Cento originali e preziosissimi documenti, gelosamente custoditi sino ad oggi nell’Archivio pontificio, saranno esposti per la prima volta nelle sale dei Musei Capitolini. L’esposizione è stata organizzata in occasione del IV Centenario della fondazione dell’Archivio Segreto Vaticano – in collaborazione con Roma Capitale, assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico, Sovrintendenza ai Beni Culturali e Zètema Progetto Cultura – con l’intento di spiegare, o meglio raccontare, che cosa è e come funziona l’Archivio dei Papi.
Così la narrazione storica procede di pari passo con l’esposizione dei documenti originali, custoditi nei circa 85 km lineari di scaffali dell’Archivio pontificio. Il titolo “Lux in Arcana” illustra l’intento della mostra: voler rendere visibile l’invisibile. La luce entra negli anfratti più oscuri dell’Archivio per illuminare i documenti conservati e svelare la storia da essi riportata. Il prefetto Sergio Pagano ha spiegato che la mostra intende far luce sulla realtà dell’istituzione, sulla sua natura, i suoi contenuti, la sua attività, finora noti solo agli esperti dal momento che l’Archivio, aperto dal 1881 solo a studiosi altamente qualificati, costituisce per la maggior parte delle persone un “arcano”, una realtà misteriosa e affascinante in quanto sconosciuta. Per la prima volta, ha aggiunto il prefetto, il pubblico avrà la possibilità di immergersi nella realtà dell’Archivio.
Codici, pergamene, filze…
I documenti, scelti tra codici, pergamene, filze, registri e manoscritti, veri e propri tesori di grandissima valenza storica, coprono un arco cronologico che va dall’VIII secolo d.C. al XX secolo. Sarà possibile ammirare il Dictatus Papae di Gregorio VII, la bolla di deposizione di Federico II, gli atti del processo di Galileo Galilei, la lettera dei membri del Parlamento inglese a Clemente VII sulla causa matrimoniale di Enrico VIII, la lettera su seta dell’imperatrice Elena di Cina, la lettera su corteccia di betulla degli indiani d’America a Leone XIII. Per concessione del prefetto Pagano, saranno esposti alcuni documenti del “periodo chiuso” relativi alla seconda guerra mondiale e quindi al pontificato di Pio XII.
L’unicità dell’evento è stata espressa dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, per il quale si tratta di un progetto di altissimo livello la cui ricchezza è accresciuta dal fatto di aver scelto quale prestigiosa sede della mostra il colle Campidoglio, simbolo di Roma, proprio a sottolineare il profondo legame tra la città ed il papato.
I documenti potranno essere ammirati da febbraio a settembre 2012. Una coinvolgente narrazione storica, supportata da moderni allestimenti multimediali, accompagnerà il visitatore facendogli “rivivere” i documenti: assaporandone il racconto di retroscena e di personaggi coinvolti, sarà come assistere ad alcuni famosi eventi del nostro passato.
L’Archivio Segreto Vaticano costituisce un patrimonio culturale dell’umanità che ha come epicentro la città di Roma. La storia in esso custodita si intreccia indissolubilmente con la storia dell’Italia e del mondo intero.
Per meglio capire le finalità della mostra, è necessario esporre brevemente le motivazioni che hanno portato all’istituzione dell’Archivio Segreto Vaticano, accennando al suo funzionamento e a come è strutturato al suo interno.
Un’istituzione “segreta”.
Il fascino esercitato dall’Archivio Segreto Vaticano è legato alla sua lunga storia che si intreccia con l’origine, l’attività e lo sviluppo della Chiesa stessa. Fin
dai tempi apostolici, i pontefici solevano conservare le scritture inerenti l’esercizio della loro attività nello scrinium Sanctae Romanae Ecclesiae, che di regola seguiva i papi nelle loro residenze. Nell’XI secolo, con il ruolo centrale assunto dal Romano Pontefice e con il conseguente moltiplicarsi degli uffici di curia, aumentò il numero degli archivi tanto che nel XV secolo si ritenne opportuno trasferire i documenti di maggior valore in Castel S. Angelo. La creazione di un archivio centrale della Chiesa fu opera di Paolo V Borghese che, tra il 1610 e il 1612, ordinò di trasferire nelle tre sale adiacenti alla Biblioteca Segreta (le cosiddette Sale Paoline) i registri di bolle e brevi, i libri della Camera e le raccolte di documenti fino al pontificato di Pio V compreso (156-1572), nominandone primo custode Baldassarre Ansidei. A questo nuovo archivio fu attribuito il nome di Archivio Segreto Vaticano Apostolico.
È da sempre l’archivio centrale della Chiesa in cui sono custoditi tutti gli atti e i documenti relativi al governo della Chiesa, indipendentemente dai confini geografici del suo dominio temporale, e cioè non esclusivi dell’Orbis christianus. Vedasi, ad esempio, i documenti scritti in mongolo risalenti alla seconda metà del XIII secolo, i più antichi conservati.
L’attributo “Segreto”, lontano dall’indicare la conservazione di documenti il cui contenuto andava tenuto sotto silenzio, credenza ancora oggi molto diffusa, è usato nell’accezione di “personale”, privato del pontefice. Nel XV secolo il termine era usato infatti per indicare tutte le persone e le istituzioni vicine al pontefice: non a caso la persona di fiducia del papa era detta “secretarius”. Ancora oggi la giurisdizione dell’Archivio è prerogativa del papa, il quale nomina un prefetto che ne detiene la custodia ed il governo ordinario. Il prefetto a sua volta risponde del suo operato al cardinale archivista.
Da Avignone a Roma.
Nel corso del XVII secolo l’Archivio conobbe notevoli accrescimenti dal punto di vista documentario. Fu nella prima metà del secolo successivo che il materiale conservato ricevette un primo ordinamento da parte di Giuseppe Garampi, autore del famoso Schedario che da lui prende nome. Nel 1783 fu trasportata in Vaticano la documentazione ancora rimasta ad Avignone (i Registra Avenionensia); successivamente, nel 1798, vi fu trasferito l’Archivio di Castel S. Angelo, contenente 81 documenti pergamenacei muniti di sigilli preziosi tra i quali va annoverato il diploma del 1164 cui è apposto il sigillo di Federico Barbarossa.
L’Archivio Segreto Vaticano nel corso del XIX secolo subì ingenti perdite, la prima nel 1810 quando, per ordine di Napoleone, gli archivi della Santa Sede vennero trasferiti a Parigi, da dove fecero ritorno nel 1815-1817. La seconda perdita si verificò nel 1870, dopo la presa di Roma, quando i complessi documentari pontifici custoditi all’esterno delle mura vaticane furono incamerati nel neo Stato italiano andando a costituire il nucleo centrale dell’Archivio di Stato di Roma. Momento decisivo fu il 1881, anno in cui Leone XIII aprì l’Archivio alla consultazione degli studiosi, consacrandolo quale importante ed insostituibile centro di ricerche storiche. Nel 1884 lo stesso Papa istituiva, presso l’Archivio, una “ Scuola speciale di Paleografia e Critica applicata”.
Nel XX secolo l’Archivio ha continuato ad arricchirsi grazie al versamento di nuovi complessi documentari, quali ad esempio gli archivi di privati legati alla storia della Santa Sede e quelli delle Congregazioni.
Ottantaquattro chilometri lineari di scaffali.
Oggi la documentazione custodita nell’Archivio Segreto Vaticano è conservata in 84 chilometri lineari di scaffalatura, raccolta in più di 630 fondi archivistici (per fondo si intende un complesso documentario unitario), e copre un arco cronologico di oltre 1200 anni. Il documento più antico conservato è il Liber Diurnus Romanorum Pontificium, un libro di formule della cancelleria pontificia datato tra la fine dell’VIII secolo e gli inizi del IX.
Sebbene siano presenti sporadici documenti dei secoli X e XI, l’arco cronologico maggiormente rappresentativo va dal 1198 al XX secolo. Vi sono conservati gli archivi storici degli Uffici della Curia Romana, delle Rappresentanze diplomatiche pontificie, gli archivi dei Concili (Ecumenici e parte di quello
di Trento) e dei Sinodi, gli archivi di alcune famiglie o singole persone legate alla storia della Santa Sede, gli archivi delle Congregazioni e del tribunale della Rota Romana.
Un centro di raccolta e catalogazione.
Questa massa documentaria è in continuo aumento, dal momento che l’Archivio riceve periodicamente versamenti di materiale documentario. Tutti gli organismi della Santa Sede, infatti, vi effettuano il versamento dei propri documenti, relativi agli affari conclusi da oltre 35 anni. Il versamento di documenti più recenti po’ essere effettuato solo in presenza di situazioni di pericolo o danneggiamento. I documenti del Pontefice, dei cardinali e dei prelati superiori sono invece versati immediatamente dopo il loro decesso. Stesso discorso per gli archivi degli Organismi soppressi.
Il versamento deve essere proceduto dalle operazioni di scarto, durante le quali viene scelto il materiale da conservare. E’ importante che ogni versamento sia corredato dal relativo elenco.
Il Papa e l’accesso all’Archivio.
E’ prerogativa del Pontefice dichiarare consultabili gli archivi storici della Santa Sede. Secondo una prassi in uso dal 1924, il Papa concede l’accesso alla documentazione “per pontificato”. Attualmente, per ordine di Benedetto XVI, è possibile consultare i fondi fino a tutto il pontificato di Pio XI, conclusosi nel febbraio 1939. Il periodo successivo, relativo a Pio XII, è definito “periodo chiuso” in quanto non ancora consultabile.
I documenti di natura pubblica del Pontefice e degli Organismi della Santa Sede sono consultabili senza limiti di età. I documenti ritenuti riservati e segreti (ad esempio atti dei Conclavi, processi vescovili, cause matrimoniali e molto altro) sono invece esclusi dalla consultazione, anche nel caso in cui si apra il periodo chiuso. Solo in rari casi e per validi motivi, la Segretaria di Stato può concederne la consultazione. I documenti relativi a questioni private sono consultabili 100 anni dopo la loro data.
Per quei documenti il cui cattivo stato di conservazione ne impedisce la consultazione diretta, è possibile visionarne la copia in formato digitale.
L’attività dell’Archivio Segreto Vaticano si sviluppa in due direzioni principali: la tutela del patrimonio documentario, al fine di garantirne la sopravvivenza nel tempo, e la sua valorizzazione in quanto memoria storica dell’attività millenari della Chiesa, predisponendo a tal fine strumenti di ricerca che rendano la documentazione fruibile agli studiosi.
La Torre dei venti e due piani di bunker.
I locali e i depositi dell’Archivio Segreto Vaticano si sono ampliati notevolmente nel corso del tempo. Oggi esso occupa una vasta area del Palazzo Apostolico, sviluppandosi lungo l’ala nord-ovest del Cortile del Belvedere e lungo il Braccio di Pio IV, che si affaccia sui Giardini Vaticani e sul Cortile della Biblioteca. Il primo nucleo documentario dell’archivio istituito da Paolo V era conservato nel cosiddetto Piano Nobile, sito al primo piano del Braccio di Pio IV: è costituito da tre stanze contigue munite di armadi in legno, intarsiati con i simboli araldici dei Borghese. Successivamente Alessandro Chigi ritenne necessario destinare all’archivio le Sale Chigiane, situate immediatamente sopra al Piano Nobile.
La Torre dei venti è in assoluto uno degli edifici più celebri del Vaticano. Fu costruita da Ottaviano Mascherino tra il 1578 il 1580 e affrescata con episodi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento; fu sede dell’osservatorio astronomico pontificio utilizzato negli studi per la riforma del Calendario promossa da Gregorio XIII. Al suo interno si trova la Sala della Meridiana, la sala più suggestiva dell’Archivio, destinata alle osservazioni astronomiche; contiene infatti una meridiana in marmo incastonata nel pavimento e un anemoscopio fissato sulla volta.
Nel 1891 la Torre dei venti divenne la sede della Specola Vaticana, fondata da Leone XIII. Nel 1982 Giovanni Paolo II ha inaugurato un deposito sotterraneo, denominato bunker, in cemento armato su due piani situato in corrispondenza del Cortile della Pigna dei Musei Vaticani. Raggiunge una capienza di 31.000 metri cubi e 43 chilometri lineari di scaffalature, fisse e roteanti, per consentire una più efficiente e razionale utilizzazione dello spazio. Al suo interno sono state allestite due stanze climatizzate, a temperatura e umidità costante, deputate alla conservazione dei documenti pergamenacei e in particolare delle 81 pergamene con sigillo d’oro provenienti da Castel S.Angelo, il più prezioso nucleo documentario conservato in Archivio.
Esistono altri due depositi: quello denominato “Scaffali in ferro”, esteso su de piani nei locali siti sul lato occidentale del Cortile del Belvedere, e i cosiddetti “Soffittoni” siti sopra la Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani. L’Archivio accoglie ogni anno circa 1500 studiosi, mettendo loro a disposizione 4 sale studio, ognuna provvista di postazioni con prese d’alimentazione per personal computer: una sala per la consultazione dei documenti originali, due sale per la consultazione degli stampati e la visualizzazione delle riproduzioni digitali, una sala per la consultazione di inventari e altri strumenti di ricerca.
E’ presente anche una biblioteca interna. L’Archivio dispone di un laboratorio di conservazione, restauro e legatoria, un laboratorio per il restauro e lo studio di sigilli, un laboratorio fotografico e di riproduzione digitale, un centro elaborazione dati e un laboratorio informatico, un servizio amministrativo. Tra le molte pubblicazioni curate dall’Archivio Segreto Vaticano, merita di essere menzionato il volume “L’Archivio Segreto Vaticano”, edito ne 2009 da VdH books. Un libro, arricchito da emozionanti illustrazioni d’atmosfera, alla cui stesura hanno preso parte gli specialisti dell’Archivio, ai quali va il merito di aver selezionato ed egregiamente illustrato più di 100 documenti.
Ricerche, istruzioni per l’uso.
L’accesso all’Archivio Segreto Vaticano è gratuito ed è concesso a studiosi qualificati, in possesso del titolo di Laurea Specialistica o titolo equivalente, che debbano compiere indagini di carattere scientifico. E’ prerogativa del prefetto accordare o meno agli studiosi tale permesso. Nessuno studioso, salvo rare eccezioni, ha il permesso di accedere al bunker o agli altri depositi. Di regola, i documenti, richiesti compilando l’apposito modulo, sono portati in sala dal personale addetto.
Agli studiosi è concesso di accedere esclusivamente alle sale studio. I depositi di documenti sono accessibili solo al personale e a tirocinanti della Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica.
Una scuola di paleografia.
La Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica fu istituita da Leone XIII, nel 1884, al fine di promuovere gli studi di storia riguardanti il pontificato e la Chiesa e preparare il giovane clero. Oggi la scuola organizza tre corsi: il corso annuale di Paleografia Greca, il corso annuale di Archivistica ed il corso biennale di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. Ha sempre mantenuto un carattere selettivo di istituto di studi specifici, mirando alla specializzazione di una ristretta classe di studenti severamente selezionati. Situata accanto all’Archivio Segreto Vaticano, nel Cortile del Belvedere, la Scuola dispone di un’aula multimediale con 36 postazioni munite di monitor collegati con il computer della cattedra. Agli studenti più meritevoli, dopo il conseguimento del diploma, viene data la possibilità di svolgere un tirocinio formativo in Archivio, della durata massima di un anno. Durante questo periodo hanno il permesso di accedere liberamente nel bunker e di usufruire di tutti gli strumenti di ricerca disponibili.
I documenti esposti: Dictatus papae.
E’ il registro originale di Gregorio VII (1073-1085). Il documento si apre con la narrazione dell’elezione a pontefice di Ildebrando di Soana con il nome di Gregorio VII (22 aprile 1073) e si conclude con la registrazione della lettera spedita al re Guglielmo d’Inghilterra alla fine del 1083. Nel registro, diviso in libri corrispondenti agli anni del pontificato, è copiata, in ordine cronologico, la corrispondenza ritenuta più interessante da Curia e da Cancelleria pontificia. Oltre a testi papali e atti di diversa natura, il registro è famoso per contenere le 27 proposizioni con le quali il pontefice asserì la supremazia del papato sull’impero e il conseguente diritto del pontefice di deporre l’imperatore. Il termine “dictatus” sta ad indicare che le proposizioni furono dettate a voce dal Papa. Il documento rappresenta il primo passo compiuto dalla Chiesa per affrancarsi dalla tutela imperiale e conquistare alcune prerogative che Gregorio riteneva dovessero spettare alla Chiesa, quale ad esempio la nomina delle alte gerarchie ecclesiastiche. Egli stesso fu l’ultimo Papa a ricevere la conferma della sua elezione da parte di un imperatore germanico.
La bolla di deposizione di Federico II.
Federico II fu una personalità storica complessa e forte, dotata di coraggio e ingegno. Aveva un progetto ambizioso: costruire una monarchia assoluta che fosse autonoma dal controllo pontificio, di cui al tempo stesso non delegittimava autorità e istituzione. Nel suo lungo regno furono continui i motivi di contrasto con la Chiesa, tanto che Gregorio IX lo scomunicò per ben tre volte anche a causa del suo scarso impegno nella crociata in Terra Santa. Scomunica rinnovata il 13 aprile 1245 da Innocenzo IV il quale, dopo alterne vicende e continui contrasti con Federico, indisse il Concilio di Lione e con la bolla Ad Apostolicae dignitatis lo depose formalmente della dignità imperiale. Federico, essendosi posto al di fuori del disegno divino, che poneva il papa ai vertici della Chiesa e della società umana, fu accusato di essere eretico. Questo evento ridefinì i rapporti tra papa e imperatore: l’impero era di nuovo posto alle dipendenze del papa in persona.
Gli atti del processo di Galileo Galilei.
Il Codice del processo di Galileo è, ad oggi, ciò che rimane del processo inquisitorio tenuto dal 1616 al 1633 ai danni di Galileo Galilei. Rimase per secoli
custodito nell’Archivio della Congregazione del Santo Offizio per poi passare a Parigi, a seguito dell’esproprio disposto nel 1810 da Napoleone; passò quindi nelle mani del duca di Blacas e nel 1843 fu inviato dalla vedova di questi all’Archivio Segreto Vaticano. Si tratta dell’incartamento processuale relativo allo scienziato: un insieme di scritture raccolte dalla Congregazione dell’Indice e da quella del Santo Offizio durante il processo, presieduto da papa Urbano VIII, al fine di discutere circa la proibizione dei suoi libri e dell’insegnamento della sua dottrina. Ci sono gli interrogatori originali di Galileo tenuti di fronte l’Inquisizione, le deposizioni da lui sottoscritte; è presente una lettera che lo scienziato, all’indomani della condanna delle sue tesi, scrisse al cardinale Francesco Barberini suo protettore dalla sua villa di Arretri, luogo scelto per scontare la sua prigionia. Galileo fu condannato per aver «tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo». A seguito della condanna, il 22 giugno 1633, fu costretto a pronunciare la sua abiura, «Maledico e detesto li sudetti errori», nel convento dei Domenicani di S. Maria sopra Minerva di Roma.
La “grande questione” di Enrico VIII in una lettera dei Lords d’Inghilterra a Clemente VII.
Il documento fu rinvenuto nel 1926 da monsignore Mercati, prefetto dell’Archivio, riposto in una sedia a scomparto sita in una stanza del secondo piano.
E’ considerato il documento più impressionante emesso dall’Inghilterra dei Tudor. Una pergamena larga quasi un metro, sottoscritta da 83 membri del parlamento e munita di 81 sigilli di cera pendenti. Si tratta della lettera che una cospicua parte del Parlamento inglese inviò nel luglio del 1530 a papa Clemente VII, lamentando il ritardo del pontefice nell’emettere la sentenza di annullamento del matrimonio di Enrico VIII e Caterina d’Aragona. Con toni ardenti, ansiose aspettative e funesti presagi fecero capire che, di fronte ad un diniego del papa, sarebbero ricorsi anche ad estremi rimedi per il bene del Regno. Enrico era stato spinto a chiedere l’annullamento del suo matrimonio sia per il fatto che Caterina non fosse riuscita a dargli un erede maschio sia per l’irrompere della sua ardente passione per Anna Bolena, una dama di corte. Il papa procedeva con prudenza, essendo consapevole che la sua decisione avrebbe potuto compromettere la recente riappacificazione con Carlo V, nipote di Caterina, e sancire l’illegittimità di Maria, figlia di Caterina e Enrico. Il re allora, evitando qualsiasi rottura con Roma, preferì esercitare pressioni indirete sul papa: convocò alcuni suoi sostenitori e gli ordinò di scrivere la qui presente lettera di sollecito.
Un esemplare originale del documento, pressoché identico, è conservato a Londra, nel National Archives.
Lettera su seta dell’imperatrice Elena di Cina.
Ne XVII secolo l’impero cinese fu sconvolto da una profonda crisi economica e politica che, aggravata dall’invasione dei mancesi, portò alla fine della dinastia Ming, sul trono dal 1368. Nel 1644 Drogon, figlio del khan Nurhaci, signore della Manciuria, conquistò Pechino e vi mise sul trono il nipote, dando inizio alla dinasia dei Qing. I Ming intanto avevano riorganizzato la propria corte a Nanchino. L’ulteriore avanzata dei mancesi spinse Yongli, ultimo imperatore Ming, a spostare la propria corte a Guangzhu. Fu qui che l’imperatrice vedova Wang si convertì al cristianesimo, intravedendovi una sorta di epocale intervento divino, provvidenziale per le sorti della Cina e della dinastia. Sotto la sua influenza presto si convertirono anche Yongli e altri esponenti della corte. La sovrana scelse di essere battezzata con il nome di Elena, per Yongli scelse quello di Costantino. Aderendo al cristianesimo la dinastia Ming sperava di poter contare sull’appoggio dei regni cattolici europei nella lotta contro i mancesi. Con queste aspettative Elena scrisse il 4 novembre 1650 la presenta lettera a Innocenzo X, comunicandogli la sua conversione e quella del figlio adottivo. La lettera arrivò solo alla fine del 1655 e fu ricevuta da Alessandro VII, che nel frattempo era succedo ad Innocenzo X. Giunse arrotolata all’interno di un tubo di bambù, decorato in inchiostro nero con la figura di un dragone, simbolo dell’Impero; sull’altra parte sta il nome del destinatario. La lettera, redatta su seta e ornata di pizzo ai bordi, è decorata ai lati con il motivo del dragone e reca il chop, il sigillo tradizionale cinese, dell’Impero.
Lettera su betulla degli indiani d’america a Leone XIII.
Questa lettera è prova del tentativo dell’evangelizzazione di giungere “a tutti i popoli della terra” nel rispetto dell’identità delle diverse culture.
La prima evangelizzazione dell’America settentrionale, alla fine del XVI secolo, causò molte vittime tra i padri gesuiti. Nei secoli seguenti i padri cercarono di favorire la conversione dei nativi senza stravolgerne l’identità. Nel 1882 venne eretto il Vicariato del Pontiac.
La lettera fu scritta il 21maggio 1887 dalla comunità cristiana degli indiani Ojibwe dei Grassy Lakes (Ontario) e affidata a monsignore Lorrain, vicario del Pontiac, affinché la portasse a papa Leone XIII. E’ vergata su legno di betulla, nella lingua propria del popolo indiano.
Il capo tribù si rivolge al papa usando espressioni tipiche della propria cultura, “il Grande Maestro della Preghiera, colui che fa le veci di Gesù”, e ringraziandolo di aver mandato loro un “Guardiano della Preghiera”, ossia il vescovo.
I documenti del “periodo chiuso”.
Saranno esposti alcuni documenti del «periodo chiuso» relativi alla Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di materiale di grandissima valenza storica e forte impatto emotivo, proveniente dalla Pontificia Commissione Soccorsi. Il riserbo che si vuole mantenere intorno a questi documenti è tale che non ne è stato ancora fornito l’elenco.
Il pontificato di Pio XII è sicuramente uno dei periodi più discussi e affascinanti della storia. La sua non consultabilità suscita grandi polemiche da parte dei molti studiosi interessati a ricostruirne il ruolo storico negli anni della guerra e nella dolorosa questione ebraica.
L’esposizione prevede anche fotografie e diari sulla guerra, commoventi testimonianze di uno dei periodi più dolorosi del nostro passato, ma nulla in grado di far luce sull’operato del Papa proprio perché il suo pontificato rimane ad oggi, e forse ancora per pochi anni, un “periodo chiuso”.