Già in altre occasioni l’Associazione nazionale avvocati italiani ha sostenuto che uno dei mali dell’avvocatura è il super affollamento degli albi forensi (più di 240 mila avvocati), che bisogna contenere con il numero programmato all’Università e con una forte selezione nell’accesso (formazione ed esami rigorosi).
In questo contesto si inquadra anche il fenomeno delle “fughe” all’estero di decine di praticanti o studenti che ritornano in Italia con già in tasca il titolo di avvocato (abogado), mentre migliaia di loro giovani colleghi fanno, invece, faticosamente, tutta la trafila prevista dalla legge compreso l’esame di stato.Il tutto con il consueto business, all’insegna di scuole e agenzie che pubblicizzano questa “scorciatoia” su tutti i media.
“Ebbene – spiega il presidente Anai, Maurizio De Tilla – noncurante di ciò l’Antitrust ha condannato cinque ordini circondariali (Civitavecchia, Latina, Tempio Pausania, Tivoli e Velleltri) per aver contrastato l’iscrizione di coloro che sono “fuggiti” in Spagna ed hanno ivi conseguito l’iscrizione all’albo degli avvocati senza sostenere alcun esame di abilitazione chiedendo successivamente l’iscrizione ad un albo forense italiano”.
L’ANAI esprime piena adesione al comportamento degli Ordini suindicati che dovranno impugnare il provvedimento adottato dall’Antitrust anche per contrasto con il dettato Costituzionale che impone nel nostro paese l’esame di Stato.
“Di recente – conclude De Tilla – è stato proprio l’Europa a fissare il principio che i singoli Stati sono liberi di adottare regole più stringenti e addirittura di predeterminare il numero degli iscritti con l’albo chiuso all’interno dei propri ordinamenti giuridici. Solo l’Antitrust si ostina a non aggiornarsi con le regole europee.”