e nel caso di un’attività pratica o sportiva partecipare attivamente ai suoi successi e alle sue sconfitte, aiutandolo a ridefinire le difficoltà che incontra.
Il giovane che costruisce le sue passioni, in queste vedrà modellarsi la sua persona, identificandosi in qualcosa che va ad assumere sempre più importanza, arrivando a costruire una salda sicurezza, perché sa cosa gli piace, sa chi è e cosa vuole dalla vita.
Importante nell’accompagnare il giovane in questo percorso è fargli comprendere le proprie doti e abilità, fargli comprendere le sue risorse e fargli accettare i propri limiti, così che non scelga un percorso destinato al fallimento; ovviamente lì dove i limiti siano superabili aiutarlo a insistere con tenacia se questo è il suo desiderio. In tal modo l’adolescente potrà abbandonare i sogni comuni, spesso mera moda culturale, irrealizzabili perché non nati da una reale motivazione intrinseca, arrivando a crearsene dei suoi personali che l’orientino sulle scelte da prendere.
L’adolescente coinvolto in passioni costruttive vedrà con esse costruirsi il suo senso di sicurezza e il suo divenire uomo, allontanandosi in tal modo dal pericolo di azioni suicide e comportamenti a rischio.
Insegnare l’errore
Di grande importanza è imparare a sbagliare, infatti nel portare avanti le proprie passioni il giovane scopre anche cosa voglia dire fallire e come sia importante rialzarsi ed imparare dai propri errori, questa lezione diventerà particolarmente preziosa perché potrà essere applicata alla vita: è una delle lezioni più importanti per indurlo a coltivare la sicurezza di sé e la consapevolezza che finché non ci si arrende non è finita.
Anche in questo caso il ruolo degli adulti diventa essenziale, in quanto essi non solo dovranno incentivarlo nella scelta del suo percorso, ma dovranno fargli comprendere la preziosità degli errori senza percepirli con timore o come fonte di vergogna. Al ragazzo dovrebbe arrivare un messaggio del tipo: sbagliare è bello se posso approfittarne per imparare qualcosa di importante. A tale scopo sarà essenziale l’esempio degli adulti, i quali dovrebbero dimostrare che sbagliare è umano e che dietro ad ogni errore vi è la grande responsabilità di comprendere una lezione. Come diceva l’industriale Henry Ford: il fallimento è l’occasione più intelligente per ricominciare.
Al contrario genitori che faranno di tutto per dimostrarsi infallibili, rischiano di insegnare che errare sia una cosa disonorevole e vergognosa, insegnamento pericolosissimo dato che ognuno è destinato a compiere errori nella propria vita; d’altro canto genitori che sbagliano senza riflessione riportano il messaggio che sbagliare è poco importante e al tempo stesso inutile, in questo modo non solo perdono una grande occasione di insegnamento, ma eliminano l’errore trasformandolo in norma.
Sviluppare un giusto senso critico per comprendere gli errori
Detto questo, per far sì che l’adolescente impari dai suoi errori non solo bisogna dargli l’esempio di come reagire ad essi, ma bisogna anche indurre in lui lo sviluppo di un equilibrato senso critico. Equilibrato perché se fosse eccessivo lo bloccherebbe, mentre se fosse insufficiente non lo aiuterebbe a comprendere i suoi passi.
Per ottenere questo sviluppo sarà utile da un lato usare metodi di incremento delle capacità cognitive e delle forme di pensiero, come la lettura, lo studio, la ricerca, il soddisfacimento della propria curiosità; e dall’altro dosare la propria autorevolezza.
Infatti genitori troppo autorevoli possono sviluppare nei loro figli un eccessivo senso critico con la tendenza a bloccare l’azione verso il futuro; mentre genitori troppo permissivi e comprensivi possono incrementare comportamenti a rischio senza riflessione sugli errori. Il giusto connubio sarebbe quindi una fusione tra autorevolezza e comprensione.
Probabilmente insegnare l’importanza dell’errore è una delle lezioni più utili per i giovani uomini e donne, spesso è proprio dagli errori che si districano i percorsi migliori, ma per comprenderlo c’è bisogno di un buon senso critico.
Essere equilibratamente autorevoli
Ma come diventare genitori autorevoli e al tempo stesso comprensivi?
Un genitore equilibratamente autorevole dialoga col proprio figlio, parlando apertamente dei valori in cui crede e motivando le sue scelte e convinzioni, al tempo stesso nei suoi dialoghi disprezza esplicitamente i comportamenti a rischio e le scelte di vita che ritiene sbagliate, ma è pur sempre pronto a comprendere le decisioni prese dal figlio, confrontando con esso le proprie opinioni.
Oltre al dialogo aperto il genitore equilibratamente autorevole funge da buon esempio nelle sue scelte, nei suoi comportamenti e nel suo stile di vita, infatti predicare bene e razzolare male non potrà che essere di pessimo esempio.
Infine non fa mai mancare opportunità in cui il figlio possa assumersi le sue responsabilità da giovane adulto, rispettando le sue scelte nei tentativi di mettersi alla prova, visionando il suo cammino da una distanza tale per cui il ragazzo non si senta oppresso, controllato o eccessivamente aiutato, ma neanche lasciato a se stesso.
Ma attenzione, lasciare che l’adolescente faccia le proprie esperienze non è importante solo nelle sue responsabilità, interessi e passioni, ma anche nelle sue trasgressioni, nella sua scoperta della emozioni (tra cui la sperimentazione dell’adrenalina) che lo fanno sentire talvolta vivo, talvolta perduto. Gli adolescenti infatti hanno bisogno di sperimentare cosa vuol dire vivere, cosa vuol dire divertirsi, cosa vuol dire disubbidire, e talvolta cosa vuol dire ritrovarsi dopo essersi perduti nei propri errori; perché alcuni insegnamenti teorici non saranno efficaci come invece lo sarà un pratico “sbatterci la testa”.
Anche in questi casi l’occhio del genitore deve essere sempre presente, ma solo per seguirlo e aiutarlo a rialzarsi nel caso in cui proprio non riesca da solo (è importante però lasciare che prima provi a farlo autonomamente, la consapevolezza che “tanto mamma e papà risolvono tutto” è comunque deleteria); e per illuminargli il cammino, ma dovrà essere il ragazzo a decidere se e quando prendere la via illuminata: se alcuni dei percorsi migliori nascono dagli errori, fare di tutto perché questi non accadono, potrebbe voler dire impedire questa nascita. L’importante è aiutarli a rialzarsi e aiutarli ad elaborare l’errore così che diventi una lezione di vita, non uno stile.
Anche la società può fare qualcosa
Detto questo bisogna fare un piccolo appunto, perché vivendo gli adolescenti più fuori casa che in casa anche la società dovrebbe fare qualcosa.
Sicuramente un aiuto può venire dalla scuola, la quale oltre a insegnare le comuni materie scolastiche, dovrebbe insegnare ai giovani anche regole di comportamento, dovrebbe quindi essere provvista di maestri/professori dotati di autorevolezza e valori da trasmettere, che siano guide forti ed esempi da seguire.
La scuola dovrebbe anche organizzare attività didattiche che stimolino gli interessi dei giovani e attività extrascolastiche che accendano passioni. Inoltre la scuola dovrebbe dare le basi per imparare a progettare il proprio futuro, perché è da troppo tempo ormai che gli uomini giovani, ma anche quelli meno giovani, vivono la vita come se non vi fosse un domani: se questo vi sia oppure no non importa, è la progettazione di per sé che rende il presente degno di essere vissuto.
Infine per quanto riguarda la società, spesso manipolata dalle comunicazioni, sarebbe importante ridurre la comunicazione delle trasgressioni come normali. La normalizzazione di taluni atteggiamenti è infatti un incoraggiamento a mettere in atto comportamenti a rischio, è ovvio infatti che nel giovane passa il pensiero “se è normale fare questo, lo faccio anche io”.
Infine sarebbe importantissimo tornare a dividere maggiormente le tappe, e anche per questa ridefinizione dei confini ci si dovrebbe adoperare per cambiare il messaggio massmediatico attuale, il quale sta dando significati inappropriati alle tappe evolutive avvicinandole tutte tra loro.
L’infanzia deve essere differente dalla preadolescenza, quest’ultima deve essere differente dall’adolescenza vera e propria, la quale non deve confondersi con l’età adulta. Ritornare ad avere un’infanzia aiuterà i futuri adolescenti ad avere le basi adeguate per attraversare il loro difficile periodo. Invece i confini labili hanno creato adolescenti che vogliono fare cose da grandi in modo infantile, proprio perché non hanno potuto dare in precedenza sfogo alla loro fanciullezza; allo stesso modo stiamo avendo adulti che pensano come adolescenti proprio perché mancano sempre più spesso le fasi di passaggio. Del resto ormai i riti di passaggio sono proprio questo: fare gli adulti immaturi, come immaturi ormai stanno diventando gli adulti.