Si chiama “dédiabolisation” il processo di restauro in corso in seno al Front National. Con consulenti formati all’Ena e non rozzi come erano nel vecchio partito guidato da Jean Marie, la figlia Marine effettua il tradizionale shopping a sinistra di personaggi “moderati” e presentabili (una pratica già ampiamente effettuata da Sarkozy) che vanno fino all’ex militante della Lega comunista Robert Ménard fondatore di Reporter sans Frontières.

Una sorta di epurazione dagli aspetti più radicali e mediaticamente respingenti del partito.
Di fatto, Marine Le Pen in corsa per le presidenziali francesi del maggio prossimo resta nel peggiore conservatorismo. Si delinea ancora meglio il “muro contro muro” caratterizzato dalla parola “identità” terribilmente centrale nel dibattito politico europeo. Ma anche in quello del mondo arabo. Creando così solidi presupposti per una vicendevole e non sempre affettuosa esclusione.
Come già ha constato il filosofo Bernard Stiegler, non è certo l’immigrato ma le politiche ultraliberiste che si servono dell’industria culturale e dell’ omologazione delle masse a essere i responsabili della cancellazione culturale e identitaria. Le conseguenze naturali del laissez faire, non solo economico, hanno dato vita a un grottesco autoritarismo che inevitabilmente disgusta i giovani.
Per cui se da un lato si cancellano le basi della convivenza civile, dall’altra si afferma puerilmente e pericolosamente la parola “identità” che vuol dire tutto e il suo contrario. Soprattutto non vuol dire niente quando implica moralismo e ipocrisia, un corredo di repressioni, l’esclusione del prossimo.
In questo senso è interessante il risultato della ricerca effettuata dal politologo Gille Kepel, commissionata dall’Institut Montaigne, think tank indipendente che anima il dibattito politico francese sui temi dell’integrazione e delle pari opportunità. Kepel e il suo staff hanno frequentato la periferia di Parigi (Seine-Saint-Denis) per un anno, intervistando i residenti, sulla sicurezza, il rinnovo urbano, l’occupazione, l’educazione, la politica e la religione.
Lo scopo della ricerca era valutare glie effetti delle politiche d’integrazione delle amministrazioni locali e degli enti pubblici dopo le violente rivolte del 2005.
I risultati denunciano un evidente fallimento: i seicento milioni di euro investiti non sono riusciti a riavvicinare le banlieu al centro cittadino.
Lo Stato – scrive Kepel – “ha badato troppo al cemento e troppo poco all’umano”. Inoltre “ l’Islam non si è opposto ai valori della Repubblica, ma ha semplicemente riempito il vuoto educativo lasciato da quest’ultima, esacerbando l’esclusione della banlieu dalle dinamiche sociali ed economiche del resto della città”. Per Gilles Kepel, la situazione della periferia parigina è da ritenere emblematica, in quanto denuncia le urgenze più attuali della società francese.
“L’integrazione della banlieu, e più in generale della componente islamica della popolazione, deve essere ripensata a partire da importanti investimenti nell’istruzione e nell’educazione primaria, nella promozione dei valori democratici e nella lotta alla disoccupazione”.
Esattamente nella direzione opposta di Marine che ritiene di dover tagliare tutte le allocations familiales (aiuti di stato) agli immigrati, e quindi la possibilità per una madre immigrata di dare un’educazione ai propri figli. Simili politiche assistenzialiste sono ritenute dal Front National una delle cause dell’indebitamento e della crisi in Francia. Un dato peraltro sempre smentito ovunque.
Marine prevede anche un salario diverso per gli stranieri a eguale volume di lavoro svolto (niente di più anti costituzionale); di stabilire una soglia massima dei flussi migratori a 10 000 persone l’anno (altra cosa impossibile da rispettare soprattutto in questo momento); di favorire l’immigrazione qualificata: solo chi sa fare cose utili per la Francia. Pertanto esattamente come per suo padre, i figli della Francia non sono tutti francesi, e la nazione riposa su principi di consanguineità. Sul fondo si delinea sempre l’idea di superiorità della razza.
A questa deriva inquietante, non poteva mancare un programma per la natalità che prevede l’ interruzione volontaria di gravidanza non rimborsabile, giacché, precisamente come sta avvenendo qui da noi con la progressiva abolizione e depotenziamento delle attività dei consultori, secondo Le Pen la “pianificazione familiare”, è un invito a interrompere la gravidanza con troppa facilità.
Altra illuminante politica sposata ampiamente dalla Lega che prevede che solo donne ricche potrebbero permettersi l’aborto.
Qualche anno fa la (discussa) rappeuse francese Diam’s aveva dedicato alla figlia di Jean Marie una canzone   assai poco gentile, piena di rabbia, ma spesso condivisibile, dal titolo “Marine”: “guarda, siamo poveri veniamo dai quattro angoli del mondo, ma siamo troppi per te. Il mio odio è immenso quando penso a tuo padre. Lui esalta la guerra mentre noi vogliamo la pace. Tu sei più grande di me, eppure non ti rispetto. Tu potevi interrompere la catena, prendere la parola e restituirci i sogni, Marine, ma fai le stesse stronzate che fa tuo padre, e pensi che il bianco non si mischia al prossimo. Marine, noi non saremo mai amiche perché io sono meticcia e esco con Alì. Più ti detesto e meglio sto, più protesto e meno pago il conto. Guarda perché sei così pallida? Vieni da noi è colorato è gioviale”.
Alla canzone di successo,Marine aveva risposto in una trasmissione televisiva :
“Sbaglia a dire che non possiamo essere amiche. Che c’entra il colore della pelle? Il marito di mia figlia è della Martinica, ed è anche più scuro. Ho scritto a Diam’s ma lei non mi risponde”. Difficilmente si può credere che le voglia parlare.
Di recente è uscito un libro tutto su di lei dal titolo “Marine Le Pen” (edizioni, Grasset 2011) un dettagliato reportage di Caroline Fourest e Fiammetta Venner, in cui emerge il legame di Marine con la destra profonda dalla quale la futura candidata cerca disperatamente di smarcarsi affastellando operazioni di facciata.
E proprio con Fourest e Laurent Joffrin direttore del Nouvel Observateur, Marine si è lasciata intervistare per la nota trasmissione “ Des paroles des actes”
Stesse sconcertanti modalità comunicative della classe politica mediatizzata, si può dire planetaria, non rispondeva alle domande, accusava l’interlocutore, lanciava slogan.
La sola differenza con una trasmissione italiana è stata che i due giornalisti non hanno mollato la preda neppure un secondo, né è seguito uno scandalo, una minaccia, o una telefonata in diretta di Jean Marie. Secondo Joffrin : “ il Fn non è un partito fascista, un’organizzazione mussoliniana. Fa un gioco elettorale, rispetta le leggi e si guarda bene dall’usare violenza. Compie lodevoli sforzi per indossare un mantello di rispettabilità, si avvale del volto anche avvenente di Marine Le Pen per lasciar passare delle tesi da cui le scorie antisemite   e le provocazioni xenophobe sono state cancellate. »
Ma è l’Islam e l’invasione dei musulmani la vera ossessione: “ per lottare contro l’islamizzazione del nostro paese, c’è o la laicità o la crociata”. “ La laicità, è il solo modo per impedire che il maiale sia vietato nelle mense”.
Un orrore panico che corrisponde alla croce nelle classi difese dalla Lega e ai “ canti di Natale” di Santanché che invece ha scelto la modalità “crociata”-
C’è un’islamizzazione di Stato secondo Le Pen, mentre “liberté égalité et fraternité sono valori cristiani che sono stati dati dalla Rivoluzione francese. Difenderli e anche darsi la possibilità di ricristianizzarsi”. Intendendo implicitamente che per i musulmani questi valori non esistono.
Perciò nel momento in cui parla di laicità (“ ha lanciato un’Opa sulla laicità ha detto la giornalista Fourest) rispolvera il cristianesimo, mostrando quanto le sue idee sulla laicità sono in realtà dirette unicamente contro l’Islam. Del resto divieti religiosi e luoghi pubblici che li rispettino, in Francia, esistono già, come gli orari di ingresso nelle piscine per gli ebrei ortodossi.
«Tutto questo forma un tutto coerente : una politica nazionalista, intollerante verso gli stranieri, ostile a ogniu progetto europeo , spesso contraria alla costituzione che calpesta allegramente i principi repubblicani che sono i nostri » conclude Laurent Jouffrin nel suo articolo dopo la guerra in tv.
E Diam’s nel suo rap diceva: «  Marine, ho paura che prima poi ci riesci.. »

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