E’ questa in buona sostanza la domanda che il CNF ha deciso di rivolgere alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, presentando un rinvio pregiudiziale a titolo di giudice speciale delle impugnazioni sui provvedimenti di diniego di iscrizione da parte dei Consigli dell’Ordine locali.
Il 30 gennaio scorso il CNF ha depositato presso la propria cancelleria per l’invio alla Corte Ue una ordinanza di rinvio pregiudiziale, chiedendo se
l’art. 3 della direttiva Direttiva 98/5/CE-volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica- tenendo conto del principio generale del abuso del diritto e dell’art. 4, paragrafo 2, TUE relativo al rispetto delle identità nazionali, debba essere interpretato nel senso di obbligare le autorità amministrative nazionali (Consigli dell’Ordine) ad iscrivere nell’elenco degli avvocati stabiliti cittadini italiani che abbiano realizzato contegni abusivi del diritto dell’Unione, ed osti ad una prassi nazionale che consenta a tali autorità di respingere le domande di iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti qualora sussistano circostanze oggettive tali da ritenere realizzata la fattispecie dell’abuso del diritto dell’Unione; fermi restando, da un lato, il rispetto del principio di proporzionalità e non discriminazione e, dall’altro, il diritto dell’interessato di agire in giudizio per far valere eventuali violazioni del diritto di stabilimento, e dunque la verifica giurisdizionale dell’attività dell’amministrazione.
Con il secondo quesito, il CNF chiede se sempre l’art. 3 della direttiva Direttiva 98/5/Ce debba ritenersi in contrasto con l’ 4, paragrafo 2, TUE nella misura in cui consente l ‘elusione della disciplina di uno Stato membro che subordina l’accesso alla professione forense al superamento di un esame di Stato laddove la previsione di siffatto esame è disposta dalla Costituzione di detto Stato e fa parte dei principi fondamentali a tutela degli utenti delle attività professionali e della corretta amministrazione della giustizia.
Il CNF sottolinea come la prassi messa in opera da abogados italiani costituirebbe una ipotesi di “abuso del diritto”, vietato dall’articolo 4 del Trattato Ue (norma sovraordinata alla direttiva stabilimento) e nella ordinanza ricorda come sia la stessa giurisprudenza comunitaria a riconoscere alle autorità nazionali competenti (in questo caso i Consigli dell’Ordine) il diritto/dovere di accertare un eventuale abuso del diritto in caso di indici di anomalia.
Nella prassi oggetto dell’ordinanza, l’abuso del diritto comunitario si concretizzerebbe nel superamento della legislazione italiana che richiede come condizione per l’esercizio della professione forense in Italia il superamento di un esame di Stato.
Il CNF ha anche inviato una nota all’Autorità Antitrust per informarla della ordinanza di rinvio pregiudiziale e per segnalarle che proseguono i messaggi pubblicitari ingannevoli diretti a promuovere servizi finalizzati al conseguimento in Spagna del titolo di “avvocato”, già oggetto del provvedimento sanzionatorio adottato dalla medesima Autorità il 23 marzo 2011 su segnalazione del Consiglio nazionale forense.
Ragione di queste iniziative risiede nella convinzione che la prassi contestata rappresenti in sostanza una violazione della concorrenza da parte degli abogados cittadini italiani in danno di quei cittadini italiani che, per diventare avvocato, accedono a un percorso di studio articolato e sostengono un esame di abilitazione.