A lanciare l’allarme, venerdì 2 dicembre, è stato il ministro all’ambiente Clini:”Il commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik ha dato a Napoli 2 mesi prima di fare scattare le sanzioni. Sarà una multa colossale,che pagheremo tutti, soprattutto coloro che non hanno alcuna colpa, cioè la maggioranza dei cittadini”. Il cartellino da giallo sta per diventare rosso dunque, come le tasche degli italiani.

Eppure, il sindaco di Napoli De Magistris ha dichiarato nei giorni scorsi: ”Sono arrabbiatissimo: dal primo agosto non c’è un sacchetto in strada. I giornalisti vengano a vedere”. Quel che è certo è che un problema lungo almeno quattro lustri non si risolve in pochi mesi: lo scontro fra chi chiede tempo e chi invece dice che è scaduto è destinato a inasprirsi. Se è vero che le strade ora sono pulite (almeno in città), è pur vero che a Napoli si è ben lontani dal raggiungere gli obiettivi richiesti dall’Europa. Fin dal lontano 2007, infatti, la Commissione Europea contesta all’Italia la violazione degli dagli articoli 4 e 5 della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (2006/12/CE)( http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:114:0009:0009:IT:PDF) relativa ai rifiuti, violazione per la quale nel 2010 è arrivata la prima condanna al nostro paese.

Nonostante la Commissione abbia riconosciuto dei leggeri progressi dopo la sentenza del 2010, resta un problema di fondo che non consente di considerare risolta la crisi dei rifiuti in Campania: gli impianti per il trattamento dei rifiuti “sono ancora lontano dall’essere costruiti e i tempi forniti dalle autorità italiane sono spesso troppo vaghi” come hanno più volte sottolineato gli stessi ispettori Ue. L’Italia sconta, del resto, le numerose divergenze, esistenti tra le forze politiche ai diversi livelli amministrativi, su come risolvere l’emergenza: ciò ha creato una situazione di stallo e un ulteriore ritardo nella risoluzione del problema mentre, ciò che conta agli occhi dell’Europa, al di là dei tentativi e delle buone intenzioni, è l’attuazione di misure concrete, efficaci e soprattutto immediate.

Dopo lo stallo riguardo la costruzione degli impianti di smaltimento che ha caratterizzato questi mesi , ora il rischio è quello di bissare la condanna del 2010 e dover pagare i danni di quasi vent’anni di emergenze e fallimenti . In ballo ci sono, oltre alla salatissima multa calcolata in base al Pil nazionale, i 145 milioni di euro di fondi comunitari che servirebbero per completare la gestione del ciclo rifiuti in Campania.

Ma l’Europa non chiede miracoli come ha riconosciuto lo stesso ministro per l’Ambiente Clini: “Nei due mesi concessi da Potočnik, non si costruisce un inceneritore (ove questa fosse la tecnologia risolutiva, e dubito comunque che l’inceneritore sia la risposta, se non è vista dentro la programmazione di un ciclo completo dei rifiuti). In due mesi non si allestisce forse nemmeno una discarica. Potočnik sa tutto questo. E l’Europa infatti non pretende “La soluzione già realizzata bensì ci chiede credibilità. Le polemiche – anche queste di questi giorni – tolgono credibilità e avvicinano la multa”.

La Commissione Europea dunque non impone soluzioni preconfezionate: chiede certezze e la messa in atto di un piano ben definito, con tempi certi che consenta di gestire il ciclo dei rifiuti dalla raccolta allo smaltimento finale e di eliminare finalmente lo scandalo dei 7 milioni di tonnellate di ecoballe in giacenza, come bombe ecologiche, sul territorio campano . Ma questi obiettivi sembrano però ben lontani se Napoli oggi è attorno al 17,3 %(ultimo posto fra le province campane) di raccolta differenziata, a dispetto di quanto annunciato dal sindaco a inizio mandato (“differenziata al 75 per cento”) e se il tetto di differenziata previsto dalla normativa Ue (50 per cento) rimane solo una chimera. Il porta-a- porta è stato avviato ma solo come un piccolo progetto campione in un solo quartiere, Scampia e in ogni caso rischia di naufragare perché non ci sono i soldi per i bidoncini della raccolta. Ma se la raccolta e la differenziazione dei rifiuti deve farla il comune, il resto della gestione rifiuti spetta alla Provincia, incapace in questi anni di individuare i siti per impianti e discariche nonostante i soldi stanziati. Così mentre il Natale si avvicina e con esso la paura di una nuova crisi, l’unico tampone all’emergenza restano i costosissimi viaggi della monnezza verso la Puglia o verso l’Olanda oppure l’ ipotesi di aprire nuove discariche fuori regione. Ma la tolleranza delle altre province, e soprattutto delle aree interne, non durerà a lungo: da troppo tempo sono costrette a ingoiare i rifiuti di Napoli ricevendo in cambio una progressiva marginalizzazione a livello regionale.

Le responsabilità dell’ attuale situazione sono ben distribuite fra le varie istituzioni e anche fra i partiti mentre la paralisi istituzionale va avanti da troppo tempo. C’è un sostanziale stallo: nell’ultimo periodo, nonostante l’assenza di rifiuti in strada, il piano integrato dei rifiuti in Campania è stato bloccato dal parere contrario del sindaco De Magistris alla realizzazione di inceneritori in città (fino a ieri ne era previsto uno a Napoli-est) sia per motivi ideologici sia per l’esigenza di rispondere alle esigenze del suo elettorato e non perdere la fortissima spinta popolare che lo ha portato al potere. E proprio i cittadini campani che da anni aspettano le bonifiche dei loro territori martoriati dai veleni di mezz’ Europa, sono le principali vittime di questo stallo istituzionale: oltre al danno riceveranno la beffa di dover contribuire a pagare un multa salatissima di cui c’è il rischio siano considerati responsabili dal resto del Paese.

Un equilibrio fragile basato sul trasferimento dei rifiuti nelle altre province o addirittura fuori regione non eviterà la scure dell’Ue. Ora però sembrano averlo capito il sindaco De Magistris, il presidente della Provincia di Napoli Cesaro, quello della Regione Caldoro e il ministro Clini: ieri in un vertice in città hanno convenuto che “Sarà data una risposta rapida alle richieste della Commissione europea nel quadro generale del piano regionale. Saranno adottate misure per incentivare in tempi rapidi la raccolta differenziata, integrata con la valorizzazione dei materiali raccolti, per mezzo di un’impiantistica adeguata, in particolare con il trattamento del compostaggio in ambito locale”.

Per quel che riguarda l’inceneritore della discordia secondo il sindaco De Magistris:”Abbiamo ottenuto una grande vittoria. Mi sono battuto strenuamente per evitare che si realizzasse l’impianto a Napoli est, perché sono ideologicamente contrario agli inceneritori e sempre lo sarò. Una battaglia vinta, come confermato dal vertice di ieri col ministro Clini. Siamo riusciti inoltre ad evitare che venissero pianificate altre discariche a Napoli, in zone che hanno già pagato un prezzo altissimo.” L’inceneritore in realtà si farà a Giugliano, questa è almeno l’ultima decisione uscita dal vertice partenopeo di ieri; decisione che ha già registrato le proteste del sindaco della cittadina in questione. Durante l’incontro inoltre “si è concordato sull’esigenza di affrontare con urgenza il destino delle 6 milioni di tonnellate di ecoballe, utilizzando, come chiesto dall’Unione europea, le migliori tecniche di valorizzazione energetica, integrate con l’utilizzazione del rifiuto urbano trattato negli impianti Stir ubicati nella provincia di Napoli”. Una passeggiata lungo le strade di Napoli ha convinto il ministro Clini che “Non c’è alcun segno di emergenza rifiuti. Il problema che ha provocato questa riunione non è l’emergenza rifiuti di Napoli ma è stata la posizione della Commissione europea che come sapete ha messo l’Italia in una situazione difficile per quanto riguarda la procedura d’infrazione e la sanzione – sottolinea Clini – e io ho chiesto al sindaco di Napoli, al presidente della Provincia e della Regione di individuare insieme il percorso per affrontare il tema della procedura d’infrazione europea per dare una risposta concordata e soprattutto per avviare insieme un meccanismo che consenta di affrontare il tema dei rifiuti di Napoli in modo razionale, sereno e produttivo”.

Ancora una carrellata di buoni propositi dunque che stavolta si spera siano seguiti da fatti, immediati e concreti. L’alternativa questa volta non c’è, almeno di non voler soccombere definitivamente all’emergenza condannando l’Italia a un’ulteriore, incredibile, vessazione e la Campania al ruolo di pattumiera a cielo aperto nel bel mezzo dell’Europa. Le paralisi decisionali dovute ai veti incrociati che fin ora hanno fermato il piano per portare Napoli fuori dalla crisi non sono più tollerabili e dimostrano ancora una volta l’inadeguatezza del nostro sistema istituzionale a rispondere alle sfide del nostro tempo. L’Europa infatti non aspetterà oltre perché il tempo è scaduto.

Un Europa che ogni giorno è sempre più presente nella vita degli stati membri, e in particolare dell’Italia che si trova davanti a una sfida cruciale: diventare un paese finalmente moderno, anche a costo di sacrifici, oppure perdere definitivamente il suo posto fra i paesi che contano. La sfida dell’Italia passa in modo determinante anche per il definitivo superamento della perenne emergenza rifiuti in Campania, emergenza non degna di un paese civile. Le condanne e le sanzioni dell’Ue non finiranno fino a quando non ci sarà una piena consapevolezza che ci stiamo trasferendo tutti in una casa più grande che ha delle regole, per certi versi, più stringenti ,ma che, nel caso campano sono a tutela della salute dei cittadini : L’Europa appunto. E’ ormai chiaro che gli stati-nazione che abbiamo conosciuto fino ad ora sono la casa vecchia che stiamo lasciando in favore della nuova. La domanda che rimane è : che tipo di democrazia riusciremo a portare con noi nella nuova casa comune europea.

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